Il termine Shojo è abbastanza frequente per gli appassionati di anime e manga e se siete dei novizi dovete assolutamente sapere cosa significhi. Oggi vi spiego in maniera concisa di cosa si tratti e come mai questa parola sia stata molto importante nella storia dei generi degli anime e dei manga.
La definizione di Shojo
Per Shojo si fa riferimento al termine
ragazza in giapponese (少女) e indica opere prevalentemente indirizzate a un target femminile sotto la maggiore età. Come avranno notato alcuni
si tratta di una demografica e non tanto di un vero genere, proprio come avviene con i
Seinen e gli
Shonen. (
Segnalo da subito che riporterò tutti questi termini senza l’apposito accento sulla vocale di turno dato che è di uso comune non usarlo nella nostra lingua.)
Di solito le tematiche trattate sono sentimentali o emotive, ma non è una regola aurea, quindi non costituisce una ragione per definire automaticamente un’opera come Shojo. In Italia
si pensa spesso che ogni serie sentimentale debba essere per forza Shojo, cosa non vera e fuorviante.
Tuttavia, è anche vero che queste distinzioni sulla base demografica sono anche non rilevanti all’Italia e spesso discutibili, motivo per cui non credo che sia un errore così grave dopo tutto.
Inoltre, ha senso fare questo discorso per i manga, che vengono pubblicate su apposite riviste che si orientano per target. Al contrario, non possiamo fare questo discorso per gli anime, che non hanno questo tipo di vincoli. Infatti,
anime e manga sono produzioni differenti.
A differenza degli Shonen che tipicamente sono più incentrati sull’azione pura, gli Shojo si concentrano sulle relazioni interpersonali, ponendo molta enfasi sulle emozioni.
La cosa sorprendente dello Shojo è il come bene si amalgama ad altri temi, diventando spesso una categoria completamente diverso.
Gli Shojo solitamente trattano della vita di tutti i giorni delle protagoniste, di solito pre-adolescenti od adolescenti. I personaggi tendono spesso a fare analisi complesse di eventi o persone che li circondano, accentuando molto il fattore psicologico dell’opera.
Alcuni esempi di Shojo
Molti anime che vedevate da piccoli sono probabilmente degli Shojo. L’Italia è uno di quei paesi europei dove questo genere ha avuto massima espansione grazie a opere come
Rossana e
Kiss me Licia.
Di seguito un elenco con altre opere famose che rappresentano molto bene il genere:
Questi titoli sono solamente una frazione che dovrebbe farvi capire come mai si associno gli Shojo al romanticismo o alla sfera sentimentale. Diciamo che i maggiori esponenti vertono intorno a quelle tematiche quindi è normale che si faccia questo collegamento, che risulta anche naturale e non troppo forzato.
Dietro a qualche nome famoso si cela in realtà una storia più lunga e a tratti complessa, che si mischia con la realtà politica del Giappone dei tempi. Molti infatti non sanno che dietro a dei cartoni e/o fumetti si nascondono pur sempre discorsi più profondi e non sempre visibili che vale la pena rinfrescare.
Per maggiori dettagli potete consultare il nostro articolo sui
migliori manga shojo, per capire meglio in base ad altri esempi concreti.
Le sottocategorie
Gli Shojo sono ulteriormente divisibili, per esempio i
Maho Shojo o Majokko hanno come tema principale la presenza di ragazze magiche, o se preferite maghette. Di solito le ragazze si trasformano in supereroine dotate di poteri magici per difendere l’umanità da forze oscure.
Inoltre, è quasi un must vedere le sequenze di trasformazione, i costumi usati in battaglia e soprattutto il tipo di armi usate. Naturalmente la componente romantica è presente ma non ricopre un ruolo primario all’interno della trama.
Sailor Moon è l’emblema di quanto detto poco sopra, ma anche dell’intero Shojo.
Esistono anche altri sottogeneri che si mischiano agli elementi Shojo, tra cui spicca lo
Yaoi, che tratta tematiche omosessuali legate alla sfera maschile e che riscuote notevole successo tra il pubblico femminile. Gli altri sottogeneri sono abbastanza vaghi e approssimativi, ma vi ricordo che non ci sono veri limiti a cosa possano includere gli Shojo.
Questa varietà è merito della cosiddetta Golden Age, di cui vi parlo nella sezione qui sotto. In parole molto povere, l’
estremo sperimentalismo di quel periodo
ha contributo a rendere questo genere estremamente eterogeneo e non standardizzato.
Storia degli Shojo
Le prime forme di espressione di questo genere risalgono al 1902 con la rivista
Shojo-kai ma anche con
Shojo Sekai e Shojo Tomo. In questo periodo si sviluppa anche lo stereotipo dei personaggi disegnati con gli occhioni, di cui si è già parlato a proposito dei
termini ricorrenti in anime e manga.
Dopo la seconda guerra mondiale assistiamo ai primi cambiamenti nel genere grazie all’influenza di
Osamu Tezuka e della sua opera
Princess Knight (Principessa Zaffiro). In quest’opera si cominciano già a vedere i primi stilemi della categoria, con un forte accento sul sentimentalismo, figure intere ad occupare le tavole ed occhi luccicanti.
Una delle cose che probabilmente ispirò Tezuka fu il
teatro Takarazuka. Particolarità di questi spettacoli, era la messinscena ad opera di sole attrici, che ricoprivano tutti i ruoli.
Questa forma d’arte quindi venne quasi traposta in questa sua prima opera, pensata per il solo pubblico femminile, e per molti il Takarazuka viene riconosciuto come una
fonte di ispirazione per lo Shojo.
Da questo punto in poi della storia si è iniziato a introdurre temi più maturi dentro gli Shojo, ma non si è ancora risolto il problema principale dentro il genere: l’assenza di parità di genere.
All’epoca infatti
la maggioranza dei mangaka era di sesso maschile, non a caso non si contemplava l’opportunità che una donna potesse intraprendere facilmente questo tipo di carriera.
La prossima trasformazione del genere avviene a metà anni ’60 con il contributo di
Yoshiko Nishitani che ha introdotto la componente romantica. Da qui in poi seguono una serie di trasformazioni degli Shojo, che illustreremo in base al periodo storico.
Fine secondo dopoguerra e anni ’50
Dopo la fine della guerra, i manga e conseguentemente gli anime ritrovano popolarità. Gli Shojo però erano ancora in mano agli uomini, che scrivevano storie ancora influenzate da Princess Knight. Sulla scia di questo successo Kodansha e Sueisha nel 1955 lanciano due nuove riviste, rispettivamente
Nakayoshi e
Ribon.
È proprio qui che inizia a scrivere
Mistuteru Yokoyama, autore di
Sally la maga. Parallelamente al manga venne lanciato l’anime, il quale diventerà il primo e vero anime shojo al mondo. Nel cast era anche presente un giovane
Hayao Miyazaki, un nome che diventerà molto importante nell’industria.
Sally ebbe inoltre il merito di aver anche creato il
sottogenere majokko, dove la protagonista usa poteri magici per risolvere i suoi problemi giornalieri.
Anni ’60
Gli anni ’60 sono caratterizzati da ribellione e soprattutto emancipazione. Anche il Giappone ne fu colpito, riflettendosi anche nel medium di anime e manga. Questo infatti portò all’arrivo di storie, via via sempre più importanti, di autrici femminili.
Una delle prime fu
Chikako Urano, con il suo Attack n°1, conosciuto in Italia come
Mimì e le ragazze della pallavolo. L’opera viene pubblicata nel
1968, ed è un’opera sportiva. L’autrice venne ispirata sia da Tezuka, sia da Kyojin no Hoshi, cioè
Tommy la stella dei Giants.
Attack n°1 fu un grande successo, tra serie anime e live action. Diede inoltre una spinta al genere, facendo uscire fuori altre serie che sono diventate altrettanto famose. Possiamo citare per esempio Ace wo Nerae (
Jenny la tennista) di
Sumika Yamamoto del 1973.
Uno degli altri grandi nomi di questo target al tempo era
Machiko Satonaka. L’autrice debuttò nel 1964 a soli sedici anni. Durante la sua carriera, longeva e prolifica, l’autrice realizzò opere storiche come
Cleopatra e
Tenjo no Niji.
Questa autrice sarà molto influente per chi verrà dopo di lei, e darà anche una nuova immagine alle mangaka, comparendo spesso in televisione.
Riassumendo, per tutto il periodo che va dal 1950 al 1969, si assiste ad un mercato ampliato, che ha garantito lo sviluppo degli Shonen e degli Shojo comedy/romance, più opere incentrate sullo sport.
Sempre in questo periodo,
Sally la maga diventa il primo anime Shojo nella storia giapponese e i manga Shojo vengono pubblicati come Tankobon. Alla fine di questo ventennio il genere risulta stravolto e diventa decisamente più femminile e simbolo di una battaglia di genere.
1969-1971: Golden Age e Gruppo del 24
La vera evoluzione del manga per ragazze avviene grazie ad alcune mangaka, conosciute successivamente come Gruppo del 24, in nome del 24esimo anno dell’era Showa. Le quattro che vengono ricordate di più di questo gruppo sono Yumiko Oshima, Ryoko Yamagishi, Keiko Takemiya e Moto Hagio.
Lo Shojo prende una piega più adulta, e viene rinnovato grazie a nuove ispirazioni. Le autrici erano grandi lettrici prima di tutto e covavano uno
spasmodico interesse verso la cultura europea, come si nota dalle loro storie.
Nelle loro opere non era più ovvia la presenza della protagonista femminile. Si introdussero quindi i
Bishonen, opere caratterizzate dalla presenza di bei ragazzi, come esaltazione della bellezza in tutte le sue forme. Inoltre, alcune delle mangaka del Gruppo 24 faranno anche opere
Shonen Ai, cioè opere con ragazzi omosessuali, il loro cavallo di battaglia.
Yumiko Igarashi è un’altra grande autrice del genere. Le sue storie sono più leggere, molto più da soap, ma comunque con un fascino ed uno stile tutto loro. Lei faceva parte di un altro gruppo di autrici, il Gruppo dell’Okkaido.
Dopo la sua prima opera di debutto quando aveva 15 anni, si è sempre affidata ad uno scrittore. La sua opera più importante è
Candy Candy. L’opera è un classico shojo romantico, che segue le vicende di Candy appunto.
L’autrice disegna molte opere tratte da fiabe e libri per ragazzi, ma l’altra di più di successo è Georgie. Anche questa serie, come altre opere di quel periodo, era ambientata al di fuori del Giappone, precisamente in Australia.
Keiko Takemiya
Fu proprio
Keiko Takemiya a far approdare un’opera che farà da sparti acque,
Il poema del vento e degli alberi, grazie al fatto di essere il primo Shonen Ai che combinava scene romantiche ad alcune più sessualmente esplicite.
Ryoko Ikeda
Tra le altre autrici cui veniva accostata l’appartenenza al Gruppo del 24, spicca sicuramente Ryoko ikeda. Lei sarà quella che tra le tante raggiungerà il pubblico generico, e non fu ben vista dai fan del Gruppo.
I fan quasi idolatravano queste autrici e per loro opere mainstream come quella della Ikeda erano quasi un insulto ai “veri manga d’autore”.
L’opera con cui è stata consacrata è sicuramente Versaille no Bara, o se preferite
Lady Oscar in Italia. Il successo di questa serie porta ad opere animate, film al cinema e spettacoli teatrali.
Inizialmente il suo editore non era per niente convinto di una serie Shojo storica, ma l’autrice riuscì a convincerlo, e poi sappiamo tutti com’è finita. Lady Oscar è uno dei più grandi successi shojo di sempre, avendo fidelizzato anche un pubblico maschile.
Nelle sue opere infatti, vediamo temi eterogenei, che uniscono un grande sentimentalismo a scene di battaglie ben orchestrate.
Yumiko Igarashi
Yumiko Igarashi è un’altra grande autrice del genere. Le sue storie sono più leggere, molto più da soap, ma comunque con un fascino ed uno stile tutto loro. La Igarashi faceva anche parte di un altro gruppo di autrici, il
Gruppo dell’Okkaido.
Dopo la sua prima opera di debutto quando aveva 15 anni, si è sempre affidata ad uno scrittore. La sua opera più importante è
Candy Candy. L’opera è un classico Whojo romantico, che segue le vicende di Candy appunto.
L’autrice disegna molte opere tratte da fiabe e libri per ragazzi, ma l’altra di più di successo è
Georgie. Anche questa serie, come altre opere di quel periodo, era ambientata al di fuori del Giappone, precisamente in Australia.
Anni ’80 e ’90: l’eredità del Gruppo del 24
Tutte le autrici citate instilleranno nelle successive generazioni dei semi che le influenzeranno pesantemente, cambiando lo shojo grazie a quelle che possiamo chiamare le loro eredi. A partire dagli anni ’80-‘90 ci sono state tutta una serie di autrici fondamentali per il genere, subendo ulteriori cambiamenti.
Troviamo quindi
Fuyumi Soryo, che ci ha lasciato tante splendide opere. La più importante è
Mars, storia di amore tormentata tra i due protagonisti Kira e Rey. Nelle opere di Soryo troviamo
personaggi complessi e molto caratterizzati rispetto agli standard dello Shojo e anche tematiche come la criminalità giovanile.
Tra le autrici di maggior successo che hanno portato una nuova linfa al genere non si possono non citare
Ai Yazawa e
Wataru Yoshizumi. La Yazawa nel 1995 pubblica il suo primo grande successo,
Cortili del cuore. Nel 1999 ha pubblicato il seguito di quest’opera chiamato
Paradise Kiss, aventi come protagonisti i figli degli ex protagonisti dell’altra opera ormai adulti.
Wataru Yoshizumi invece deve il suo successo all’opera
Marmalade Boy del 1992, in Italia molto famoso grazie alla sua
trasposizione animata, arrivata in Italia col nome di
Piccoli problemi di cuore. Lo stile dell’autrice è sempre un’esasperazione, molto più al passo coi tempi, rispetto a quello di Yumiko Igarashi, con occhioni ancora più evidenti.
Abbiamo visto come la Yoshizumi puntava ancora molto sugli amori romantici, diversamente però
Chiho Saito farà delle protagoniste ribelli il suo marchio di fabbrica.
L’opera che la porta alla ribalta infatti è
Utena – la fillette revolutionnaire. Il progetto partorito fu alquanto insolito, la protagonista Utena infatti compie spesso azioni cavalleresche, che di solito erano lasciate alle controparti maschili, slegandosi inoltre dalle attenzioni del sesso opposto.
Tra le ultime autrici è poi impossibile non citare
Naoko Takeuchi, autrice della serie Sailor Moon. La serie sarà un successo tale che la
rivista Nakayoshi diventa una delle più popolari in quel periodo, primeggiando sulle sue rivali.
Lo straordinario successo è anche dovuto al fatto che
attirava molto pubblico maschile, grazie alla sua struttura tipicamente shonen. La protagonista Usagi e le sue amiche sono tutte dotate di poteri magici, ognuno dei quali le contraddistingue sia per abilità che per stile e colorazione, un po’ come i grandi shonen di gruppo quali Saint Seiya.
Gli Shojo oggi
Dopo avere brevemente illustrato il background del genere, è opportuno parlare di cosa succeda al giorno d’oggi. Anche se non vediamo effettivamente chissà quanti simboli di empowerment, va notato che ci siamo distaccati abbastanza dalla Golden Age del ’70.
Molti shojo di ora sono validi e anche piuttosto carini, ma siamo molto ma molto lontani (purtroppo) dalle opere seminali del passato.
Molti degli stereotipi e delle idee del passato sono ricorrenti anche attualmente, grazie al contributo dei Majokko e specialmente degli shojo a sfondo romantico. Come citato in precedenza, queste “fantasie” contribuiscono a dare agenzia e potere al sesso femminile, che va immaginato nel contesto della società giapponese dell’epoca.
Al giorno d’oggi le cose sono cambiate, ma è comunque possibile riscontrare come certe icone pop siano più attuali che mai, vedasi
Tsukino Usagi (Bunny in italiano).
Infatti di recente abbiamo assistito alla nascita di
Sailor Moon Eternal, che chiude quanto introdotto da
Crystal in una delle serie più rappresentative dell’intero genere.
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