4 – Evolve
La gente non sa quello che vuole
La riprova che al giocatore medio non va mai bene niente. È praticamente dei tempi di Modern Warfare 2 che sento in giro che gli sparatutto sono tutti uguali, che il genere è stato spremuto al limite e che ci sarebbe estremamente bisogno di una ventata d’aria fresca, specie sul fronte dell’online competitivo. Poi salta fuori un’esperienza nuova come Evolve, che grazie alla sua struttura asimmetrica da quattro contro uno riesce ad essere davvero divertente (e anche bilanciata in modo praticamente assoluto) e si grida al vilipendio perché ci sono 130 dollari di skin non incluse nel season pass. Modifiche quindi prevalentemente estetiche, in un gioco che essendo in prima persona probabilmente non vedrete mai più una volta equipaggiate. Evolve è in ogni caso l’esperienza online che mi ha divertito di più l’anno scorso e uno dei più grossi rimpianti del 2015 è quello di non aver trovato più tempo da dedicargli.

 

godzilla top 10 2015

Riuscite a rendermi più triste del gioco di Godzilla venduto a prezzo pieno

 

3 – Bloodborne
Se si vivesse di solo gameplay, Bloodborne vincerebbe tutto. Purtroppo il “contorno” è a tratti disastroso
Se i videogiochi fossero solo gameplay, Bloodborne probabilmente sarebbe il GOTY di quest’anno. Non tanto per le sue meccaniche di gioco (i due titoli che lo precedono sul podio non hanno nulla da invidiargli da questo punto di vista), ma per come queste vanno a costruire un’esperienza in perfetto stile Souls (mi rifiuto di parlare di “Soulslike”, l’etichetta di action-rpg riassume perfettamente quello che sono i titoli From Software) ma che spinge sull’agilità dei movimenti piuttosto che su magia ed armature. Ed è una scelta che paga parecchio sul piano ludico, visto che la soddisfazione quando si abbatte il nemico di turno, si riesce a schivare l’attacco di un boss senza prendere danno o semplicemente si manda a segno una bella combo è tanta. Purtroppo per From Software non si vive di solo gameplay e, preso atto che narrativamente hanno sempre sussurrato e giocato con quello che viene detto e quello che invece il giocatore deve intuire da solo, rimane comunque un aspetto tecnico terribilmente rozzo, soprattutto se si considera che stiamo parlando di un’esclusiva (praticamente solo Knack riesce a far peggio da questo punto di vista). L’altro grosso difetto che Bloodborne paga è l’eccessiva linearità in alcuni aspetti della progressione, dove in sostanza “l’armatura” del personaggio può tranquillamente rimanere la stessa dall’inizio alla fine dell’esperienza e le armi salgono semplicemente di livello, laddove Demon’s Souls andava a ramificarne lo sviluppo (incentivando anche l’esplorazione per trovare l’artigiano giusto per forgiare l’oggetto dei nostri desideri). Nonostante tutto, terzo posto per quella che assieme ad Infamous Second Son (più completo, ma forse meno profondo) è la migliore esclusiva di Playstation 4.

 

bloodborne top 10 2015

Si rompono giare e la luna è una parte integrante della trama, ma non è Majora’s Mask

 

2 – The Witcher 3
The Witcher 3 mi ha in pratica fatto scoperchiare un vaso di Pandora
Io ho un’unica regola [cit.]: mai iniziare una serie senza aver giocato i capitoli precedenti. Per una serie di motivi The Witcher 3 mi ha costretto ad infrangere questo mio personale comandamento, anche grazie alla scelta di CD Projekt Red di costruire la storia di questo terzo capitolo in modo da renderla digeribile anche ai neofiti (come ho scoperto dopo, è quasi più importante aver letto i libri da cui la serie è tratta per capire meglio vicende e rapporti tra i personaggi, visto che sono citati di continuo). Da li grazie allo studio polacco mi si è praticamente aperto un mondo, e dopo aver divorato il capitolo principale e la prima espansione (dannatamente ispirata dal punto di vista dello storytelling, quasi gli sviluppatori volessero sperimentare e “giocare” con la loro creatura) mi sono procurato una copia dei primi due capitoli della serie e tutto quanto partorito dalla penna di Andrzej Sapkowski sia arrivato alle nostre latitudini (grazie Kindle). A questo punto non posso che aspettare con ansia, oltre a Blood and Wine (seconda espansione delle avventure dello Strigo) anche quel Cyberpunk 2077 che da accanito lettore di William Gibson ed in generale di tutto l’omonimo genere credo abbia tutte le carte in regola per essere un’altra esperienza davvero forte. Il secondo posto è quasi a pari merito con il primo classificato, che però pistola alla tempia bisognava pur eleggere.

 

neuromante top 10 2015

Nota: aspettare Cyberpunk 2077 senza aver mai letto Neuromante è da poser

 

1 – Metal Gear Solid V: The Phantom Pain
è stata dura, ma alla fine ho deciso di premiare l’ultimo Metal Gear made in Kojima. Con buona pace di chi dice che manca il finale
Se The Witcher è una nuova conoscenza Metal Gear è quasi un amico di infanzia, quel compagno di scuola che magari finché sei sui banchi non trovi particolarmente simpatico e con cui credi di non aver niente in comune ma finite le scuole conosci più a fondo e diventa quasi una presenza fissa in casa. Di questo ultimo(?) capitolo si è parlato prevedibilmente tanto, da quell’annuncio folle che solo Hideo Kojima poteva avere il coraggio di mettere in piedi fino allo scisma tra il giapponese e Konami, passando per un finale altrettanto (se non anche di più) fuori di testa capace di spaccare letteralmente l’utenza. A questo proposito negli scorsi mesi se ne sono lette tante, tra chi (per come la vedo io parecchio a torto) accusava l’opera di essere incompleta proprio al momento in cui doveva invece tirare le fila di quasi trent’anni di narrazione e chi (qui decisamente più giustificabile) si è in qualche modo sentito “offeso” o tradito da quanto successo su schermo. Un tema su cui in pratica si potrebbe scrivere un articolo a parte, ma che al netto di queste riflessioni lascia comunque un prodotto molto diverso dai precedenti Metal Gear (e meno male che poi ci si lamenta quando gli sviluppatori vanno sul sicuro e non rischiano) ma non per questo peggiore, anzi: sul piano meramente ludico The Phantom Pain è il capitolo più riuscito della serie, e non basta il fatto che narrativamente ci sono alti e bassi e che un pezzo (ma non alla fine) effettivamente manchi per parlare di un brutto Metal Gear.

 

huey top 10 2015

Quando un gioco riesce a farti odiare così tanto un personaggio inesistente sai che lo sviluppatore ha fatto un ottimo lavoro

 

Menzione Speciale – Call of Duty Black Ops III
Ho preferito diversa altra roba, però le critiche rivolte a Black Ops III sono sinceramente esagerate
Eh ma la campagna fa schifo (abbastanza vero). Eh ma hanno copiato in giro e non c’è nulla di originale (vero). Eh ma è sempre la stessa cosa (qui anche no). Analizzando queste tre critiche punto per punto verrebbe da dire che alla fine la campagna non è mai l’attrazione principale in un CoD (e a “far schifo” è più la narrativa che la parte giocata), che dopo Titanfall è impossibile tirar fuori uno sparatutto che vuol essere frenetico ed arena senza includere jetpack e parkour (tra parentesi non mi pare che Titanfall sia stato criticato per il riciclo di alcune idee prese dai vecchi CoD della fu Infinity Ward, però come al solito due pesi e due misure) e che non è per niente la stessa cosa, soprattutto se guardiamo ai precedenti due capitoli. Per quanto gli abbia preferito diversa roba uscita quest’anno stiamo comunque parlando del miglior Call of Duty uscito negli ultimi 4 anni (se non di più), motivo per cui ho ritenuto tantissime critiche francamente esasperate e ho voluto dedicare allo sparatutto di Activion la menzione speciale di quest’anno. Chi pensa il contrario forse è il caso che vada a riguardarsi quali sono davvero i capitoli brutti della serie

 

Oltre alla menzione speciale quest’anno c’è un’altra nomina simile ma per certi versi opposta, che ho deciso di assegnare ad un titolo non brutto ma che sicuramente mi ha lasciato un po’ di amarezza. In uno slancio di demenza pre-senile ho deciso di chiamare questa posizione “Minzione Speciale”.
 

Minzione Speciale – Star Wars Battlefront
Non un brutto titolo (anzi), però EA ci ha messo troppo lo zampino
Come detto, Battlefront non è assolutamente un brutto gioco e anzi, per quanto da DICE mi aspettassi un prodotto più in linea con Battlefield (e invece il risultato finale è stato uno sparatutto pensato anche per i neofiti del genere) l’ho trovato decisamente divertente, sia online che per quanto riguarda lo split-screen (grazie alla modalità che mette due eroi uno contro l’altro). A non andarmi bene (lasciando perdere il gameplay delle battaglie spaziali, parecchio sottotono) è la solita gestione dei DLC di EA, che vede al lancio appunto solo 6 eroi (tre per i buoni e altri tre dalla parte del Lato Oscuro) e mi suona tanto come una presa in giro. Ad ogni modo DICE quest’anno non esce benissimo dal confronto con Treyarch (anche dal punto di vista della critica internazionale da una parte CoD ha un metascore di 81 e dall’altra Battlefront si ferma a 73, abbastanza in linea con quello che è il mio pensiero), e con il materiale che gli svedesi avevano a disposizione è davvero un peccato. Visto che si è parlato di sequel mi aspetto che la prossima ciambella riesca col buco, anche se continuo a coltivare la segreta ambizione che prima o poi qualcuno decida di dare Una nuova speranza a Knight of the Old Republic.


 

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