Recensione Her Story

Nel 1994 una donna inglese viene interrogata dalla polizia sette volte a seguito della scomparsa del marito. Gli interrogatori sono stati videoregistrati e sono rimasti nel database informatico della polizia. Anni dopo, un utente senza nome, forse un detective specializzato in cold cases, riesuma quelle testimonianze, le studia, le analizza, cerca di rimettere a posto i pezzi di una storia più complicata di come all’apparenza possa sembrare. La storia di lei. Her Story.

Versione Testata: PC

Sette interrogatori ed un database
Questa è la premessa del nuovo lavoro di Sam Barlow, autore non particolarmente prolifico ma in grado di sfornare opere intellettualmente complesse, profonde, capaci di lasciare il segno come Aisle e Silent Hill: Shattered Memories. Come i due precedenti lavori, Her Story è un titolo che sperimenta nuovi tipi di storytelling e tenta di spingersi oltre i normali confini di ciò che troviamo nel mondo videoludico. All’avvio del gioco ci troviamo di fronte alla schermata di un pc in stile simil-Windows 95. Da qui avremo accesso al database delle interviste, che dovremo esplorare per portare avanti la nostra indagine. I sette interrogatori di Hannah Smith sono stati infatti conservati nella forma di piccoli spezzoni di durata variabile, da poche decine di secondi ad interi minuti, ed indicizzati secondo le parole pronunciate dall’indiziata. Sarà compito del giocatore effettuare le varie query nel database utilizzando nomi, parole chiave e così via, nel tentativo di portare alla luce le porzioni più rilevanti degli interrogatori e di farsi un’idea sulla vicenda. Nella finzione del gioco l’intero sistema informatico risale al 1994 ed è quindi fortemente limitato: per ogni nostra ricerca il sistema mostrerà soltanto i primi 5 video risultanti da una determinata parola chiave, e la sfida sarà quindi cercare nuove parole o combinazioni di parole adatte a svelare ogni video.

Come un vero detective
Hannah, interpretata magistralmente dall’attrice Viva Seifert, è un narratore inaffidabile. Si percepisce fin da subito che non ha detto tutta la verità sulla vicenda, che in alcune interviste nasconde elementi della storia e che forse mente su altri. Ben presto Her Story si trasforma in un vero e proprio meta-gioco investigativo: ci si ritrova armati di penna e taccuino davanti al pc, intenti a segnarsi nomi, date, avvenimenti, riferimenti, informazioni utili per indirizzare le ricerche successive, ma anche a studiare la mimica della donna, i suoi comportamenti, il suo modo di parlare, il trasparire delle emozioni dalle sue espressioni. In quel video è spaventata per ciò che potrebbe essere successo al marito o è preoccupata di ciò che potrebbe scoprire la polizia? Ed in quell’altro video mostra un personalità naturalmente solare o sta flirtando col detective, magari per ottenere la sua simpatia? Ed ancora: le piccole discordanze, errori, segnali rilevatori: il giocatore si ritrova rapidamente catturato dal meccanismo messo in atto da Her Story al punto da immaginarsi come il classico detective dei film americani, con barba di tre giorni, tazza di pessimo caffè solubile e posacenere pieno di cicche, intento a passare l’ennesima notte insonne di fronte ai video, per risolvere un caso intricatissimo.

La storia di lei, vista da noi
Tutto ciò non sarebbe possibile, ovviamente, se la qualità della trama imbastita da Sam Barlow non fosse altissima: mai banale, assolutamente matura, narrata in un modo inedito ed avvincente e soprattutto completamente aperta alle interpretazioni del giocatore. Quando viene raggiunta una certa percentuale di visualizzazione dei video compare un prompt che chiede al giocatore se ritiene di aver visto abbastanza e di ritenersi soddisfatto di ciò che ha scoperto. In caso di risposta negativa il gioco continuerà alla scoperta dei rimanenti video, altrimenti partiranno i titoli di coda. Anche “completando” il titolo, visualizzando ogni singolo filmato disponibile, la “soluzione dell’enigma” non viene mai proposta al giocatore, lasciandolo libero di credere all’idea che ha personalmente sviluppato nel corso dell’indagine: una scelta coraggiosa e che sicuramente spronerà i fan a continuare a parlare di Her Story per mesi, forse anni. Questo è anche il messaggio nascosto in Her Story: siamo noi che con le nostre esperienze pregresse, le nostre impressioni, perfino i nostri pregiudizi filtriamo e plasmiamo la realtà che ci circonda; quella che definiamo come “verità” spesso è solo la nostra personale verità. Siamo liberi di credere in essa, di difenderla, di argomentarla, ma quelle altrui hanno esattamente lo stesso valore e la stessa dignità.

Un FMV game, direttamente dagli anni ’90
Date le sue caratteristiche peculiari Her Story non presenta un comparto audiovisivo tradizionale e non è analizzabile secondo i consueti canoni. La maggior parte del gioco è costituita dai filmati FMV delle interviste, mentre l’unica interfaccia presente è quella del sistema informatico, che ricalca quelle tipiche della metà degli anni ’90. Lo stile è assolutamente in linea con quello dell’epoca di riferimento ed anche nella presentazione dei filmati si è usata l’accortezza di usare filtri che simulino l’invecchiamento delle registrazioni. Allo stesso modo la musica è quasi assente dal gioco, non compare mai durante gli interrogatori e sbuca fuori con piccoli pezzi poco intrusivi durante le fasi di ricerca. A farla da padrone dal punto di vista della presentazione del prodotto è comunque l’incredibile prova recitativa di Viva Seifert, in grado di dare vita ad un personaggio sfaccettato e complesso come Hannah, a far trasparire le sue emozioni, i suoi tentennamenti, i suoi atteggiamenti in modo realistico e credibile. Per motivi strettamente legati al motore di ricerca interno, basato sulle parole pronunciate durante gli interrogatori, Her Story è disponibile esclusivamente in lingua inglese, con possibilità di attivare o disattivare sottotitoli, anch’essi in inglese. Per quanto riguarda la durata dell’avventura, un bravo investigatore potrebbe arrivare a vedere i titoli di coda in 2 ore ed a visionare ogni singolo filmato in 3 ore e mezza. La rigiocabilità è praticamente inesistente, ma non è da escludere che alcuni giocatori potrebbero farsi prendere dalla foga di validare le proprie teorie e rivedere ossessivamente i numerosi filmati. Per quanto corta, l’esperienza è coerente con il prezzo proposto: per 5€ potreste, ad esempio, vedere al cinema film di 2 ore ben peggiori della storia ideata da Barlow.

Verdetto
Si
Altro che True Detective
Commento
Chiaramente non un titolo per tutti, Her Story è esplicitamente indirizzato verso tutti quei giocatori che hanno una concezione più artistica e sperimentale del videogioco. Effettivamente di gioco qua c'è ben poco, e ci troviamo di fronte quasi più ad un film interattivo. Le meccaniche che si vengono a creare al di fuori dello schermo, però, sono indubbiamente ludiche, ed unite all'altissima qualità della storia narrata, della recitazione e del messaggio proposto, rendono Her Story un must per un certo tipo di pubblico. Un nuovo centro per Sam Barlow.
Pro e Contro
Approccio innovativo allo storytelling
Meccaniche meta-ludiche assuefacenti
Storia matura, intrigante ed aperta alle interpretazioni
Grande recitazione della Seifert

x Non un titolo per tutti
x Disponibile solo in inglese
x Difficilmente lo rigiocherete

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