Vogliamo iniziare questo articolo esprimendo un concetto banale, talmente scontato che spesso si fa l’errore di non tenerne conto: il medium videogioco negli anni è cambiato e sta ancora cambiando. Sotto il profilo economico, che ha permesso alla nostra industria di diventare un vero e proprio mercato con cui fare i conti, ma soprattutto da un punto di vista tecnologico. E volente o nolente quindi è cambiato e sta ancora cambiando tutto il “circo” che contorna i videogiochi, non più fatto di sole notizie e recensioni pubblicate online dalle testate di riferimento, ma mare in tempesta su cui provano a navigare anche nuove realtà e nuovi contenuti. Bethesda nelle scorse ore ha annunciato la decisione di non fornire più con un certo anticipo copie in anteprima dei suoi titoli alla stampa di settore e ai vari influencer.

Il prezzo del progresso
Non lo scopriamo certo oggi (come dicevamo in apertura), i videogiochi negli anni si sono evoluti diventando più complessi. Nel giro di una ventina di anni si è passati dalle due alle tre dimensioni, e al crescere delle capacità computazionali delle varie macchine da gioco sono cresciute di pari passo le dimensioni di un titolo, il suo dettaglio visivo ed i contenuti che è possibile offrire (e che ormai, lecitamente, ci si aspetta di ritrovare su disco). Il primo e immortale Super Mario Bros. poteva essere portato a termine in circa tre ore scarse, non offrendo poi particolari extra una volta portata a termine l’esperienza, al netto della sua estrema rigiocabilità; oggi siamo praticamente abituati a considerare poco longevo un titolo che, nel mercato tripla A, rimanga al di sotto della soglia delle dieci ore di intrattenimento. Spesso e volentieri poi su disco si trovano extra più o meno corposi a contorno dell’esperienza principale, modalità multigiocatore online (cooperative o competitive che siano) o quest ed attività secondarie. Questi progressi, però, hanno un prezzo: rischiando di nuovo di dover ribadire l’ovvio, un progetto più complesso richiede sicuramente più tempo e risorse per essere realizzato. Ed in questo senso quindi è sicuramente più facile incappare in qualche complicazione imprevista e rimanere indietro sulla tabella di marcia, o in altre parole essere costretti a rinviare la data di uscita prevista per il titolo anche solo di qualche mese. Ne sa sicuramente qualcosa Sony Interactive Entertainment (che per anni abbiamo conosciuto come Sony Computer Entertainment, ecco di nuovo i tempi che cambiano), che quest’anno si è vista costretta a posticipare buona parte della sua lineup, da Uncharted 4 fino al chiacchieratissimo The Last Guardian. Ma queste difficoltà di pianificazione non si sono tradotte solo in una serie di rinvii, che rimangono comunque una soluzione estrema a cui ricorrere solo in ultimo appello: sono sicuramente più diffusi, se non ormai praticamente la regola, i casi che vedono la necessità di scaricare una patch al day one del titolo che contiene tutti gli aggiustamenti e le modifiche cui gli sviluppatori hanno lavorato durante la cosiddetta Fase Gold, quando il titolo in pratica diventa “spedibile” e viene effettivamente scritto sui dischi che poi vengono acquistati nei negozi.

Cosa c’entra tutto questo con Bethesda? C’entra perché sempre più spesso capita che la stampa specializzata, che per fornire delle recensioni esaustive entro la data di uscita del gioco deve giocoforza riuscire a giocarlo prima (o quantomeno, dovrebbe), si ritrova tra le mani quella che di fatto è una versione magari molto vicina a quella che poi conoscerà il giocatore all’uscita, ma soffre di problemi che poi la patch del day one va a risolvere o è mancante di alcune feature (che possono anche essere attivate direttamente al lancio del gioco, senza che gli addetti ai lavori possano testarle). È successo per esempio con il recentissimo World of Final Fantasy, il cui accordo di non divulgazione scadeva a livello internazionale ieri (e, di conseguenza, ha permesso a noi e ad altre testate di pubblicare la recensione del titolo) seguito a poche ore di distanza da una patch, di cui giocoforza, al momento, le recensioni pubblicate non tengono conto nell’esprimere il loro parere. Più indietro è capitato anche che aspetti corposi del gioco non fossero accessibili durante la fase pre-lancio in cui redattori ed influencer mettono mano al titolo, con il risultato di dover poi tornare sull’argomento una volta sviscerata a dovere la componente (è stato il caso, per esempio, di Halo 5: Guardians), o ancora che la feature fosse tecnicamente disponibile, ma di fatto inutilizzabile a causa della scarsa presenza di giocatori sui server, come ci è personalmente capitato nel caso di Tricky Towers (a dimostrazione che il mercato indie non è comunque del tutto impermeabile a problemi di questo tipo), fortunatamente poi “salvato” dalla Instant Game Collection di PlayStation Plus.

I vantaggi della globalizzazione
Tutto è più globalizzato, anche l’
informazione
L’altra linea su cui questa riflessione si sviluppa, lo accennavamo nell’introduzione, è che è cambiato anche tutto il “contorno” al medium videoludico ed il rapporto tra le software house e la loro utenza si è fatto più diretto. Non solo grazie ai social network, dove non è infrequente riuscire a fare direttamente allo sviluppatore di turno qualche domanda sul titolo che stanno confezionando, ma anche grazie al proliferare di appuntamenti fieristici, dedicati al settore o meno, e al sempre più facile accesso a questi (al giorno d’oggi è sicuramente più semplice organizzare una trasferta, anche fuori dai confini nazionali, per andare ad una Games Week o alla Gamescom, l’evento principale per il territorio europeo). Per i giocatori che rimangono a casa poi è già da diversi anni possibile seguire tranquillamente questi appuntamenti in streaming, e ultimamente in questo senso si sono riscritte anche leggermente le regole riuscendo a trasmettere anche diverse ore di gameplay giocato dal vivo su Twitch o su altri canali simili. E come dicevamo anche le fonti da cui poi leggere le notizie cambiano e proliferano, tanto da dare un eco sicuramente più forte ad interviste, dichiarazioni e a tutto il materiale rilasciato prima dell’uscita del titolo (nel bene e nel male, come ha imparato a sue spese qualche mese fa Sean Murray dopo il lancio di No Man’s Sky). Insomma: non ci si informa più principalmente leggendo le recensioni del proprio portale preferito (che rimangono, comunque, un punto di riferimento per il lettore, specie quando incontra un redattore che ha un palato affine al suo), ma si viene bombardati di notizie e si riesce quindi a conoscere i prodotti per cui si prova interesse prima del lancio anche se viene a mancare un parere “autorevole”.

Atto di forza o atto dovuto?
Riassumendo velocemente: da una parte quindi è sempre più difficile “servire” chi fa informazione videoludica mettendolo nella condizione di provare il prodotto finito con un certo margine sull’uscita nei negozi. Dall’altra parte invece è diventato più facile comunicare con la propria fanbase, che quindi riesce a farsi un’idea del titolo entro il day one anche a prescindere da quanto pubblicato dalle varie testate. Bethesda non ha fatto altro che prendere atto di tutto questo e agire di conseguenza. Muovendosi in questo modo gli addetti ai lavori, quelli che poi come noi hanno il compito di preparare le recensioni che l’utenza andrà a leggere, possono lavorare con la consapevolezza di avere tra le mani la stessa esperienza che poi anche i loro lettori troveranno una volta inserito il disco nella console o scaricato il titolo da Steam, mentre dall’altra parte non si è comunque sottovalutata la difficoltà dell’utente che, prima di mettere mano al portafoglio, vuole essere (giustamente) rassicurato da quelle fonti che ritiene attendibili. È molto importante infatti una delle ultime frasi scritte dalla casa di Fallout e The Elder Scrolls (ma anche degli ottimi Doom e Wolfenstein: The New Order) nel post pubblicato sul suo sito: la necessità di voler leggere comunque delle recensioni non è sottovalutata, tant’è che comunque i vari portali saranno comunque messi in condizione di poter dire la loro, e se l’appassionato lo ritiene necessario Bethesda incoraggia ad aspettare l’opinione del suo portale di riferimento. Una presa di posizione che, pur essendo dettata dai tempi che cambiano, è a nostro parere onesta da parte del pubblisher, e pertanto non può essere che giusta così.

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