Trilioni di pianeti diversi, un numero interminabile di creature a generazione procedurale e un’avventura che spinge l’uomo (e il videogioco) la dove nessun titolo è mai giunto primaNo Man’s Sky prometteva di essere questo e molto altro, spingendo con decisione sugli immaginari tipici della fantascienza e sull’eterno bisogno di scoperta insito nel cuore di ogni essere umano. Curiosità, esplorazione e spirito d’avventura erano le parole chiave del titolo di Hello Games, un gioco che faceva dell’imprevedibile il suo cardine e del fascino il suo motore perpetuo; l’odissea degli sviluppatori nel tentativo di portare No Man’s Sky sugli scaffali, tuttavia, è passata attraverso una serie di “sfighe” non indifferenti, che non sembrano essersi concluse anche quando il gioco è finalmente arrivato nelle nostre case. È indubbio, arrivati a questo punto: No Man’s Sky ha letteralmente spaccato l’utenza in due, mettendo da una parte i più grandi estimatori del titolo e dall’altra i suoi più accaniti oppositori. Resta da chiedersi, alla luce di tutte le notizie affiorate di recente, cosa abbia portato i calmi e pacati videogiocatori di oggi e domani al punto di inviare minacce di morte a Sean Murray e al suo team, e cosa continui a indignarli ancora oggi, dopo un mese dall’uscita del gioco.

 

 

Come sempre, Galeotta fu la divisione dell’utenza e chi la provocò, permettendo a due dei redattori di unirsi per analizzare il fenomeno secondo diversi punti di vista. Va detto, per correttezza: in questo articolo si entrerà nei meriti e nei demeriti del gioco, ma si toccheranno inevitabilmente sensazioni soggettive riguardanti No Man’s Sky e l’esperienza che ha saputo fornire. Per una copertura più “istituzionale” del titolo vi rimandiamo alla nostra recensione, ad opera proprio di uno dei due autori di questo articolo.

Ma ciancio alle bande, mettiamo in tasca un po’ di Antimateria e vediamo di ricaricare la nostra Iperguida. Sarà un viaggio lungo e contorto.

 

Vittima dell’hype?

Le “colpe” del marketing per Pietro Iacullo

 

Basta lamentele inutili: la colpa non è di chi ha saputo vendere il titolo nonostante i difetti
Una delle critiche che gli estimatori di No Man’s Sky rivolgono a quelle frange di utenza che si sono sentite “truffate” da Sean Murray riguarda le aspettative esagerate attorno al titolo. L’accusa è quella di aver messo mano al portafoglio sull’onda dell’eccitazione del momento – o magari spinti dalle manovre di marketing dedicate da Sony Playstation alla creatura di Hello Games – ma, in ogni caso, senza essersi prima informati a dovere su quello che No Man’s Sky voleva essere, per poi lamentare, pad alla mano, una marcata differenza tra quello che c’è su disco e quello che invece ci si aspettava di trovarci. A questo proposito va premesso che non c’è nulla di sbagliato nella macchina del marketing e che è assolutamente legittimo andare a creare e fomentare interesse attorno al proprio titolo, a patto di riuscire poi a giustificare questo circo (compito che più che a Sony, spettava ad Hello Games): da questo punto di vista la casa giapponese ha fatto ampiamente il suo dovere, pubblicizzando in modo efficace una delle sue “console exclusives” e riuscendo a rendere No Man’s Sky il titolo più scaricato su Playstation Store ad Agosto nonostante il fiume di critiche sollevate. La colpa, semmai, ricade sulle parole spese dallo stesso Sean Murray in diverse apparizioni pubbliche, dove di fatto lo sviluppatore è andato a promettere feature e meccaniche che nel gioco completo poi si sono ritrovate ai margini dell’esperienza o non vi hanno trovato direttamente posto. A questo proposito non possiamo che citare un famoso post comparso su Reddit, rimosso dall’autore ma comunque sopravvissuto e ancora consultabile, dove le dichiarazioni di Murray sono state passate letteralmente al setaccio facendo emergere una quantità (a tratti allarmante) di caratteristiche rimosse o ridimensionate. Ci limiteremo a citare solo quelle che, come vedremo a breve (e come già detto in sede di recensione), hanno impedito al titolo di mantenere la tensione e gli aspetti survival che ne caratterizzano le prime ore, rendendo il tutto praticamente saldato ad una routine che il giocatore non è costretto a, e non ha nessuno stimolo per, abbandonare di tanto in tanto.

 

no man's sky galeotto

 

Il Gameplay nello spazio è quello più colpito dai vari dietrofront di Hello Games
La componente del titolo che ha più subito l’effetto di questi cambi in corsa è senza dubbio quella legata alle navicelle spaziali: oltre alla possibilità di atterrare sugli asteroidi, doveva infatti essere possibile attaccare e distruggere le navi cargo presenti in orbita, che nel gioco completo appaiono in numero minore a quanto visto in alcuni filmati e perdono la possibilità di essere interessanti, limitandosi ad elargire una certa quantità di risorse quando ne si danneggiano alcuni punti e rendendo decisamente più agevole la fuga (anche considerato che, una volta distrutte le poche navicelle che intervengono a difenderle, la loro staticità rende molto facile sottrarsi al fuoco). Doveva essere possibile distruggere anche le basi spaziali, possibilità che avrebbe reso l’interazione con queste meno legata a binari e complessivamente più realistica (ora come ora infatti ci si avvicina all’ingresso e si entra in modo abbastanza pilotato, ed in ogni caso non è possibile schiantarsi contro la superficie). Ma sono in generale i controlli della navicella ad essere stati impoveriti rispetto a quanto visto in alcuni filmati: per quanto possa trasparire ancora un taglio decisamente arcade dato a questo aspetto, tutto quello che viene mostrato nei video sembra essere più fluido e naturale nei movimenti, e complessivamente più interessante da giocare. Non a caso, infatti, originariamente l’idea di Hello Games era quella di introdurre delle vere e proprie classi per i velivoli, andando a marcarne maggiormente le differenze: a gioco finito qualcosa di questo aspetto è sopravvissuto, e si può vedere come le varie navicelle cambino di forma e abbiano più o meno slot dell’inventario a disposizione; una volta in cabina, però, il feeling alla guida è sempre lo stesso, e non emergono particolari differenze tra un mezzo e l’altro se non quelle date dall’equipaggiamento installato (ed installabile senza limiti di sorta, a parte le risorse a disposizione e lo spazio libero disponibile) sul vascello spaziale. Il risultato finale? Gli stili di gioco che si possono adottare in alternativa risultano impoveriti; come detto in recensione è verissimo che ci si può guadagnare da vivere giocando al pirata spaziale, assaltando le navi cargo e abbattendo le navette dei nemici (e, in qualche caso, andando a recuperarne i relitti per cambiare nave o raccogliere qualche progetto), ma da questo punto di vista vengono a mancare sia gli “incentivi economici” (visto che il tutto risulta macchinoso e meno redditizio dell’andare a raccogliere risorse sui pianeti e poi venderle), sia quelli ludici, considerando che queste fasi di gameplay sicuramente non brillano e risultano molto meno appaganti di quelle a terra.

Aspetti che avrebbero potuto salvare il gioco e invece lo hanno condannato agli occhi di più di qualche giocatore
Sul lungo periodo invece viene a mancare quel “guizzo” capace di cambiare le abitudini comportamentali che il giocatore ha sviluppato di pianeta in pianeta, essenzialmente perché questi si assomigliano un po’ tutti: vero, ci sono pianeti più ricchi di vegetazione e una serie di habitat quasi completamente sommersi dall’acqua, e pianeti dove l’atmosfera è ricca di radiazioni oppure dà vita a fenomeni legati alla temperatura; in generale, però, contrariamente a quanto promesso, tutti i pianeti permettono di raccogliere le stesse risorse, variando sul fronte della quantità ma mai (o, comunque, molto poco e non per quanto riguarda le risorse chiave) sul versante qualitativo. Si avverte anche il peso di differenze legate alla gravità, standardizzata in tutta la galassia; eventuali variazioni, da questo punto di vista, avrebbero senza dubbio rimescolato le carte in tavola, confezionando gli aspetti sci-fi del titolo in un packaging più credibile. Alla luce di queste mancanze non si possono biasimare in toto gli scontenti o liquidare la questione nascondendo i difetti dietro presunte aspettative esagerate: per quanto vadano messi in conto i citati problemi in cui Hello Games si è imbattuta durante lo sviluppo, è innegabile che di motivazioni per storcere il naso ce ne siano. Inutile lamentarsi di tagli come l’assenza di moti di rotazione e rivoluzione dei pianeti (meramente estetici) quando una parte di questi è molto più pesante, ed impedisce al titolo di mantenere la tensione survival che caratterizza quelle prime ore di gioco, dove si è davvero naufraghi in balia di una roccia ai confini della galassia da cui si cerca disperatamente di salpare.

 

Meglio ricchi che poveri e soli

Antonino Lupo e il “BollinoCopertoGate”

 

Il caso del “bollino coperto”
Alla luce di quanto appena esaminato, appare chiaro come No Man’s Sky possa avere più di qualche motivo per essere disprezzato da una mole di utenti così grande. I più sono “andati oltre” la semplice critica, e hanno accusato Sean Murray (e Hello Games in generale) di una vera e propria campagna di pubblicità ingannevole, a causa dello spropositato numero di feature annunciate e mai aggiunte nella versione finale del gioco. Tra queste, una delle più “dolorose” è un aspetto del gameplay senza dubbio importante, ma che pare essere stato tassativamente tagliato dal gioco finale nelle ultime fasi dello sviluppo: l’assenza della componente multiplayer del gioco (come testimonia il caso del “bollino coperto” sulla versione boxata di No Man’s Sky) ha mandato un gran numero di giocatori su tutte le furie, spingendo alcuni di essi (coscienti anche dell’assenza delle altre feature) a richiedere un rimborso dopo aver superato le due ore di gioco, che limitano generalmente l’esercizio del diritto di recesso su Steam. Quando la nota piattaforma di Valve ha iniziato ad accettare i rimborsi per la versione digitale di No Man’s Sky, però, si è letteralmente scatenato l’inferno.

La cosa ha diviso ulteriormente in due l’utenza, portando a un’altra spaccatura tra gli acquirenti di No Man’s Sky. Il 28 Agosto 2016, Shahid Kamal Ahmad (ex membro Sony, ora sviluppatore in proprio) ha pubblicato un controverso tweet in cui – senza mezzi termini – dava del “ladro” a chiunque richiedesse un rimborso del gioco dopo 50 ore. Pur essendosi scusato per aver usato una parola così “estrema”, la questione resta e la sua opinione è ancora valida: non è corretto “passarla liscia” chiedendo un rimborso per un gioco su cui si sono già passate 50 ore. Dall’altro lato, tuttavia, abbiamo anche l’opinione contraria: No Man’s Sky è un gioco pieno di bug e glitch su PC, dal contesto così ampio che 50 ore rappresentano solo una piccola porzione dell’esperienza complessiva. Chi ha ragione?

 

 

No Man’s Sky è un’eccezione alla regola base dei rimborsi
È difficile esprimersi su una questione del genere senza “pendere” da una parte o dall’altra. Esistono utenti contrari a un rimborso in generale, anche per i giochi che non sono piaciuti (il fattore soggettivo è opinabile, il lavoro degli sviluppatori – spesso e volentieri – no), mentre ne esistono altri dall’incrollabile orgoglio che si sentono “presi in giro” ogni volta che un gioco non rispetta le loro aspettative, e non possono sopportare un tale disonore. Il problema, in questo caso, è che No Man’s Sky è un caso del tutto particolare, un’eccezione che è impossibile collocare solo da una parte o dall’altra della barricata: per quanto non si tratti decisamente di un brutto titolo, è difficile ignorare tutte quelle promesse degli sviluppatori che, se implementate, avrebbero potuto rendere il loro prodotto un vero capolavoro del genere survival (tra l’altro, come incentivo per tutti gli amanti della fantascienza, ambientato nello spazio).

C’è, ovviamente, chi sta nel mezzo. I problemi tecnici di No Man’s Sky su PC sono difficili da ignorare, e in molti devono aver deciso di chiedere un rimborso anche solo sulla base dell’esperienza di gioco in sé (specie perché Hello Games non sembra intenzionata a risolvere tutti i problemi del gioco in tempi brevi). Ma tutti gli altri? Non si può negare che in molti si siano lasciati “trasportare” dalla foga del momento, cavalcando l’onda della rabbia nei confronti di Hello Games e sfruttando (magari inconsciamente) l’opportunità per far valere un proprio diritto. Da un lato, il problema del potenziale abuso di una possibilità del genere è evidente e, ne siamo certi, ha già visto più di qualche caso; dall’altro, non si può pretendere che tutta l’utenza sia soddisfatta di No Man’s Sky e di quello che è diventato nella sua versione finale. Come sempre, non è difficile che entrino in gioco dei criteri di giudizio estremamente soggettivi; è però vero che, per un “semplice” amante del genere e della fantascienza in generale, No Man’s Sky si rivela comunque un titolo piuttosto riuscito nel suo complesso, nonostante gli evidenti problemi legati alla ripetitività. Quanto è giusto, dunque, chiudere entrambi gli occhi sull’effettiva qualità del titolo su console, impugnando i forconi esclusivamente per ciò che non è riuscito a raggiungere le nostre piattaforme?

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