Dino Cioce

News+ Vendita di carte FIFA, nuova bufera per EA

Un anno da dimenticare questo per EA che l’ha vista coinvolta nell’EAGate, uno scandalo che ha svelato la vendita online di carte giocatore della nota modalità FUT di FIFA 21. Un giretto d’affari mica da ridere. La transazione incriminata, avvenuta via Whatsapp, ha fruttato all’acquirente ben 1.700 euro. Sono bastate 3 carte per fare cassa, una Prime Icon Moments e due carte TOTY (Team Of The Year). La notizia ha fatto subito il giro del mondo e su Twitter è comparso subito l’hashtag #EAgate. In poche ore è scoppiato un vero pandemonio. Alcuni screenshot postati sul noto social, in cui viene documentato l’episodio, sono bastati per fugare ogni ombra di dubbio sulla sua veridicità del misfatto.

Electronics Arts non è rimasta a guardare, intervenendo subito sulla vicenda. Da quello che si è potuto appurare, l’affare è stato imbastito da un dipendente della stessa software house americana. La pensata per “arrotondare”, con molta probabilità, gli costerà il posto. Tutto ciò, rovina quel poco di bello che è ancora rimasto in FIFA. Come il povero Calimero, tutti sembrano avercela con lei, anche se, in fin dei conti, si semina solo quello si raccoglie. Dopo lo scivolone della portavoce EA, di circa due anni fa, quando di fronte alla commissione parlamentare inglese ebbe la brillante idea di paragonare i pacchetti FUT a degli ovetti Kinder. Ma si dai, l’effetto sorpresa è lo stesso. Peccato che si è dimenticata di dire che questi simil-ovetti possono potevano arrivare a costare anche 99 euro.

L’azienda è corsa ai ripari, mettendo un limite di acquisto giornaliero. Questo non è bastato ad evitare il ban in diversi stati del mondo della nota modalità FIFA Ultimate Team. Troppo simile al gioco d’azzardo. Come non dargli torto, vista la costante presenza di loot box che, senza fare troppi giri di parole, hanno trasformato FIFA in un pay-to-win. Anche il gameplay, quello pad alla mano, è finito sul banco degli imputati. Momentum e input-lag sono finiti sotto inchiesta, anche se la software house americana ha sempre negato la loro presenza. Un po’ come gli UFO: si vedono solo in video ma nessuno li ha mai visti davvero. Ma quindi esistono? Come suggeriva il poster dietro la scrivania dell’agente Fox Mulder, nella famosa serie X-Files, I want to believe.

Chissà quando si ricomincerà ad associare il calcio (video)giocato a FIFA

C’era una volta il gameplay

Ok, la parte pallosa è finita. Adesso tocca a me entrare in scena. Cominciamo con il dire che io gli alieni li ho visti. Nel senso che ho vissuto sulla mia pelle il Momentum e il famoso input-lag. Colpa della connessione oppure della mia striscia positiva di risultati? Guarda caso quando vinci troppo accadono cose strane. Tutto questo succede, però, da qualche anno a questa parte, e precisamente dal 2009, quando EA decideva di introdurre Fifa Ultimate Team nel suo gioco. In poco più di dieci anni, gli utenti sono passati dal milione iniziale a più di 10 milioni, con un business che frutta all’azienda tanti (ma tanti) soldini. Lo scorso anno, pensate, il giro d’affari si aggirava attorno al miliardo di dollari.

Diamo il merito (o la colpa) di questo numero all’attuale pandemia, che ci costringe a stare a casa ed evitare quanto più possibile i contatti. E quale miglior “scusa”, per aderire a questo invito, quella che i nostri amati videogiochi offrono, anche se a volte certe “scuse” possono lasciarci con le chiappe all’aria e senza un quattrino. E tutto questo perché? Per avere una squadra forte e competitiva. Cioè, volete mettere avere Ronaldo e Messi in squadra già prima del D1. Pensate che lo scorso anno mi sono giocato FIFA 21 in accesso anticipato, e vale a dire circa una settimana prima della sua uscita ufficiale. Ho scoperto, con mio sommo stupore, che la mia squadra faceva già cagare prima che aprissero, in maniera ufficiale, i server FUT. Questo ha buttato la mia voglia di competizione nel water, con il jingle “ti piace vincere facile” che mi ronzava nelle orecchie in maniera piuttosto irriverente.

Ed ecco che ho sentito il treno fischiare, e come il ragioniere Belluca la mia mente ha iniziato un viaggio nel piano astrale dei ricordi. A quella prima volta, quando mi venne regalato FIFA International Soccer su Super Nintendo. Avevo 9 anni e vivevo a “pane e Del Piero”. Della parola “simulazione” non mi era noto il significato, anche perché regnava incontrastato nostro signore Arcade. La svolta simulativa si è vista a ridosso del 2000, con la pubblicazione di quello che io ritengo il miglior FIFA in assoluto. Grazie a FIFA 98 ho conosciuto moltissime persone “vere”, visto che il multigiocatore online si sarebbe visto 10 anni dopo.

Ma il gameplay era tutto. Lo studio di tattiche e schemi, prima di ogni match, era fondamentale. Con l’introduzione della mosse abilità, poi, il livello di sfida si è alzato ulteriormente, con il dolce scivolar delle dita sugli stick analogici in grado di far fesso il malcapitato di turno. Ma non c’era FUT, non c’erano i pacchetti, i FIFA coins, i FIFA Point, le carte giocatore. C’era solo il gameplay. C’era solo il gioco del calcio.

C’era una volta il fairplay

Chissà cosa direbbe Andrew Anthony, la storica voce dietro l’intro che accompagna tutti i FIFA, di fronte allo scandalo EAGAte. Il gioco – il calcio – se giocato senza scorrettezze e sotterfugi, è in grado di suscitare emozioni uniche. Si tratta di fair play videoludico, quello che nulla c’entra con le dinamiche pay-to-win messe in piedi da EA. Ora, l’episodio è da condannare sicuramente, ma la software house americana sta raccogliendo quello che ha seminato in questi anni. Se punti tutto sulle carte giocatore, creando dei mostri con degli overall pazzeschi, inneschi un meccanismo che nulla ha che fare con il calcio (video)giocato.

Mettici poi le migliaia di influencer e streamer che “spacchettano” su Youtube e il gioco è fatto. Ma chi paga tutto questo? E soprattutto, chi ci rimette? Io vi dico la mia, senza peli sulla lingua. È dal 1994 che gioco a FIFA e non ho speso un solo centesimo in microtransazioni. Mi sono sparato le mie weekend league e, ai tempi belli, giravo a ridosso della terza divisione in Rivals. Ma non sono finito in nessun vortice di frustrazione indotta. Quando giocavo contro squadre con degli overall “atomici”, mi facevo il segno della croce e iniziavo la mia partita. È successo che prendevo delle scoppole clamorose, con 4-0 al primo tempo. È successo, anche, che mi fumavo formazioni da 95 di media. È successo, pure, che frantumavo contro il muro un numero consistente di controller.

Il trucco, ragazzi, è giocare, tanto e in maniera costante. Senza paura. Senza pregiudizi. Senza quel senso di inferiorità causato dagli streamer e dai pro player, che vi sbattono in faccia delle formazioni da “mille e una notte”. Ricordate che qualcuno finanzia i loro show e quel qualcuno sa, che prima o poi, il “pollo” di turno ci casca e mette mano al portafoglio. FIFA, prima di ogni cosa, è un simulatore di calcio, un videogioco. Non dimenticatevelo mai. Tutto questo caos, causato dall’ennesimo scandalo, può e deve finire. Il mio sogno è (ri)tornare è quel divertimento di oltre 20 anni fa. Quando la forza di una squadra si misurava sulla bravura di un giocatore, quello reale, e non sul numero di pacchetti ancora da riscattare.

EA Sports It’s was in the game.

FONTE: corriere.it

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