È anni che senti di come Suda51 sia il Quentin Tarantino dei videogiochi. Invece è disfunzionale, incostante, incoerente. È Nicolas Cage.

Estate 2009. Wii è entrata nella tua vita da un bel po’. È passato quasi un anno da quel primo incontro in un aula film – o era un laboratorio? – durante un’occupazione studentesca. O forse era una di quelle giornate di fine anno dove il prof non c’ha cazzi di fare lezione. Non ti ricordi, ma ti ricordi che l’entusiasmo che dopo aver provato mezz’ora di Wii Sports t’ha fatto comprare la macchina è finito da un pezzo. Sei disperatamente alla ricerca di qualcosa che non sembri un titolo così infantile da farti sentire a disagio nei tuoi diciassette-anni-quasi-diciotto.

Quasi per caso ti imbatti in No More Heroes. Quasi per caso te ne innamori

No More Heroes è la vita vera che entra dietro lo schermo. Uno Shenmue per neet, una caricatura rumore e furore che ad un certo punto pigia il tasto muto. Ti lascia nell’open world di Santa Destroy, free-roaming scialbo quanto può essere scialbo un free-roaming su Wii. Niente collissioni, niente interazione coi personaggi, niente attività. Solo la necessità di tirare a campare facendo un lavoro che ti fa schifo finché non hai accumulato abbastanza soldi per la prossima Boss Fight. È orribile. Noioso. Geniale.

È vero, soprattutto. Ed è la prima volta che pensi che un videogioco sia così vero, perfetta mimesi di esistenze mediamente piatte con l’acuto di qualche boss fight stravagante. Non c’è il fascino liturgico di Fumito Ueda, no: è qualcosa di più punk, unghie che stridono su una lavagna dove il prof ha scritto la formula, copiandola dal manuale di Game Design. No More Heroes è un dito medio alzato al medium. È Dio che s’è fatto Noia. Solo un visionario potrebbe concepire un’idea del genere. È la prima volta che vedi Suda51 e tu, proprio tu che non credi nel colpo di fulmine, rimani folgorato.

Ti innamori di quei personaggi macchietta così esagerati che sembra quasi d’essere a teatro, ok. È la parte di cui è facile innamorarsi. Nemmeno un’amnesia può cancellare una Boss Fight contro un bidello che ha addosso un’armatura alla Iron Man. Ti innamori della colonna sonora, Beam Katana Chronicles sarà la tua suoneria per anni. Finché avrà un senso personalizzare la suoneria del telefono in pratica. Ma soprattutto ti innamori di tutto quello che c’è di sbagliato in No More Heroes. Tutto quello che non è videogioco, non dovrebbe esserlo. Ma in No More Heroes lo è.

È improvvisamente maggio 2010 e sei di nuovo da OpenGames

L’uomo con i pugni di ferro È un film del 2012 che nasce nel 2003. RZA passa un mese sul set di Kill Bill e cerca di copiare Tarantino. Ecco, quando penso a No More Heroes 2 mi sento così. Ma mi sento così soprattutto quando penso a Killer is Dead.
No More Heroes 2 surclassa il primo capitolo. Ha tolto tutte le cose pallose, tutte quelle perdite di tempo che lo rendevano meno videogioco. Lo giochi, e te ne rendi conto. Solo che senti un fastidioso rumore di fondo. Perché in qualche modo non suona bene come No More Heroes. E non capisci perché. È troppo presto per arrivarci, diciannove anni non sono tanti in più che diciotto. E se a diciannove anni un pezzo in seconda persona che parla del tuo rapporto con Suda51 non l’avresti mai nemmeno immaginato, come potevi capire? Lo capirai tre anni dopo, fulminato di nuovo quasi per caso mentre giochi Killer is Dead. Se Davvero Suda51 è Tarantino, beh, Tarantino è morto dopo No More Heroes. E tornera redivivo solo con Travis Strikes Again agli inizi del 2019.

Tutto quello che c’è in mezzo c’è stato venduto come l’opera di Suda51, ma non lo era. Era il Produttore Esecutivo, il Direttore Esecutivo, cose del genere. Paroloni per ammantare il fatto che ha fatto un cenno con la testa ed è tornato a contare i soldi. Te ne accorgi giocando Killer is Dead. Perché Killer is Dead è L’uomo con i pugni di ferro. Il generico da farmacia, quell’imitazione che compri convincendoti che “tanto pure Calvin Klein fa tutto in Cina“.

È quello che resta di un’opera se togli l’autore, che assomiglia tanto a quello che succede ad un corpo quando la vita lo abbandona. È ancora lì, è ancora lui. Ma qualcosa è evaporato per sempre.

Stacco. È il 2019 e Suda è risorto

Stai giocando Travis Strikes Again. Ne stai scrivendo, quindi sei obbligato a fare i conti con quello che succede dall’altra parte di quello schermo 720p con due Joy-Con pronti a driftare. Tempo per un’ultima epifania. Proprio perché sei obbligato a fare i conti con Travis Strikes Again, sei obbligato a capire se il gioco è un buon gioco o Goichi Suda è solo un gigantesco paraculo. Solo che non sai rispondere. Non sai rispondere nemmeno adesso. È come cercare di capire se Nicolas Cage è un genio o è un cane. Non puoi.

Come fa un artista ad essere così disfunzionale? Forse è proprio l’essere disfunzionale che fa di lui un artista. Non è il genio sensibile di Ueda che parla attraverso il vuoto. Non è nemmeno quello brillante di Hideo Kojima.
È esattamente il contrario, per certi versi. È usare il pensiero laterale per farla annusare al giocatore e poi lasciarlo solo col suo desiderio.

Ti odio, Goichi Suda.
Ma allo stesso tempo non posso fare a meno che giocare qualunque cosa ti graviti attorno.

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