L’urlo di Sony terrorizza l’Occidente, e lo fa assecondando uno dei suoi trend degli ultimi anni. Il resto del mondo spinge la sua lineup all’E3 o (sempre più raramente) alla Gamescom? Stic*zzi, noi abbiamo i nostri eventi “privati”…

Arriviamo da quello che è senza ombra di dubbio l’E3 più sotto tono degli ultimi anni. Affermazione vera in particolare dalle parti di PlayStation, che negli ultimi anni nel bene e del male aveva regalato in diretta da Los Angeles materiale per gli appassionati in quantità (e qualità) tali da farsi perdonare rinvii, date di uscite nel duemilacredici, escamotage un po’ fuffa per presentare come esclusive cose che di fatto non lo sono e via dicendo. Sony quattro mesi fa aveva – secondo noi, almeno – incontrovertibilmente perso l’E3 di quest’anno. Ma dopo l’evento della Paris Games Week di ieri pomeriggio, c’è il “leggero” sospetto che sia stata una manovra calcolata.

 

Oure ha il nostro interesse: magari è fumo, ma magari no
Quando le cose iniziano a scaldarsi già dal pre-show, specie quando si parla di una casa che ci ha abituato alle partenze in ritardo il sospetto che qualcosa bolla in pentola c’è. Perché si, i classici proclami sulla falsariga del “dobbiamo presentare un fantastiliardo di nuove IP” precedono da sempre qualunque tipo di conferenza, e per cui non contano quanto gli annunci lampo tipo “vi è piaciuto? Bene, è già tutto sullo store. Andate a spendere un po’ di valuta corrente”. Due anni fa la bombetta aveva i connotati arcade e su due ruote di Driveclub Bikes, questa edizione invece regala un posto al sole ad Heavy Spectrum e al suo Oure: non è un titolone con cui ammazzare la concorrenza (a conti fatti, bisogna riconoscere che nemmeno Driveclub lo era), ma dal punto di vista artistico il tutto sembra dannatamente ispirato, ed il fatto che al prodotto si sia già appiccicata un’etichetta che in trasparenza sembra riportare “Fumito Ueda” non può che allestire una tenda all’insegna dell’interesse nelle nostre menti un po’ hipster di sostenitori di questi esperimenti alternativi.

PS VR Vive. Alla faccia vostra
Tanto più che di Heavy Spectrum abbiamo già saggiato la vena artistica grazie a Shadow of the Beast – incontrato quasi per caso ad una Paris Games Week di un paio d’anni fa, corsi e ricorsi storici – e in quei dieci minuti di chiacchiere con il CEO della compagnia (Matt Birch) chi sta scrivendo queste righe non ha potuto fare a meno di notare quanto si trattasse di persone che ci mettono davvero passione, in quello che fanno. Poi oh, magari più che ad Ico il tutto finirà per assomigliare a Toren, ma la combinazione tra “hey, questi li conosco”, “oddio è disponibile adesso sullo store” e l’impatto artistico del tutto ha funzionato, per il sottoscritto. Al di là di questa parentesi, fa poi piacere vedere come PlayStation VR non sia un equivalente da salotto di PlayStation Vita – venduto al prezzo di due PlayStation Vita. Sony ci crede e continua a crederci, sia dando ampio spazio e visibilità alle terze parti (indie, in questo caso) che scendendo in campo in prima linea con SCE London Studios, che si era già fatta apprezzare con PlayStation VR Worlds.

2018: what a wonderful time to buy PS4 Pro
Poco più su parlavamo di come l’E3 di Sony fosse stato abbastanza anonimo, rispetto al solito, per via dell’insolita concretezza mostrata dal colosso giapponese. Una concretezza che però ha un risvolto indubbiamente positivo: il 2018 sarà una grande annata per PlayStation 4, come questa conferenza ha sottolineato più volte. Lo Spider-Man di Insomniac ha sempre più i connotati di una risposta in stile Marvel alla serie Batman Arkham di DC Comics (e Warner Bros.), in primavera David Cage dovrebbe (finalmente!) svernare e portare sul mercato quel Detroit: Become Human che era stato annunciato proprio a Parigi due anni fa (e che in attesa di vederci chiaro sulla “sindrome di Dan Brown” dello sviluppatore, ci ha incuriositi in quel di Milano) e perfino God of War, partendo dal presupposto che chi vi sta scrivendo è quanto di più lontano ci sia da un fan accanito di Kratos e Santa Monica Studio, sembra avere tutti i presupposti per confermarsi un titolo di assoluto livello.

Ma 2018 vuol dire soprattutto Shadow of the Colossus.

Shadow of the Colossus in Ultra HD, ed è giusto così
Perché il trailer mostrato per quello che è uno dei videogiochi più importanti di PlayStation 2 – a costo di scadere per l’ennesima volta nell’autobiografico, nel mio caso è stata la Folgorazione sulla via di Damasco che mi ha fatto pensare che i videogiochi potessero essere davvero arte – mette definitivamente in chiaro una cosa: PlayStation 4 Pro è stata una benedizione. Perché è vero che il messaggio e le sensazioni che Ueda voleva comunicare – ed ha comunicato inequivocabilmente – nel 2005 sono immortali e trascendono pixel, risoluzione e fotogrammi al secondo. Ma è altrettanto vero che potendo scegliere se ammirare una Monna Lisa restaurata oppure accontentarsi di una versione invecchiata e consunta dallo scorrere del tempo, nessuno sceglierebbe la versione più vintage e dalle tinte seppia. Per cui ben vengano i remake – soprattutto se sono remake “alla Nintendo” – adesso che la potenza di fuoco sotto la scocca è decisamente maggiorata e magari in casa ci si ritrova un pannello 4K che altrimenti sarebbe difficile da sfruttare: se vogliamo che il videogioco che è arte venga conservato attraverso gli anni, questo tipo di operazioni è fondamentale. Perché la tecnica, tristemente, invecchia, anche se l’arte non lo fa. Quando il trailer ha inquadrato il famosissimo ponte che porta al Sacrario, chi non si è emozionato è ufficialmente privo di sentimenti. Io? Io ho iniziato a lacrimare da tutti gli orifizi che avevo a disposizione.

Al di là poi del nuovo – e abbastanza scontato – trailer dedicato all’imminente espansione di Horizon: Zero Dawn e del crudissimo trailer di The Last of Us: Part II (che, opinione impopolare, chi scrive ha apprezzato tantissimo per la violenza e il coraggio di mostrare quello che è stato mostrato, ma non ha trovato emozionante come quello dell’E3) è stato finalmente il turno di Sucker Punch. Lo studio di Bellevue era fermo ai box da inFamous: First Light, espansione stand-alone di quell’inFamous: Second Son che per lunghi tratti è stato il motivo per cui comprare una PS4 e uno dei primi, veri e autentici prodotti next-gen. Con queste promesse erano inevitabili due cose:

  1. Che l’autore di questo articolo infilasse il nome di Sucker Punch praticamente in ogni articolo toto-conferenza Sony, rimanendo puntualmente deluso dal fatto che non venisse mostrato nulla (anche se era ovvio che stessero lavorando a cose, visti gli annunci di ricerca personale pubblicati regolarmente);
  2. Questo è il punto serio – Tanto hype non appena lo studio avesse deciso di mostrare qualcosa;
E lo studio ieri ha in effetti deciso di mostrare qualcosa (trailer qui di seguito, per chi se lo fosse perso), anche se è qualcosa da cui si capisce ben poco. Ok, ambientazione spiccatamente giapponese (in un periodo storico dominato da Samurai e affini, peraltro) e ok, impatto grafico devastante e capace di convincere ancora di più chi ha comprato PlayStation 4 Pro che forse non sono stati del tutto soldi buttati, ma poco altro.

Poco e niente di gameplay, troppo spazio lasciate alle speculazioni. Ma alla fin fine è proprio quello che volevamo da Sony a Los Angeles e che non abbiamo avuto: informazioni, anche vaghe, per lasciarci sognare tra un trailer e l’altro, ben sapendo che prima o poi qualcosa sullo scaffale arriva. Nel mentre? Nel mentre giochiamo a tutta la roba in arrivo nel 2018 e a tutti quei titoli promessi due o tre anni fa che devono ancora uscire, e va benissimo così. Anche se Dreams pare sparito nel nulla – o forse è stato tenuto in fresco per il PlayStation Experience (#credici, a questo punto).

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