Fall of Light – RuneHeads
Ueda contro Miyazaki?
Già disponibile da un po’ su Steam, Fall of Light di RuneHeads si ispira – e non ha paura di nasconderlo – a Dark Souls (prima che il paragone diventasse mainstream), ma con tantissima attenzione agli aspetti più “umanistici” del videogioco, ovvero trama ed ambientazione. Non male, soprattutto considerando che si tratta di un two man show: la squadra è formata da Cristian alle tastiere (è il programmatore, la musica c’entra poco in questo caso ma ci piaceva la metafora) e Matteo nelle vesti di game designer.


Fuori i nomi (i vostri, quello del team e quello del gioco)

 

Siamo RuneHeads, e il titolo del gioco è Fall of Light. Io sono Matteo e lui e Cristian.

 

Ruoli all’interno dello sviluppo?

 

Io (Cristian) sono il programmatore, Matteo invece è il game designer – e nullafacente [ride, n.d.r]. Il team è composto solo da noi due.

 

Parlateci un po’ del gioco

 

La versione più corta che posso darti è questa: abbiamo provato a mescolare il gameplay di Dark Souls con la storia ed i personaggi di Ico. I combattimenti sono difficili, il mondo di gioco è ostico e violento come in Dark Souls, ma abbiamo provato a sposare assieme a questo la delicatezza e la poesia di certi momenti di Ico. Ovviamente ci abbiamo messo anche del nostro eh!

 

Piattaforme?

 

Siamo già su Steam, per PC e Mac. Stiamo valutando – ma con molta calma – anche il porting su console,  ma è tutto da vedere.

 

Avete preso in considerazione anche Nintendo Switch?

 

È una delle opzioni possibili.

 

 Ok, allora visto che siete caduti in trappola vi faccio questa domanda: più di qualche sviluppatore ha detto che il lancio su Switch è stato decisamente migliore rispetto al debutto su altri store. Che spiegazione vi date, da sviluppatori?

 

Banalmente, ci sono tanti Switch venduti ma non ci sono ancora abbastanza giochi. Su eShop per ora non ci sono tantissimi titoli – per quanto stiano iniziando a crescere come numero, ma tieni conto che la media di giochi rilasciati su Steam ogni mese è di 1500 titoli, su Switch siamo intorno al centinaio. Tu quindi arrivi e c’è tanta richiesta – è una console che ha venduto bene e la gente vuole giocarci – ma c’è poca offerta, da qui i numeri alti. Tra sei mesi la situazione sarà già diversa.

È il momento della domanda scomoda: dopo aver visto Hellblade, pensate di potervi lanciare in un progetto simile per ambizioni pur rimanendo nel mondo indie?

 

(Matteo) Guarda, dire indie vuol dire tutto e niente da questo punto di vista. Ninja Theory per esempio è uno studio indie perché non sono controllati da un publisher. Secondo me è il momento di iniziare a dire “Ok, ci sono team indie ad alto budget e team indie a basso budget”. Chiaramente se domani mi dicono che ho 10 milioni a disposizione per fare un gioco ci proviamo, ma finché si ha a disposizione un decimo di questa cifra (quando va bene) le ambizioni devono essere proporzionate al budget.

(Cristian) Poi c’è da dire che non è facile trovare delle persone che abbiano le competenze per lavorare a progetti così ambiziosi sul mercato. In Italia non mancano i talenti da questo punto di vista, ma il problema è che sono persone parecchio in gamba e sono già state “acquisite” da team più grossi.

(Matteo) Noi abbiamo lavorato con nomi come Alessandro Baldasseroni o Marco Spitoni (che ha lavorato con Peter Jackson). Ad una certa quando ti arriva un offerta dall’estero e ti chiedono “perché rimani in Italia a fare videogiochi pagato quanto un operaio?” è logico che fai le tue valutazioni. Il mercato per fortuna adesso sta sbocciando, ma abbiamo un gap di anni da recuperare. Anche a livello di credibilità: se vado in banca a chiedere un prestito dicendo che facciamo videogiochi mi ridono in faccia, se gli dico che sto aprendo un bar invece va tutto bene.

(Cristian) Serve un cambio di mentalità, però sembra che qualcosa stia cambiando. Quest’anno per esempio già qui in fiera ci sono diversi sviluppatori italiani, e anche a livello legislativo qualcosa si sta muovendo. Speriamo bene.


Fall of Light, come dicevamo, è già disponibile su Steam. Fate un salto sulla pagina del gioco (e magari approfittate per dare un’occasione al titolo).
 Gridd: Retroenhanced – Antab Studio
Gridd ormai è di casa, qui su ILoveVg, ed è sempre bello parlare con Antab
Ormai di Gridd vi abbiamo parlato alla morte – e a ragione, visto che si tratta di un titolo di livello assoluto, da videogiocatori italiani che ogni tanto si occupano anche del dietro le quinte dei videogiochi in Italia non può che essere un vanto quello di aver ospitato certi progetti sulle nostre pagine (e nel nostro pluri-menzionato podcast). Chiaramente non ci siam persi l’occasione di scambiare di nuovo qualche chiacchiera con i ragazzi di Antab, che probabilmente dopo l’ennesimo incontro ravvicinato del terzo tipo con il nostro webmaster sono papabili candidati per la beatificazione. Per tutto quello che non sapevate di aver bisogno di sapere sul progetto, c’è la recensione del prode Guido nel nostro archivio – e nel pratico box di approfondimento qui di seguito.


Per approfondire:
Gridd: Retroenhanced

Vai, nome, progetto e nome dello studio

 

Ciao, sono Andrea Riccardi e ho lavorato su Gridd: Retroenhanced, pubblicato da Antab Studio.

 

Non ti chiedo i dettagli sul gioco perché ormai lo conosciamo a memoria [non bastasse la recensione di Guido, abbiamo zoommato anche sulla versione per Xbox One, n.d.r.]. Parlaci invece un po’ di Antab.

 

Il team è composto da me, che sono programmatore, poi c’è Andrea – quello un po’ più grande – che è il proprietario dello studio e fa più o meno tutto (programmazione, design, modellazione, eccetera). E poi c’è Lara, che è la mascotte e junior game designer. Ed è quella che cazzia la gente quando non consegna le cose in tempo per le scadenze!

 

Vado con le domande strane, tanto ormai ci siete abituati dopo il podcast. Diversi sviluppatori che hanno portato i loro titoli su Switch hanno dichiarato che è stato il loro lancio migliore: che motivazione date al fenomeno?

 

C’è una motivazione che è prettamente numerica, su Switch ci sono ancora relativamente pochi titoli. Quindi è più facile che le persone ti vedano, ed è più facile che un giocatore si accorga che ci sei. E per uno sviluppatore indipendente questo è un gamechanger, il fatto che un giocatore veda che hai pubblicato un gioco così facilmente fa la differenza. Poi la piattaforma è sicuramente innovativa e ha avuto una bella diffusione, e questo fa gioco perché visti i trascorsi tra Nintendo e le terze parti il fatto di poter avere su eShop anche titoli che non sono Nintendo porta aria nuova e può essere interessante per gli utenti.

 

Quindi secondo voi comunque è una cosa che da qui ad un anno è destinata a esaursi?

 

[qua ha preso la parola Lara, n.d.r] è difficile da dire, dipende anche molto da come si comporterà Nintendo con eShop. A me da nintendara e da sviluppatore ha fatto molto piacere vedere che sullo store c’è una sezione indie che è molto visibile, è una cosa che è ottima per noi che siamo sviluppatori ma anche per i consumatori, perché lo store ti può sempre offrire qualcosa di diverso da questo punto di vista. Poi c’è tanta apertura verso gli indie – basti pensare anche ai Nintendo Direct dedicati, ed è una cosa che viviamo molto positivamente.

 

[Il nostro Stefano, in qualità di nintendaro della delegazione, si lancia in una domanda a tema] Come vivi il fenomeno Mario+Rabbids, che è stato sviluppato da un team italiano?

 

Beh, prima di tutto è un motivo di orgoglio. Sono molto contenta per Ubisoft Milan perché è un progetto estremamente importante, è una IP importantissima quella di Mario. Sono contenta che siano riusciti a sviluppare questo prodotto e a dialogare con Nintendo a questo livello. Cioè, stiamo parlando di Mario: Mario è la faccia di Nintendo in pratica. Non posso che fargli i complimenti, hanno tirato fuori un gioco che ha soddisfatto l’utenza, ha soddisfatto evidentemente Nintendo e sicuramente anche Ubisoft.


Trovate Gridd: Retroenhanced – come detto – su Steam e Xbox Live. Al solito, sappiamo che non dovremmo schierarci ma non ce ne frega: non importa dove, ma giocatevelo, è un’esperienza assolutamente imperdibile.
Lost in the Dungeon – Eggon
Come emergere nel dungeon del Mobile
Lost in the Dungeon è un titolo per più di un verso ambizioso. Intanto l’idea degli sviluppatori è rilasciarlo in tempo per l’edizione 2017 del Lucca Comics & Games, cosa che sta comportando non pochi sacrifici per tutti gli addetti ai lavori – se non è dedizione questa, davvero non sappiamo cosa lo sia. In seconda battuta il titolo vuole uscire su mobile, ma con una filosofia fondamentalmente diverso da quello di altri prodotti del genere: prezzo fisso (niente free to play a botte di micro-transazioni) e solo in modalità giocatore singolo. L’idea è molto coraggiosa: non potevamo non molestare anche i ragazzi di Eggon quindi.


Nome di team, gioco e anche il tuo a questo punto.

Il gioco è Lost in the Dungeon, sviluppato da Eggon. L’idea nasce da me – Riccardo Zoppello – e con l’aiuto di Eggon (stiamo lavorando in 5) sto portando avanti il progetto, che dovrebbe vedere la luce per fine ottobre.

 

Parlaci un po’ del gioco

È un dungeon crawler basato su un sistema di carte, un’avventura esclusivamente PvE e che fa della personalizzazione del personaggio il suo punto di forza. Rimanete sintonizzati perché stiamo preparando una fase di beta chiusa, perché avremmo bisogno di un po’ di feedback per bilanciare il gioco – che ricordo, uscirà su mobile, senza acquisti in-app ma ad un prezzo fisso.

 

Ecco, perché questa scelta?

 

È una questione di sviluppo: inserire gli acquisti in-app avrebbe richiesto più sforzi dal punto di vista della programmazione. Siamo stati molto combattuti quando abbiamo dovuto decidere, ma nel dubbio alla fine abbiamo deciso di prendere la strada che sulla carta sarebbe stata più “comoda” dal punto di vista dello sviluppo.

 

Sempre a questo proposito, perché solo PvE lasciando fuori il multiplayer competitivo?

 

Per differenziarci dal resto degli altri giochi di carte di questo genere. Non è che schifassimo il Player Versus Player, ma abbiamo deciso di puntare sul Player versus Environment per quello. E arrivati a questo punto dello sviluppo il gioco è stato pensato in quell’ottica, per cui il competitivo risulterebbe non ben bilanciato: non escludiamo però di rilasciare una modalità cooperativa, stiamo valutando la cosa ma l’idea ci piace sicuramente molto.

1 2
Tag:

#LiveTheRebellion