L’OMS promuove i videogiochi come terapia per la quarantena

Pochi giorni fa, l’OMS ha consigliato i videogiochi per combattere il COVID-19. La campagna prende il nome di #PlayApartTogether e vede la partecipazione anche di alcune famose software house. Sugli scudi, Riot Games e Activision Blizzard, le aziende di League of Legends, Overwatch e World of Warcraft. Dobbiamo accendere il nostro pc o le nostre console e intraprendere una nuova avventura in compagnia o in solitaria. L’idea è indubbiamente corretta. Attraverso i videogame infatti, aspettiamo la fine della quarantena senza trascurare il divertimento. Rimaniamo a casa e manteniamo comunque i contatti con i nostri amici. Sia per messaggi, nel caso in cui dovessimo raccontare a che punto siamo arrivati a Doom Eternal. Sia in cuffia, se abbiamo deciso di sfidare un nostro compagno in una partita a Fifa.

In questo periodo piuttosto difficile il mondo del gaming ha abbracciato con forza la causa. Ha mostrato una forte solidarietà verso tutte quelle persone che là fuori stanno combattendo una battaglia contro il COVID-19. Non solo le aziende citate in precedenza. Bethesda, Cd Projekt Red, Koch Media e tante altre, hanno stretto una collaborazione con la Croce Rossa Italiana. Il fine ultimo, è una raccolta fondi , al momento valida fino al 3 aprile, che possa aiutare l’Italia a superare un momento molto buio della storia mondiale. Sto parlando di un gesto che nel suo piccolo, può veramente fare la differenza.

Ma i videogiochi non causavano dipendenza?

Si, avete ragione. Per un attimo mi ero distratto a parlare di tutto il bene del gaming che avevo perso il filo del discorso. Riprendiamo le parole chiave in cima alla pagina. OMS, gaming disorder e videogiochi. Perché dare un titolo così provocatorio a una news estremamente positiva? Se ricordate bene, quasi un anno fa, l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva parlato di gaming disorder. La dipendenza da videogame entra ufficialmente nelle malattie contemporanee. Ci sono ovviamente delle particolarità per cui una persona rientra in determinate casistiche. Ad esempio, se il gioco assume una priorità tale nella vita di un individuo, per cui altri aspetti, indubbiamente più importanti, passano in secondo piano. Ci riferiamo alla famiglia e agli ambiti educativi e lavorativi. La forte affermazione in merito ai videogiochi, ha generato diverse polemiche, chi a favore dell’OMS e chi contrario. Sicuramente giocare è un’attività, ma come tantissime altre, che se portata all’eccesso fa male.

Non voglio assolutamente riportare la cronaca del fatto specifico. Anche perché, in difesa dei videogame, ho scritto uno dei miei primissimi articoli. In generale, volevo semplicemente sottolineare la retromarcia dell’Organizzazione. Probabilmente si è resa conto che fare di tutta l’erba un fascio è sbagliato. Giocare aiuta a rimanere concentrati e vivere delle avventure in prima persona. Ci aiuta anche a superare traumi amorosi e familiari perché ci distrae e ci diverte. Il problema principale circa il gaming disorder sta anche, forse nella sua definizione. Mi chiedo se possa essere più corretto parlare di gambling disorder. Il gioco d’azzardo ed espanderlo alle microtransazioni. Spendere tantissimi soldi in operazioni la cui riuscita è sempre in bilico. E purtroppo, tale argomento riguarda adulti e bambini. Dai siti di poker online ad ingenti spese in fifa points nella speranza di trovare un Gullit che vale “una fortuna” e che cambierà la vostra squadra.

L’OMS ci ripensa, i videogiochi fanno bene

Abbiamo quindi parlato di questo passo indietro dell’OMS in merito ai videogiochi. Possiamo dire di aver vinto? No, ma adesso è poco importante. Ora dobbiamo accogliere questo messaggio e leggere positivamente l’affermazione dell’Organizzazione. Senza fare ulteriori polemiche, in un periodo così delicato. Vediamo il videogame come una forma di aggregazione che ci aiuta a superare la quarantena. Eppure, da quest’ultima affermazione, posso tranquillamente dire che lo è sempre stato.

Ricordo quando con alcuni amici ci recavamo spesso in una sala giochi al mare e, con un po’ di gettoni a testa, cercavamo di finire The House of Dead. Già all’epoca capivi come essi potevano unire le persone e non dividerle. Stavamo tutti insieme ed era il videogioco a farci divertire e a temprare la nostra amicizia. Combattevamo gli zombie che infestavano quel cabinato con l’ausilio di fucili a pompa. Era una piccola battaglia e alla fine, nonostante il numero di monete utilizzate aumentasse con il proseguire dei livelli, riuscivamo a vincerla. Oggi stiamo combattendo una guerra molto più grande e, come allora, insieme riusciremo a portarla a casa. Una sala giochi a distanza, leggiamolo così il messaggio dell’OMS e vedrete che andrà tutto bene.

Giochiamo ogni cosa ora che possiamo

#LiveTheRebellion