Il 2017 è stato un anno di grandi cambiamenti per I Love Videogames: nuovi “reparti”, nuovi membri nell’organico, nuove iniziative e tante grandi idee per altrettanti progetti. Il tutto legato da un filo conduttore: la nostra passione per i videogiochi, e il bisogno di far sentire la nostra voce.
Non siamo soliti vantarci di essere persone buone, qui in redazione, e ne abbiamo più di un motivo. Ammettiamolo: la masturbazione intellettuale dà le sue soddisfazioni, ed è vero che il 2017 è stato pieno di grandi articoli di cui andremo fieri per molti anni a venire. È anche vero che siamo molto umili, e non lo ammetteremo mai pubblicamente.
Ma a Natale siamo tutti un po’ più buoni del solito, e lo spirito di condivisione ha invaso anche le fila del nostro staff. Ogni articolo che scriviamo, in fondo, è una piccola creatura che coltiviamo fin dall’idea iniziale, strutturata un po’ per compiacere noi ma – principalmente – per compiacere voi. I Love Videogames è reso tale dai membri del suo organico, ma anche e soprattutto dal suo pubblico; e il nostro scopo sarà sempre quello di fornire contenuti di qualità nel corso dell’intera vostra permanenza su queste pagine. Per questo esatto motivo, abbiamo pensato di rivoluzionare la struttura delle “Top di fine anno” a favore di qualcosa di un po’ più “particolare”: come anticipato in apertura, il 2017 è stato un anno pieno di momenti editoriali diversi, con progetti nati, cresciuti e ormai portati a un certo livello di maturità, ma anche con tanti contenuti che avete particolarmente apprezzato. Quest’oggi, noi vi riproponiamo quei contenuti, nella speranza che possiate amare (ri)leggerli come noi abbiamo amato scriverli.
Partiamo con i due articoli più letti dell’anno.
L’articolo più letto dell’anno affonda le sue radici nella curiosità e nel mistero di una saga criptica, amatissima, dalle mille sfaccettature e interpretazioni. Il nostro tecnico dietro le quinte nonché community manager, Luca Oropallo, ha messo per iscritto e analizzato in ogni suo passaggio la teoria del canale YouTube “The Game Theorists” su chi sia il protagonista di Dark Souls III, ultimo capitolo dell’idolatrata saga From Software. Partendo dalla coppia di interessantissimi video montati da questi complottisti del videogioco, Luca ha tirato fuori un articolo che farebbe invidia a Mistero e ha fatto la felicità di tutti gli anonimi avventurieri pronti a morire nel labirintico mondo di Hidetaka Miyazaki, sempre pronti a scoprire nuovi volti della sua mitologia (o lore, per far arrabbiare Pietro) appena sussurrata e per questo vera e propria calamita di curiosità. Un aspetto su cui la software house ha giocato parecchio e insieme al suo impianto ludico ha decretato il successo della saga.
Perché Nintendo Switch non può (ancora!) sostituire il mio iPad
Pietro vs Nintendo è meglio di Alien vs Predator, sulle nostre pagine
Il nostro webmaster è famoso per prendersela un po’ con tutto e tutti seguendo il culto di un solo dio e difendendolo a spada tratta: il progresso tecnologico (e la potenza, tanto da dichiarare che metterebbe insieme 2 PS4 per creare un Frankenstein di teraflop). A lui proprio non è andato giù che Switch, in questi primi mesi di vita, sia esclusivamente e religiosamente una macchina da gioco, dura e pura, senza app, senza Netflix, senza lettore musicale. Una critica multitasking per una macchina che avrebbe potuto (forse) dare una spallata all’intero settore entertainment e che invece, secondo l’articolo, si è limitata a fare il suo compito in ambito videoludico. Lotta che continua nelle nostre chat, il cui nome è meglio non pronunciare, e nelle riunioni, senza che si raggiunga (per fortuna) un punto d’incontro. Stefano poi, quando si tratta di difendere Nintendo, non le manda a dire a nessuno e anzi, cavalca l’onda per rispondere a mezzo stampa alle provocazioni dell’amico Pietro. Switch divide come si dividono i suoi Joy-Con, ed è giusto così, yin e yang che crea discussione e chiacchiera, portando chi vi scrive (e chi legge) a trarne continua ispirazione.
Visti i più letti, passiamo alle cose formali e vediamo quali invece sono quelli che qualitativamente hanno colpito di più i nostri Leccacullo: due posizioni a testa, non necessariamente scritti di proprio pugno (o qui sul sito, visto che ormai diversifichiamo anche sulla nostra pagina Facebook).
Ars Ludica
Rubrica a cura di Antonino Lupo
La prima scelta del nostro Antonino è la sua rubrica in risposta a Digital FounDry
Quello dell’Ars Ludica è un progetto che ci eravamo prefissati già nel 2016: un’occhiata approfondita ai videogiochi che ben si prestano a essere esaminati in chiave artistica, partendo tuttavia dal presupposto che ogni videogioco può essere definito una forma d’arte, dall’arcade più tradizionale all’avventura narrativa più intensa. Alla base di queste argomentazioni sta una riflessione estetica maturata dall’autore della rubrica stessa: i videogiochi hanno un linguaggio proprio, un linguaggio che fa largo uso di creatività e istinto autoriale, e che oggigiorno è utilizzato per raccontare grandi storie o inviare forti messaggi. Prendiamo un titolo a caso: persino The Binding Of Isaac, arcade fino al midollo, è un perfetto e meraviglioso esempio di arte ludica. Sottotesti, segreti da scoprire, identità estetica e tanto altro, che si combinano insieme fino a formare un’opera videoludica meravigliosa da vedere, vivere e giocare. Non sarà complesso come un Metal Gear Solid – ma non ha bisogno di esserlo, per essere definito Arte.
Ad oggi, la rubrica Ars Ludica conta un capostipite introduttivo (in cui vengono trattate le argomentazioni fondamentali) e un articolo complementare utile a comprendere l’approccio migliore per uno studio artistico del videogioco. Altri articoli (come una riflessione sul recentissimo Hellblade e sulla cultura germanica) sono già stati scritti o sono in fase di ideazione, e altri ancora arriveranno nel corso del 2018. Una rubrica imperdibile per ogni amante dell’Arte, o anche solo della cultura videoludica in senso stretto.
Racconti Ludici – Zelda: Breath Of The Wild
A cura di Stefano Calzati
Racconti? Su un sito di videogiochi?
Nata anch’essa da un bisogno creativo del già citato Antonino Lupo (e approvata da quel folle del webmaster, Pietro Iacullo), quella dei Racconti Ludici è un’idea che tenta di mettere insieme l’amore per i videogiochi e la passione per la letteratura di diversi membri nell’organico di I Love VG. L’idea era quella di scrivere dei racconti brevi ambientati nei nostri giochi preferiti, o almeno in quelli che maggiormente si prestavano a un tale procedimento. Abbiamo già ben tre racconti in archivio da quando la rubrica è iniziata, e tutti e tre sono di ottima qualità – ma è impossibile non citare, in questa occasione, il capostipite dell’intera rubrica: il racconto basato su The Legend Of Zelda: Breath of the Wild.
Scritto dal nostro Stefano Calzati (che si è scoperto essere un ottimo romanziere) in piena febbre da Breath of the Wild, il primo racconto della rubrica ha un sapore onirico, evocativo ed etereo, che ben si adatta con l’intero feeling del GOTY 2017 – almeno, GOTY secondo il giudizio dei Game Awards. Per l’occasione, il buon Stefano ha ben pensato di narrare una piccola esperienza (vissuta da lui in prima persona nel gioco) prendendo in prestito la voce di Link, e adottando, quindi, una narrazione in prima persona. Il risultato è un racconto che coinvolge, seduce e trascina con sé il lettore come su un letto di acqua corrente, convogliando sullo schermo la perfetta atmosfera per calarsi in una fiaba zeldiana. Un articolo da non perdere, proprio perché così anti-istituzionale e unico nel suo genere.
Altri memorabili esperimenti sono il racconto introspettivo del nostro Pietro su Metal Gear Solid e, ultimo ma non ultimo, un racconto su The Witcher 3 scritto dal nostro Antonino, narrato direttamente con la voce di Dandelion. Piccola chicca: date un’occhiata alla formattazione di quegli articoli, e confrontatela con il resto del sito. Oppure fatevi un giro sui portali della concorrenza e guardate quanti hanno ripreso l’idea dopo di noi…
#Sounday
Rubrica a cura (o Acura?) di Stefano Calzati
Lupo ha la sua Ars Ludica? Stefano ha rilanciato con il #Sounday
Il lato sonoro dei videogiochi viene spesso relegato a qualche riga sul finire di una recensione, una triste verità a cui Stefano ha voluto dire basta, prendendosi carico di un’idea nata dalla mente di Antonino (altro amante dell’arte, come avrete intuito) per iniziare il percorso #Sounday, sentiero sonoro che si sviluppa soprattutto sulla nostra pagina Facebook di Domenica, con appositi post scritti sempre dal Calzati, impreziositi dal link di una particolare traccia musicale, ma che ha trovato sbocco anche su queste pagine, con due articoli dedicati rispettivamente a Forza Horizon 2 e a Cuphead. Abbandono per un attimo il plurale maiestatis perché mi sento il divino Otelma. Non so come facciano gli altri 3 scappati di casa con cui sto scrivendo questo speciale (Lupo, Giuse, Edo, ciao!).
Insomma, per me l’articolo dedicato al capolavoro Turn 10 per Xbox One è stato uno di quei momenti di fortissima emozione redazionale, inteso proprio come l’atto di scrivere un pezzo. Emozione che partiva dai timpani e finiva con le dita che tamburellavano sulla tastiera, senza una scaletta, senza l’idea su come si sarebbe sviluppato, senza neanche pensare alle tracce che avrei inserito, colte da un “album” che sembra infinito, ascoltando e riascoltando in ordine casuale ogni canzone del titolo durante la scrittura, in un’estasi capace di sovraccaricare il corpo di endorfine. #Sounday è ascolto, culto del sonoro, meditazione, analisi strettamente emotiva senza presunzioni tecniche di un aspetto fondamentale per tutto il medium, in cui la ricerca del contatto col mondo cinematografico spesso porta a dimenticarsi sound design e colonna sonora all’altezza, veri e propri cardini nascosti di tutte le esperienze ludiche memorabili. Una rubrica che sento mia e che troverà, spero, sempre più spazio e favore del pubblico, per un argomento si di nicchia ma interessantissimo. Musicoterapia contro le fatiche del mondo moderno.
La seconda scelta di Stefano è presa dalla Copertina di Doom
Il delirio di un’uomo che, dopo essersi pentito di aver svenduto un articolo simile nei contenuti (ritenuto spettacolare dallo stesso) ad un’altra redazione che non possiamo nominare, ha deciso di togliere ogni freno inibitore alla sua penna per idolatrare uno dei game designer più sopra le righe e fuori dagli schemi dell’industria, nonché uno dei più influenti, il padre di Doom, John Romero. Un vero culto per Pietro, il quale in questo articolo ci avrebbe anche messo l’anima, se solo non l’avesse già venduta anni or sono ai demoni marziani. Una retrospettiva esplosiva, in cui storia, aneddoti e leggenda si fondono per celebrare una delle rockstar della programmazione divenuta vittima di se stesso e che ora è pronto a risorgere dalle ceneri insieme all’amico Adrian Carmack, con il misterioso BLACKROOM. Dai fasti di id Software fino al tonfo di Daikatana, da slogan pubblicitari discutibilissimi ai tornei di Doom, tutto in un’articolo che profuma di rivista d’altri tempi, rivisitato con il nostro stile unico (e meniamocela un po’, ca**o!).
Controller cammina con me: i risvolti ludici di David Lynch
La regola aurea dice che nelle top si bara. E Stefano bara e sceglie tre articoli…
Come avrete notato qui ci dilettiamo anche a parlare di cinema e serie TV, e l’anno prossimo magari parleremo pure di cucina, va’! Fatto sta che Stefano (ancora io posseduto dal plurale maiestatis) non aspettava altro che poter scrivere un articolo su cui rimuginava da anni, ovvero un parallelo tra le opere del maestro-padre-dio-whatever David Lynch e il mondo videoludico, con quest’ultimo che spesso ha preso spunto e ispirazione dalle opere del regista di Missoula, alle volte plagiandole con amore (Deadly Premonition), altre replicandone la contorta psiche (Catherine). Fatto sta che Lynch ha influenzato e continua a influenzare tutta l’arte che gli gira intorno (come dimenticare la serie di spot girati da lui stesso per PlayStation 2?), portando le opere a lui ispirate ad avere un’impronta unica e riconoscibile, grottesca e misteriosa, molteplice, nell’interpretazione come nell’estetica. Uno speciale tutto da leggere, imperfetto ma studiato maniacalmente, delirio lucido di un grandissimo appassionato, incubo di ogni detrattore di un’artista unico, eclettico ed ermetico.
Poteva Edoardo non scegliere il suo pezzo più nintendaro?
Super Mario Odyssey si controlla fondamentalmente con quattro tasti: l’analogico per muoversi, Y per lanciare il cappello, ZL per abbassarsi e, ovviamente, B per saltare. Quattro semplici comandi: sarebbe lecito pensare che qualcosa di così semplice possa annoiare molto velocemente. Ma, provando a giocherellare con il joystick, curiosi come bambini, si scopre che quei pochi controlli celano un fittissimo schema di azioni, mosse e possibilità. Capriole, balzi impressionanti, combo di salti a parete, tuffi carpiati… Proprio come succede con i comandi che lo muovono, quando si conosce Mario si comincia a capire che ognuno dei suoi capitoli migliori è un miracoloso cambio di prospettiva. Pensiamo a Mario 64, che letteralmente strappò la videocamera dal dolly su cui erano girati i precedenti capitoli, e la fece finalmente fluttuare in aria. Sunshine, che provò l’approccio narrativo e un mondo interconnesso. I due Galaxy, che hanno stuzzicato la fantasia di chiunque abbia un briciolo di cuore. 3D Land e 3D World, neoclassici, fusione elegante di bidimensionale e tridimensionale. In (quasi) ognuno di questi giochi, la storia è la stessa: Bowser rapisce la principessa e tocca a noi salvarla. Ma a pensarci bene, come si siamo resi conto scrivendo quello speciale, Mario racconta la nostra storia, di cui conserviamo avidamente tutti i ricordi che abbiamo collezionato, come se fossero Stelle, Soli o Lune.
In fin dei conti, questa bella lista parla di noi. I Love Videogames, un nome scelto non a caso, un progetto ancora giovane ma che sta dando grandi risultati. Siccome non esistiamo dall’alba del videogioco, non tutti i giochi su cui vorremmo spendere due parole possono essere normalmente recensiti. Ecco il perché delle Retrocensioni, una rubrica in cui vengono riesumati antichi cimeli, estratti dalla custodia come fossero vecchie bottiglie polverose in un’enoteca, per saggiarne nuovamente il sapore. Alcuni invecchiano bene, altri non possono competere con il progresso tecnologico a cui i nostri occhi si sono abituati; pochi giochi sono immortali. Psychonauts, forse, è uno di questi. Incredibilmente innovativo, saporito, buffo, interessante, carismatico. Certo, non è privo dei segni del tempo: cutscenes, textures e altre caratteristiche indicano chiaramente che il gioco ha una decina d’anni; ma i difetti sono in netta minoranza. Le sorprese abbondano, le risate pure: un gioco straconsigliato. Questo paragrafo è un po’ un secondo invito a giocarlo, insomma.
Il mercato videoludico inglese: un esempio da seguire
L’albionico Giuseppe scegle le sue avventure su suolo britannico
Il mercato videoludico italiano ci fa spesso arrabbiare, è inutile negarlo. Lo scorso marzo ilovevg ha messo in luce le differenze tra il modo in cui i residenti del ben paese acquistano i giochi e come lo fanno gli inglesi, che hanno molte più possibilità di comprare gli stessi titoli a un prezzo molto più basso. Natale forse mette ancora più in luce questa situazione con offerte giornaliere che al confronto anche il “buon” GameStop non può nulla. Sia chiaro, lo speciale non fu una critica alla catena di negozi più famosa d’Italia, ma aveva semplicemente il proposito di far notare come i due mondi sono completamente diversi, e che forse quello italiano, così come altri europei, dovrebbero prendere il buon esempio e creare un vero e proprio mercato di seconda mano… o dell’usato per essere più formali, che possa cambiare, e soprattutto migliorare l’intero movimento.
Il secondo articolo scelto invece è un progetto spinto da lui e dal solito onnipresente Pietro
Da circa un anno e mezzo, il sottoscritto e il nostro webmaster di fiducia Pietro, avevamo in mente questo piccolo progettino, che è diventato realtà in una calda giornata estiva (se consideriamo l’habitat naturale di Pietro), e di una tiepida mattinata con tanto di nuvole inglese. Assassin’s Creed è davvero l’ultimo fenomeno di massa videoludico? L’idea nasce dalle critiche che questa saga ha dovuto subire e patire a partire dai capitoli successivo al primo, quando si cominciò ad attaccare i titoli del franchise, ritenuti “tutti uguali”. Durante la stesura a quattro mani di questo articolo, ci siamo però accorti che creare un elogio ad Assassin’s Creed non era quello che volevamo, in quanto non ci avrebbe portati a nessuna parte, se non a esprimere un nostro pensiero, cosa lontana da ciò che avevamo in testa. Ci siamo accorti, durante la stesura, che era inutile difendere un mondo su cui vige ormai un pregiudizio che non può, e probabilmente non potrà, mai essere spezzato. Quali alternative allora avevamo all’elogio a questo mondo? Logicamente la difesa a spada tratta, mettendo in campo non il nostro gusto, non ciò che ci aveva impressionato, bensì ciò che oggettivamente non può essere attaccato. Assassin’s Creed apporta numerose novità ogni qualvolta un nuovo titolo fa capolino nei nostri negozi videoludici di fiducia, e al di là del fatto che possa piacere o meno (il tutto è logicamente opinabile), ci sono eventi e fatti che tutti possiamo vedere e su cui molti farebbero meglio a tacere. Verba volant,Origins manet.
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