Ad un anno esatto dall’uscita di PlayStation VR – data che possiamo far coincidere con l’anno zero della Realtà Virtuale a livello consumer – proviamo a fare il punto della situazione. Ma a modo nostro.
Qualcuno di voi, esattamente 365 giorni fa, stava tornando a casa dal suo negozio di fiducia con PlayStation VR sottobraccio, il conto corrente alleggerito di 4 o 500 euro ma – in compenso – la speranza di poter dire “io c’ero”, lo stato d’animo
di chi si sente un pioniere quando si tratta di nuove tecnologie. O molto più banalmente la felicità smaniosa che ci accompagna a casa quando si acquista un “giocattolo” nuovo, si tratti di una console, di un’auto o in sostanza di qualunque cosa abbia negli anni sostituito i giocattoli propriamente detti. Tanti altri di voi invece erano comodamente seduti in poltrona a digitare convulsamente i loro
scetticismi sulla Realtà Virtuale.
Chi ha avuto ragione? Senza fronzoli e paraculate, proveremo ad affrontare la questione con il piglio più schietto possibile.
Ed ecco che quindi abbiamo deciso di
rivolgere tre domande a due
st*onzi che si sono brasati le retine nell’ultimo anno dei “protagonisti editoriali” della VR qui su I Love Videogames, per capire come hanno vissuto questi primi 12 mesi di Realtà Virtuale e cosa si aspettano dai prossimi 12.
PlayStation VR (e la VR in generale) hanno soddisfatto le tue aspettative?
Inizia a rispondere il webmaster, in stile testimone a sorpresa
No.
Non ve lo aspettavate, vero? Chi vi scrive è uno dei più acerrimi sostenitori della tecnologia, ed è fermamente convinto che Realtà Virtuale faccia rima con “il futuro dell’intrattenimento”. Eppure, innegabilmente quando un anno fa ho acquistato PlayStation VR avevo una serie di aspettative – anzi, a dir la verità avevo
una serie di credenze (
non sto parlando di mobili) – che la VR ha stravolto, dimostrandomi che
mi sbagliavo di grosso. Non sul fatto che questa tecnologia sia il futuro, intendiamoci: più semplicemente avevo sbagliato su alcuni aspetti del medium videoludico.
Prima della VR ero un fondamentalista del Signore Pad nostro. Ora credo nel Dio Pagano dei Motion Controller.
Preconcetti, che la VR ha spazzato via. Bene così
Ho scoperto sulla mia pelle che un buon criterio per stabilire se un gioco è a rischio
Mal di Doom o meno è proprio guardare il controller in utilizzo:
in questi casi di solito col pad è peggio, e mai avrei pensato di tessere le lodi del loro surrogato tutto sensori di movimento. E invece Motion Controller + Realtà Virtuale sono un’accoppiata fenomenale, dove ognuna delle due metà bilancia l’altra e le permette di
brillare di luce propria. Quasi letteralmente, se pensiamo alla fastidiosa “testa luminosa” di PlayStation Move, che specie se si gioca in situazioni poco illuminate è fastidiosa. Dietro PlayStation VR semplicemente non si vede, perché siamo immersi in un’altra realtà, completamente estranei a quanto ci succede attorno per quell’ora che decidiamo di spendere col visore addosso. Quindi un anno dopo posso sicuramente dire di essere
soddisfatto delle esperienze che la Realtà Virtuale mi ha regalato, ma non posso dire di essere stato accontentato dal punto di vista delle aspettative.
Ma è un bene: erano aspettative viziate da paletti auto-imposti e preconcetti da inputare all’era di Wii.
Tocca ora a Luca Mazzocco che, da amante degli horror, ha raggiunto la spesa di PlayStation VR in mutande pulite
Sì.
Non lo posso negare: la realtà virtuale è stato per me come un sogno che si avvera
Non lo posso negare: la realtà virtuale è stato per me come un sogno che si avvera.
Gioco ai videogames da che ho memoria e sono sempre rimasto affascinato dal film Tron, ma il costo dei visori VR (e del relativo PC per farli funzionare) non mi hanno permesso di addentrarmi in questo settore sino allo scorso anno. Proprio grazie a Sony e al suo PlayStation VR, infatti, ho potuto indossare il mio primo visore, basandomi solamente sulla fiducia verso questa software house e sull’interesse per la realtà virtuale. Avevo ben presente il
rischio della nausea da
motion sickness e della possibilità che la periferica
non riuscisse a ritagliarsi la sua fetta di pubblico, andando così a
morire in tempi brevi, ma ho voluto osare comunque. Nausee non ne ho avute (tranne qualche raro caso) e
PlayStation VR è più in forma che mai, con sempre più titoli in uscita ogni mese, quindi direi che ormai posso andare sul sicuro. Per quanto riguarda le (altissime) aspettative che avevo riguardo la realtà virtuale, posso dire che si sono pienamente realizzate,
garantendomi un’immersione totale all’interno del gioco, con sensazioni ed emozioni che non avevo mai provato sino ad allora. Il ricordare un titolo come se lo avessi vissuto e non come se lo avessi giocato è qualcosa di semplicemente magnifico e che solo chi ha potuto provare l’esperienza della realtà virtuale può davvero capire sino in fondo. Il ricordare un titolo
come se lo avessi vissuto (e non come se lo avessi giocato e basta) è qualcosa di semplicemente magnifico, e che
solo chi ha potuto provare l’esperienza della Realtà Virtuale può davvero capire sino in fondo.
La Realtà Virtuale ti ha offerto esperienze che pensi giustifichino il tuo acquisto?
Per Pietro Iacullo non è questione di durata, ma di intensità
Se prima – un po’ barando, ammettiamolo – ho risposto con un secco no, in questo caso la mia risposta non può che essere affermativa. È da un po’ che ho maturato la convinzione che l’industria spesso e volentieri
pensi troppo alla quantità e poco alla qualità, arrivando a stipare
Gravity Rush 2 di una serie di contenuti inutili per giustificare il prezzo pieno al lancio senza i quali (
ironia della sorte) il prezzo di lancio sarebbe stato digerito molto meglio, per quanto mi riguarda.
Chi ha sviluppato su VR se ne è fregato e ha puntato sull’intensità delle esperienze. Risultato? Fanc*lo a Breath of the Wild, il gioco che mi ha fatto godere di più quest’anno è Superhot VR.
VR vuol dire sostanza. E dannazione, sto vivendo un sogno – uno dei più lucidi di sempre
Perché
Superhot VR realizza un sogno, e non è quello di
avere un sogno: Goku, Superman, Dante (quello di
Devil May Cry), Neo di
Matrix (
nel primo. Gli altri due non esistono e non sono mai esistiti). Per anni chi ci rimpinzava di intrattenimento – si trattasse di film, videogiochi o letteratura – ci ha mostrato i suoi personaggi compiere azioni scenograficamente clamorose, che potevamo limitarci a guardare con un ammirato senso di invidia e di inferiorità.
Poi per fortuna è arrivata la Realtà Virtuale, e in
Superhot VR posso raccogliere due shuriken al volo, lanciarli contro due nemici che sono alla mia destra, raccogliere – di nuovo al volo – il coltello che uno dei due stava brandendo e girarmi di scatto facendo fuori altri due uomini in rosso controllati dalla CPU. E sentirmi
la persona più figa su tutto il maledetto globo terraqueo. Adesso ditemi che non è questo quello che vogliamo dall’industria videoludica. E la sensazione di
frenesia estatica non è un’esclusiva di
Superhot VR, anzi: avreste mai pensato di leggere sullo schermo del vostro dispositivo che
Fruit Ninja mi ha divertito più di
Psychonauts? Di nuovo, nemmeno io avrei mai pensato di poterlo dire, ma
Fruit Ninja VR mi ha davvero esaltato. Una serie di pomeriggi passati a saltare – PS VR alla testa e coppia di PS Move stretta nelle mani – davanti alla televisione ad affettare frutta, mentre dall’altra del visore il mio doppio virtuale era un ninja armato di due katana che beh… Affettava frutta, però al volo e con tanto di punteggio arcade. Ma non solo l’azione fine a sé stessa – per quanto indubbiamente scenografica – quello che rende la Realtà Virtuale
una scommessa che sono stato contento di aver vinto. Non mancano titoli che, pur funzionando anche in modalità
analogica beneficiano enormemente della tecnologia, perché
l’atmosfera viene resa semplicemente
meglio.
GNOG è un esempio perfetto: i puzzle ludicamente valgono sia dietro la televisione che “spalmati” tutto attorno al giocatore, ma nel secondo scenario il
senso di appartenenza a quel mondo che si respira è
totalizzante.
GNOG mi ha portato nello spazio, su una distesa di neve ed in un laboratorio scientifico, e nonostante il tratto tutt’altro che realistico sono ancora abbastanza convinto di essere stato davvero lì.
Se non provi non puoi capire, e scrivendo queste righe mi rendo conto di come queste parole
non bastino a descrivere quello che ho giocato. Per questo il mio consiglio è questo: approfittate di un amico abbastanza folle da aver acquistato PlayStation VR – o un qualunque altro visore – e
provate con mano. Se siete un po’
fattoni nell’animo e volete spendere poco, provate con
Polybius e poi diteci se tolto il visore
non vi sembrerà di esservi appena fatti una canna (e ve lo dice uno che in vita sua si è concesso tutti i vizi meno quello del fumo).
Per Luca Mazzocco, le migliori esperienze videoludiche di quest’ultimo anno vengono proprio da PlayStation VR
Batman: Arkham VR ha il pregio di avermi fatto provare per la prima volta le vertigini digitali
Diciamolo chiaro e tondo: PlayStation VR mi ha conquistato al 100% già con Batman: Arkham VR. La sensazione di essere Batman, di muoversi come lui, di vivere un’avventura e di incontrare tutti i personaggi del fumetto DC Comics in prima persona è stato
come un fulmine dritto nel cervello. L’esperienza, è vero, non è delle più longeve, ma è sicuramente una delle più immersive che abbia mai provato, grazie alla
straordinaria regia di Rocksteady e al
design assolutamente spettacolare dietro tutta la serie “Arkham”. Batman: Arkham VR, inoltre, ha il pregio di avermi fatto provare per la prima volta le
vertigini digitali, con tanto di straniamento totale tra corpo e cervello.
Durante la discesa iniziale nella Batcaverna, infatti, ho chiaramente sentito le farfalle sullo stomaco a causa dell’altezza dell’ascensore all’interno del quale mi trovavo. Un’altra esperienza simile, ma per me più dolorosa, è accaduta pochi livelli dopo, nella stanza dell’obitorio dove Batman si ritrova ad esaminare dei cadaveri e dove, ad un certo punto, si deve lanciare un Batarang per attivare un interruttore. Premessa: io gioco nella mia camera da letto, che si trova nel piano più alto della casa, con tanto di tetto spiovente che non mi lascia troppo spazio sopra la testa in zona Tv. Ecco che quindi, come avrete già immaginato, mi sono trovato a lanciare il Batarang con tutta la potenza che può metterci un Cavaliere Oscuro e, ovviamente, a sbattere la mano (e il PlayStation Move, che grazie a Dio ha la palla gommosa all’estremità) contro il soffitto.
Tanto dolore e Bat-bestemmie dopo, non ho potuto che ridere nel rendermi conto di quanto fossi immerso all’interno del gioco; tanto da non ricordarmi di essere nella mia piccola cameretta e non all’interno di una stanza dell’obitorio.
Questo è stato per me Batman: Arkahm VR: una fuga dal mondo reale per tutte le sue tre ore di durata.
Una cosa è avanzare per i corridoi piegando il pollice sinistro contro la levetta del Dualshock 4, ma si provano ben altre sensazioni quando ad ogni passo si ha la sensazione di essere davvero inseguiti e di trovare qualcosa dietro l’angolo.
Pensavo di aver provato già tutto quello che il PlayStation VR potesse offrire, quando ecco spuntare sul mercato Farpoint
Il vero passo successivo (al di là di altri prodotti per realtà virtuale che ho trovato “solamente” interessanti) è stato fatto, a mio parere, da
Resident Evil 7. Un titolo potente visivamente, vasto, curato in ogni singolo dettaglio e con la possibilità di essere affrontato sia con il PlayStation VR che senza, cosa che andava a modificare sostanzialmente la longevità del titolo. Ebbene si, perché una cosa è avanzare per i corridoi piegando il pollice sinistro contro la levetta del Dualshock 4, ma si provano ben altre sensazioni quando ad ogni passo si ha la sensazione di essere inseguiti o si teme di trovare qualcosa dietro l’angolo. Sono un videogiocatore di titoli horror da una vita (ve ne sarete accorti se seguite tutte le recensioni di I Love Videogames), ma
posso tranquillamente ammettere che non mi sono mai spaventato tanto come in Resident Evil 7 con il visore Sony. Il titolo Capcom, infatti, rimarrà nel mio cuore per sempre per le emozioni che è riuscito a farmi provare e per la sua totale versatilità, elemento che mi auguro possa essere ripreso anche da altre software house in futuro, in quanto vero e proprio fiore all’occhiello della produzione. Pensavo di aver provato già tutto quello che il PlayStation VR potesse offrire, quando ecco spuntare sul mercato
Farpoint. Il costo elevato (in quanto venduto assieme all’Aim Controller), lo scazzo di avere una nuova periferica in casa e l’immensa quantità di titoli in uscita ogni mese non mi hanno però permesso di metterci sopra le mani subito.
Stupido che non sono altro. Grazie agli sconti da Unieuro, sono riuscito a recuperare il pack gioco più fucile a meno di 60 euro e
posso tranquillamente ammettere di aver vissuto una delle più belle esperienze videoludiche della mia vita. Certo, la trama non è tra le più innovative e il titolo non offre meccaniche innovative per gli FPS, ma io ho combattuto contri i ragni alieni nello spazio.
Non ho semplicemente giocato uno sparatutto, ma ne sono diventato il protagonista assoluto, con tanto di vera arma in mano. L’immedesimazione provata con Farpoint è qualcosa che consiglio a tutti di provare almeno una volta nella vita, perché sono certo che, quando vi sarete tolti il visore, avrete già le chiavi della macchina in mano per andare a comprarlo.
Lo so che sembrano parole di un fanatico e/o di un venditore, ma fidatevi quando vi dico che l’acquisto migliore che abbia fatto nello scorso anno è stato proprio il PlayStation VR (e, no, non ci guadagno nulla a dirvelo). Se siete stufi dei soliti FPS dalla trama breve, dall’online sempre troppo simile o dal loot infinito è giunto il momento di fare il salto di qualità: Farpoint è quello che avete sempre sognato e se non ci credete è solamente perché non lo avete ancora provato.
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