Quinto posto: Hatoful Boyfriend
I piccioni sono sporchi, portano le malattie e invadono le nostre piazze. Ma sono anche protagonisti perfetti per l’otome che non ti aspetti. Ambientato in un futuro distopico dove gli uccelli si sono evoluti e governano il mondo, saremo protagonisti di intrecci amorosi interrazziale, fra tante risate, amori proibiti e molti doppisensi più o meno velati. Dove questa visual novel esplode, è nella sua seconda parte, con un cambio improvviso di registro che merita di essere scoperto ed apprezzato. E’ disponibile anche una nuova espansione, che a causa dei mille impegni, lavorativi e non, aspetta di essere giocata e gustata come il titolo originale. Se siete alla ricerca di un titolo stravagante e amate gli uccelli, Hatoful Boyfriend è sicuramente quello che fa per voi.

 

Quarto posto: Azure Striker Gunvolt
Quando si ritrovano Inti Creates (gli autori della serie di Mega Man Zero) e Keiji Inafune, il successo è assicurato: Azure Strike Gunvolt è un side scrolling che omaggia i grandi titoli degli anni ’90. Sarebbe stato molto semplice per farla franca clonare la formula originale di Mega Man Zero, ma l’operazione di svecchiamento di un genere operata con Gunvolt riesce a creare un action platform fresco e divertente. Lo stile anime dei disegni, unito ad un comparto sonoro di prim’ordine (impossibile smettere di ascoltare il brano Resurrection, cavallo di battaglia della OST), donano al gioco quel sapore epico che l’avventura richiede.

Ottimo anche il fratello minore, Mighty Gunvolt, rilasciato gratuitamente per un periodo limitato di tempo, un demake 8-bit delle avventure di Gunvolt in un crossover che vede fra le altre anche la partecipazione di Beck (il futuro erede del Blue Bomber di casa Capcom) da Mighty No. 9, in un titolo che riesce a per un attimo a trasportarci indietro nel tempo e a farci rivivere le gioie e i dolori della golden age del platform 2D.

Terzo posto: Ori and the Blind Forest
Per dimostrare che non si vive di solo gameplay e che anche un platform 2D può vantare una storia profonda e toccante ci pensano i Moon Studios con il loro Ori and The Blind Forest. Ori gioca sporco, distruggendo i sentimenti del giocatore nel suo prologo, con un fast forward che ci racconta le vicende di Ori e di Naru e ci introduce ai due protagonisti, in un vortice di emozioni, secondo (forse) come drammaticità ai primi minuti di UP.
Scremato della sua drammaticità, la struttura di Ori è quella di un buon metroidvania, che mescola varie situazioni di gameplay, con un risultato che definire solido ed appagante è riduttivo. Non manca purtroppo qualche sbavatura sulla strada di Ori, complice una difficoltà che con i suoi picchi assurdi ed insensati, mette in crisi anche i giocatori più navigati. Ma vista la qualità complessiva dell’opera, è un difetto di gioventù che riusciamo piacevolmente a perdonare.

 

Secondo posto: Life is Strange
Per merito (o colpa) di TellTale, le avventure grafiche punta e clicca  sono tornate in auge negli ultimi anni, spingendo molti a cavalcare l’onda del successo. Fra questi ci sono i francesi Dontnod Entertainment, che dopo aver dato dimostrazione delle loro abilità con lo sfortunato Remember Me, ci riprovano.
Life is Strange è uno dei progetti più interessanti e riusciti del 2015, che da a mani basse una lezione di stile (e bravura) agli stessi TellTale o a David Cage, uno dei portabandiera del videogioco come film interattivo. Life is Stange dal punto di vista della costruzione è un telefilm che segue alla lettera lo schema della serie tv perfetta: ottimi tempi narrattivi, i giusti colpi di scena e i cliffhanger a fine episodio, capaci di tenermi incollato al successivo, riflettendo sui possibili risvolti della trama. Life is Strange è un concentrato di “feels”, ogni azione, ogni scelta produrrà un effetto sulle successive (il così detto effetto farfalla), con cambiamenti più o meno importanti ai fini della storia. Anche il potere di Max (la protagonista), la possibilità di riavvolgere il tempo per plasmare così a proprio vantaggio le vicende, è ben introdotto e mai forzato diventando il punto focale di tutto il gameplay.
Nonostante tanta bellezza però, Life is Strange inciampa in quel finale che mi ha tenuto sveglio fino alle 4 di notte del giorno del rilascio (un piccolo sforzo fatto per evitare ogni forma di spoiler) e che va vanificare ogni scelta fatta, con una mossa un po’ contraddittoria e paraculo, che indirizza il giocatore verso uno dei due finali possibili, i quali con molta fatica sono riusciti a digerire, e che a distanza di mesi mi fanno esplodere in vivaci discussioni. Ed è proprio il fatto di trovarmi dopo tempo a continuare a parlarne che mi fa capire la bontà del progetto, e la voglia di veder nuovamente all’opera il team francese con una nuova produzione, sia questo Life is Strange 2 o un’IP inedita.

 

Primo posto: Her Story
Fra le uscite di quest’anno, Her Story è stato un recupero dell’ultimo minuto. Uscito durante l’estate e snobbato più per ignoranza che per altro, l’illuminazione è avvenuta durante la premiazione degli scorsi VGA, non tanto per i premi ricevuti ma per aver scoperto tardivamente chi si nasconde dietro il gioco: Sam Barlow. Ed è stato proprio l’amore per il suo “Silent Hill meno Silent Hill di sempre“, Shattered Memories, a farmi mettere in panchina tutto quello che stavo facendo per fiondarmi a capofitto sulla sua nuova avventura. Definire e sbattere Her Story in un genere è difficile, perché ci troviamo di fronte ad un’enorme puzzle narrativo, dove la ricostruzione della storia che fa sfondo alle vicende sarà talmente singolare e personale che varierà da giocatore a giocatore in base alle scelte e alle capacità deduttive del soggetto. Her Story è un titolo sperimentale, forse uno dei più azzardati degli ultimi anni, che va a ripescare le vecchie avventure degli anni ’90 basate sull’uso dei FMV. Un lungo interrogatorio frammentato in più parti, che toccherà a noi ricostruire stando ben attenti ai dettagli che ci verranno forniti dalla magistrale interpretazione di Viva Seifert (che le è valso un riconoscimento ai VMA).
Al tempo stesso Her Story è un titolo furbo e provocatorio, che sfrutta l’ambiguità della sua narrazione fino alla fine, lasciando il giocatore con in mano un pugno di mosche. Per la breve durata del gioco non verrà mai svelata tutta la verità su quello che è accaduto realmente (resto sul vago per non rischiare di pronunciare anche solo una sola parola che potrebbe rivelare qualcosa) o su i suoi protagonisti, lasciandoci con il seme del dubbio e la voglia di formulare le più improbabili congetture su un “finale” che in realtà non c’è.

 

Posizioni bonus:
 

Il 2015 è stato un anno veramente ricco, e solo 10 posizioni vanno strette per i titoli giocati, quindi mi sento in dovere di aprire una parentesi per altri 2 titoli da inserire “ad honorem” in questa classifica.

Broken Age
Se Tim Schafer torna sul genere che lo ha consacrato è impossibile rimanere impassibili di fronte a questo “evento”. Broken Age riesce a mantenere tutte le aspettative, con un’avventura punta e clicca che più classica non si può. L’unico punto a suo sfavore, che con molta probabilità gli è costato un posto in top è stato lo svolgimento della seconda parte, soprattutto nelle fasi finali, troppo frettolose e vaghe, tanto da far presagire un terzo capitolo che purtroppo non arriverà mai (il 2015 è stato per me un anno conflittuale con molti finali).

 

BOXBOY!
L’altro posto è condiviso da un “piccolo titolo” ma che è stato un grande passatempo su Nintendo 3DS: BOXBOY!. HAL Laboratory mette da parte il buon Kirby e si ingegna per creare un titolo a metà strada fra il platform 2D e il puzzle game, riuscendo a tirare fuori dal cilindro un’esperienza divertente e cervellotica al punto giusto, perfetta per riempire quei momenti vuoti della giornata. L’uscita in Giappone di un seguito ancora non annunciato per l’occidente riaccende la voglia di nuovi enigmi da risolvere insieme allo spigoloso Qbby.


 

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