Vi aspettavate una top 10 2017 tradizionale? Le sguatterate di regime le lasciamo agli altri, quest’anno riviviamo gli scorsi 365 giorni guardando ai momenti migliori.

Quando, dopo aver vissuto nel giro di qualche mese il lancio di due prodotti epocali come Breath of the Wild e Super Mario Odyssey, l’annata si chiude con il ritorno di Portal sugli schermi, sai che non puoi in tutta coscienza chiedere di più a quelle macchine che ormai sono il centro di gravità permanente del tuo intrattenimento. Se poi nel mezzo il mercato ti ha permesso di mettere le mani su una serie di produzioni imperdibili, e ha mostrato un coraggio che richiama molto l’industria degli anni ’90 – anche più di quanto possa fare Crash Bandicoot N. Sane Trilogy – era inevitabile arrivare a scrivere queste righe con una consapevolezza. In un anno così, una top 10 2017 tradizionale sarebbe stata come disegnare i baffi su una Gioconda fatta di esperienze memorabili.

Se volete leggere una lista di magnifici 10 usciti quest’anno, il resto del web in questi giorni sembra non sia capace di fare altro.

In un anno così, io personalmente ho voglia – anzi, la necessità – di scrivere un altro articolo: una top 10 2017 fatta di esperienze vissute dall’altro lato dello schermo, quello che di solito non analizziamo su queste pagine. Dietro le quinte, autobiografia e in buona sostanza tutto quello che negli ultimi 365 giorni mi ha fatto crescere, dal punto di vista editoriale (e forse anche da quello personale). Una lettera che spieghi perché oggi mi sento un po’ meno Webmaster e un po’ più Creative Director, qui su I Love Videogames, e che magari mi ricordi perché continuo a fare cose di questo tipo invece di smaltire una pila degli arretrati sempre più alta.

 

1. Il lancio di Switch, vissuto da non-Nintendaro
Perchè la console war intelligente ci piace, e se non vi piace siete dei rosiconi
 

Ormai lo sapete che rapporto ho con Nintendo… Amore oltre l’odio e odio oltre l’amore
Ho aperto questo articolo con quello che di fatto è un p*mpino su carta e inchiostro digitale a Nintendo. Per qualcuno sembrerà strano, visto che come dico spesso sono la cosa più distante da un entusiasta della casa di Kyoto che potete leggere da queste parti: quando c’era da criticare la Grande N non mi sono tirato indietro e ancora oggi sono convinto che Breath of the Wild non sia il miglior videogioco di sempre e che non meriti il perfect score (e lo stesso vale per Super Mario Odyssey). Ma non per questo sono un negazionista, e non posso nascondere che Switch mi ha regalato più di qualche soddisfazione, pad alla mano o davanti ad un foglio di Word. Perché su Switch ho scritto tanto e ho messo bene in evidenza quelli che sono i pregi – e i limiti, motivo per cui spesso mi danno del sonaro – della macchina, protagonista di uno dei lanci più riusciti nella storia dell’industria. E in particolare ho scritto tanto sul lancio della macchina e su quello che ha combinato l’industria al suo day one, dove per tradizione il mondo si ferma e guarda dalla finestra… Ed è qui che quello che è iniziato con un elogio verso Nintendo prosegue con delle devozioni verso la sede centrale di Sony.

Se il marchio PlayStation è diventato la bestia che conosciamo, se è stato il Big Bang che ha stravolto le nostre vite videoludiche e quelle di tutti gli adetti ai lavori (Once, there was an explosion, citando il Vate) è anche per trovate di questo tipo. La concorrenza si ferma ai complimenti di circostanza alla Phil Spencer, laddove la banda di Yoshida vede un’opportunità e ci regala una delle più clamorose goliardate dell’era PlayStation 4, che si era aperto trollando Xbox sulla questione usato.

 

2. Dietro la recensione di Prey
Perché Bethesda ci ha fatto un assist pazzesco, anche se poi ha dovuto ritrattare
 

La recensione che ricordo con più piacere
Ma continuiamo a parlare di day one. La mia posizione sulla scelta di Bethesda a proposito delle copie promozionali al day one è nota: ampiamente a favore, visto che si parte tutti alla pari – stampa, o presunta tale, e giocatori – e per “vincere” la partita contro la concorrenza bisogna essenzialmente fare una cosa, cioè scrivere meglio. Di più, scrivere con la consapevolezza che nel caso di Bethesda le informazioni arrivano da altre fonti, come video di gameplay e notizie, e che quindi nella recensione rimane in buona sostanza la critica. Uno dei ricordi più belli di quest’anno è per forza di cose il dietro le quinte della recensione di Prey, che mi ha fatto vivere la cosa in prima persona. È un peccato che poi però su Prey si sia abbattuto il solito fenomeno di incomprensione tra chi legge e chi scrive, visto che la critica lo ha lodato senza indugio ma chi doveva metter mano al portafoglio e acquistare il titolo non lo ha fatto (ma mi raccomando, poi prendiamocela con EA quando pensa che il single player sia una religione morente). Un peccato perché al di là del fatto che è un titolone, la casa madre per Wolfenstein 2 si è trovata suo malgrado a tornare al vecchio sistema.

 

3. Le Operazioni Nostalgia (ma quelle belle)
Perché Sonic Mania ce lo meritavamo, e di WipEout Omega Collection avevamo bisogno
 

Viva la nostalgia, se poi esce anche dell’altro
Lo accennavo in apertura, il 2017 sarà ricordato anche – forse sopratutto, visto che alla gente tendenzialmente piace più criticare che tessere lodi – come l’anno della nostalgia. L’intrattenimento a tutto tondo ha smesso di mungere gli anni ’80 ed è passato alla decade successiva, che è la nostra decade: Jurassic Park al cinema, Crash Bandicoot nella PlayStation e Sarabanda in televisione.

Ma non è una cosa per forza negativa, anzi: quando queste Operazioni Nostalgia, come le abbiamo battezzate qua su I Love Videogames, vengono fuori bene ci guadagniamo tutti, visto che tornano in auge brand che evidentemente possono ancora dire la loro. E parlando di anni ’90, non si può che arrivare al prossimo punto…

 

4. Gameromancer
Perché i progetti sono un po’ come figli, e quest’anno ha preso diploma e laurea
 

Il podcast quest’anno ha spaccato. Punto.
Gameromancer è il mio giocattolo. Un giocattolo per cui ho fatto i capricci fin dall’apertura di I Love Videogames e che l’anno scorso, finalmente, sono riuscito a far partire con la complicità di quello scappato di casa che risponde al nome di Antonino Lupo e della squadra che ho trascinato dietro al podcast. Ma è con quest’anno che Gameromancer è veramente esploso, diventando il prodotto che volevo che diventasse: abbiamo trovato una formula che sembra funzionare, siamo decisamente meno “rigidi” – anzi, a volte caghiamo fuori dal vaso da questo punto di vista – e soprattutto ci siamo tolti tantissime soddisfazioni. È stato davvero un piacere avere in puntata Dr. Game per parlare di questo ritorno degli anni ’90, ed è stato dannatamente figo passare un’oretta e spiccioli in compagnia di Alessandro Taini. Cioè, ho (più o meno) intervistato l’Art Director di DmC Devil May Cry, quasi non ci si crede. E ho parlato con lui di quello che al momento è il progetto più interessante della generazione…

 

5. Hellblade
Perché un gioco, almeno uno, doveva finire in top 10
Il progetto più importante dell’anno, e il mio GOTY (assieme a Superhot VR)
Quanto vi ho già annoiato con Hellblade? Prova di maturità (superata con un 100 e lode) di tutto il movimento indie, primo titolo dell’iniziativa #GiocoCopertina portata avanti in collaborazione con i nostri Umpa Lumpa dei Social Network e, al di là di tutto, giocone ispirato come non ne giocavo veramente da troppo tempo. Per quanto mi riguarda c’è un Avanti Hellblade ed un Dopo Hellblade quando si parla di mercato indipendente, e chiunque da oggi decida di fare un videogioco dovrà scontrarsi con l’evidenza dei fatti: si possono fare i soldi – e sfidare a testa alta i grandi nomi dell’industria – anche senza nessuno alle spalle, e la povertà di mezzi in cui si tira su il proprio progetto assomiglierà sempre di più ad una coperta troppo corta, per nascondere i difetti dietro un’idea. Quest’anno mi avete sentire dire spesso che Breath of the Wild è uno dei videogiochi più significativi dell’ultima decade: Hellblade probabilmente lo è anche di più, perché dal punto di vista filosofico è la c*zzo di svolta.

6. Io, Videogioco
Perché se sei abbastanza scemo da insistere poi ce la fai. Anche solo per sfinimento.
 

Anno di grosse soddisfazioni scritte…
Anche sulla questione Io, Videogioco ho già detto più o meno tutto quello che c’era da dire. Il progetto più vecchio dietro I Love Videogames – l’idea nasce da quell’improbabile prima riunione ad un orario notturno folle – che finalmente dopo quattro anni diventa realtà. E lo diventa perché sussistono finalmente i mezzi per fare una cosa del genere. Chi ha avuto la sfortuna di lavorare con me lo sa, odio i momenti in cui ci si fa p*mpini a vicenda e ci si dice quanto si è stati bravi, però è giusto dare onore al merito: senza quelli che avete imparato a temere come I Leccacullo, cose del genere non si sarebbero potute fare. E non si sarebbero potute fare nemmeno diverse delle nuove rubriche, da quelle belle e di “servizio reso alla collettività” (penso all’Ars Ludica o ai vari tasselli della Ludopedia) a quelle pubblicate perché si come le Storie di vita giocata o i Racconti Ludici, che nel giro di poco sono diventati la rubrica più copiata dalla concorrenza. L’imitazione è la più alta forma di adulazione dopotutto, no?

7. Ludolettori #1
Perché scambiare due parole con l’autore di Dagger, anche solo virtualmente, mi ha fatto tantissimo piacere.
 

… Anche dal punto di vista personale
La sezione Geekstyle è un’altra delle novità dell’anno scorso che quest’anno è diventata più grande e cattiva, perché abbiamo iniziato a infilarci dentro tutto ciò che un sito di videogiochi normale non pubblicherebbe mai. Ludolettori è partita proprio con questo scopo, dalla necessità di parlare di altro – al di fuori dei videogiochi – ben sapendo che però i videogiochi sono una grossa parte di noi, e che incrociare i flussi e cercare di consigliare qualche libro da leggere sulla base dei videogiochi piaciuti poteva essere un’idea interessante.

Caso ha voluto che l’idea sia arrivata proprio mentre ero letteralmente in fissa con Dagger, e caso (o per dirla tutta, i tag di Facebook) ha voluto che l’articolo arrivasse sotto gli occhi di Walt Popester, l’autore della serie. È stato un po’ straniante, sapere che qualcuno di cui ho letto il lavoro ha letto a sua volta qualcosa scritto da me e ha apprezzato, ma straniante in senso assolutamente positivo. Una cosa che forse, senza passare per la nostra roccaforte sui social, non si sarebbe concretizzata. E a questo proposito…

8. Il nuovo corso sui social
Perché adesso ci prendiamo dei rischi, e stiamo davvero costruendo qualcosa
 

della pagina Facebook non è mai fregato nulla, ma quest’anno le cose sono cambiate
È doveroso ringraziare chi, fino a prima della svolta, si è occupato della nostra pagina Facebook. Anche solo perché banalmente così non ho dovuto farlo io, e mi sono potuto evitare una serie di oneri e critiche generate proceduralmente (che è il modo elegante per dire a c*zzo di cane) che qualcuno è sempre pronto a muovere non si sa bene perché. Ma detto questo, bisogna essere onesti: gli attuali Community Manager (il buon Luca Oropallo e la fin troppo insicura Beatrice Povia) hanno le palle quadrate, e avere le palle quadrate è un requisito fondamentale per riuscire a essere in sintonia con quello che voglio fare sull’Internet. Si prendono dei rischi, hanno avuto un paio di idee indovinatissime che finalmente stanno dando identità alla parte social – in un mondo in cui tutti fanno meme e poco altro – e stanno lasciando spazio a tanta roba, contenutisticamente parlando. Dalle infografiche che creano dibattito meglio di quelle ufficiali ad articoli in risposta ai vostri commenti. Adesso siamo un puzzle che ha una parvenza di incastri, e la cosa si vede anche quando siamo in trasferta.

9. Milan Games Week 2017
Perché abbiamo scherzato sulla #IaculloDifference, ma abbiam fatto una copertura pazzesca (divertendoci)
 

Miglior Games Week di sempre
Ve ne sarete accorti durante la Milan Games Week di quest’anno, terza edizione a cui partecipiamo come I Love Videogames e in assoluto quella che ricordo con più piacere. Perché editorialmente abbiamo spaccato lo spaccabile, abbiamo confezionato dei video da caricare sulla pagina per teaserare le varie anteprime e per parlare a caldo dei contenuti visti e provati (parlare di Xbox One X mentre beviamo birra? Fatto) e siamo riusciti a molestare tantissimi sviluppatori lì sul posto con delle domande non banali. Davvero, quando lo rifacciamo?

 

10. La VR, un anno dopo la VR
Perché siamo ancora qua (e già), e le cose non possono che migliorare
Madonna, la Realtà Virtuale…
La Games Week quest’anno cadeva grossomodo vicina al primo compleanno di PlayStation VR, cosa che ci ha permesso di provare la Realtà Virtuale nella Milano Reale e poi di fare il punto della situazione un anno dopo – che è un’altra delle rubriche a lungo termine che avevo voglia di proporre, e che spero di continuare a proporre l’anno prossimo. E pad alla mano e visore davanti agli occhi, un anno dopo siamo ancora qua: non come mi aspettavo lo fossimo, ma a dirla tutta anche oltre le mie aspettative. Non sono mancate esperienze totalizzanti da questo punto di vista, e l’emozione di giocare Doom mai così in prima persona per uno cresciuto a pane e John Romero è indescrivibile. E non vedo l’ora che la già citata Omega Collection di WipEout si aggiorni aggiungendo la modalità VR promessa alla PlayStation Experience, anche se la cosa ucciderà definitivamente Radial-G su PlayStation 4. Insomma, se il 2017 sarà ricordato da me come una delle annate più ricche ed importanti di sempre lato videogiochi, è anche grazie a questa nuova tecnologia.

#LiveTheRebellion