Se avete cambiato pagina vuol dire che vi interessa quel che ho da scrivere dopo aver terminato in centoquaranta eroiche ore l’ultima epopea di Link (o probabilmente vi interessa solo il commento con il voto qui sotto).

Lo abbiamo atteso trepidanti per quattro anni, da quando era ancora esclusiva Wii U, per poi poterci finalmente mettere le mani sopra durante i vari showcase e infine accompagnare il lancio di Nintendo Switch. Durante i ventotto giorni trascorsi in questa nuova Hyrule, abbiamo accumulato semi, completato tutti i sacrari, distrutto armi, sterminato fin troppi boblin e innamorati di quella mastodontica mappa che compone il mondo di gioco di The Legend of Zelda: Breath of the Wild.

Ed è principalmente questo il motivo del “ritardo” di questa recensione. Una voglia di prendersela con calma (spesso troppa), per godere a pieno ogni istante dell’avventura ideata da Aonuma e soci. È anche per questo che l’articolo che vi apprestate a leggere non si concentrerà troppo sui comandi di gioco, che se siete fan della saga state o avete già spolpato, ma ci tiene più a raccontarvi un’esperienza avvincente e capace di stupire per diversi aspetti fin troppo sottovalutati nel corso degli anni.

Versione testata: Nintendo Switch (Versione 1.1.0)

Riscoprire la Leggenda
La Zelda più umana di sempre
Link si risveglia dopo 100 anni, spaesato e senza alcun ricordo, in un mondo afflitto dalla Calamità Ganon e dal suo esercito di mostri. A guidarlo solo una voce femminile ed una tavoletta misteriosa, in grado di riattivare i Sacrari degli Sheikah contenenti prove via via più difficili. Dopo essere diventato conscio del suo destino, iniziando a ricordare cosa ha portato alla sconfitta dell’eroe e dei suoi amici, Link deve salvare Zelda e Hyrule dalla minaccia di Ganon. Se il canovaccio di Breath of the Wild è simile agli altri capitoli della saga, con questo episodio il team di Aonuma alza l’asticella, inserendo per la prima volta non solo un doppiaggio (completamente in italiano) ma anche una struttura a flashback che funziona maledettamente bene. Per scoprire quanto successo 100 anni prima infatti, bisognerà visitare dei luoghi cardine del passato di Zelda, in cui Link potrà ricordare gli avvenimenti e in cui il giocatore potrà innamorarsi della principessa più umana mai apparsa nella storia della saga. Una Zelda incapace di risvegliare i propri poteri, odiata dal suo popolo, e invidiosa di quel campione a cui la Spada che esorcizza il Male ha donato il proprio potere, che impareremo a conoscere  solo tramite i flashback e i racconti dei personaggi di contorno, ognuno dei quali caratterizzato e portato in vita su schermo, andando a comporre un cast vario e ricco capace di regalare momenti comici e drammatici, non per questo dimenticando quelli carichi d’azione o quelli più pregni di sentimento. Una storia se possibile ancora più matura del solito, che grazie al già citato doppiaggio, rafforza ulteriormente il carico emotivo generale.

Un modo di raccontare diverso dal solito ed efficace, che permette al giocatore di creare la propria avventura (come accadeva nel primo The Legend of Zelda e grossomodo anche nel recente A Link Between Worlds), non solo decidendo dove andare e quando farlo, ma anche mutando gran parte dei dialoghi coi PNG a seconda del percorso intrapreso. PNG che come da tradizione per i capitoli a tre dimensioni, vivono la propria vita con una routine precisa, degli orari prestabiliti, che li vedranno compiere diverse azioni (molte delle quali protagoniste delle numerosissime  missioni secondarie). Breath of the Wild è anche questo: lasciare la strada della trama principale e perdersi nella vita degli Hylia, degli Zora, dei Goron, delle belle Gerudo e dei piumati Rito, tra leggende, prove d’amore o semplici passeggiate al chiaro di luna (sperando non diventi rossa). Abitanti che reagiscono a quello che indossiamo, a come ci approcciamo a loro, viandanti che ci intimano di non buttarci da un ponte, bambini esagitati che ci corrono incontro mentre giocano con gli amici, un Hyrule che seppur minacciata da una calamità mortale, è più viva che mai ed è sempre presente in ogni centimetro quadrato della mappa.

 

Se invece del popolo di Hyrule non dovesse fregarvene niente, ne tanto meno dei ricordi, Breath of the Wild vi permette anche di correre diretti allo scontro finale, rischiando non solo di morire, ma anche di perdervi la grande esperienza confezionata da Nintendo. L’ultima avventura di Link si adatta al tipo di giocatore che la affronta, sia questo un completista (sfidandolo con ben 900 semi- ma ci torneremo poi) o uno a cui interessa solamente la storia, passando per le innumerevoli vie di mezzo che vogliono soltanto un buon gioco. Quello che più colpisce di questo tipo di narrativa, è come ogni tassello vada al suo posto plasmandosi sull’esperienza singola del giocatore, in maniera unica per ogni approccio. Più si esplora, più il mosaico si completa e sebbene inizio e fine coincidano, la parte centrale è a discrezione del giocatore, e di come vuole visitare Hyrule.

L’ascia mi ha lasciato
Se la vita Hyliana di tutti i giorni non vi entusiasma e siete più tipi d’azione, non si può evitare di parlare delle nuove meccaniche di combattimento e soprattutto dell’inventario di Breath of the Wild. Non staremo qui ad esporvi ogni singolo tasto perchè il nuovo capitolo di Zelda ripropone la stessa mappatura di ogni episodio, aggiungendo la possibilità all’eroe di saltare e arrampicarsi su praticamente ogni tipo di superficie (pioggia permettendo). Queste nuove abilità di Link sostituiscono alcuni degli oggetti chiave della serie come il rampino, e lo fanno egregiamente. Sebbene il nuovo menù di selezione per le armi, frecce e scudi sia veloce e pratico l’assenza dell’inventario in tempo reale vista su Wii U e 3DS lascia un po’ spaesati, sensazione plausibile soprattutto nelle prime ore di gioco, fino a quando non vi abituerete al nuovo sistema.

Breath of the Wild ha cercato di snellire l’inventario di Link.

E ci è sicuramente riuscito, lasciando qualche dubbio solo sulla mole di materiali raccolti durante le nostre imprese che, aumentando sempre  di più, sarà sempre più difficile consultare (senza comunque mai diventare ostica). Simbolo per eccellenza di questo snellimento, oltre i poteri della tavoletta Sheikah (di cui parleremo dopo) sicuramente è la resistenza delle armi che, anche in questo caso, spaeserà i giocatori classici della serie, che si ritroveranno a dover dosare i colpi –soprattutto nelle prime ore- per non rimanere senza alcuna difesa. La durabilità di un arco, la resistenza di uno scudo, e la conseguente distruzione di spade, asce, lance e simili, da il via ad un altro degli aspetti più riusciti di Breath of the Wild: l’imprevedibilità.

È probabile che nelle prime ore vi sentirete spaesati, soprattutto dopo aver sudato sette camicie in un cruento scontro con un Guardiano in un sacrario, aver ottenuto un’arma potente che qualche nemico più tardi, si spezzerà tra le mani di Link. Oppure un arco capace di sferrare più frecce contemporaneamente, che andrà in mille pezzi dopo qualche utilizzo, lasciandoci apparentemente disarmati, potrebbe farvi arrabbiare. Ma è tutto funzionale al gameplay di Breath of the Wild, sopravvivere alla situazione selvaggia lasciandoci dietro le armi duramente raccolte, nella speranza di poterne ottenere di più forti da utilizzare per sconfiggere più facilmente i nemici, i cui materiali ci serviranno molto spesso per poter potenziare  i diversi costumi (non solo tuniche verdi, rosse e blu a questo giro) e diventare i campioni di Hyrule di cui tutti parlano.

Il nemico del mio amico
Poche categorie di nemici ma ben diversificate tra loro
Passando ai veri e propri avversari di Link, l’esercito di Ganon è composto da una decina di specie diverse di mostri, ma ognuna ben diversificata e con un diverso tasso d’intelligenza, capace di reagire alle vostre azioni o all’ambiente circostante. Sarà capitato, o capiterà quasi sicuramente, nel corso della vostra avventura di imbattervi in mostri più forti di Link e, nonostante vi siate armati di pozioni, cibo, preghiera di Mipha o quant’altro, una brutta situazione potrebbe portarvi a morire. Nello stesso modo, potreste distrarvi un attimo e uccidervi da soli con uno scoppio di una bomba, per congelamento, asfissia, per colpa di un fulmine attirato dal vostro equipaggiamento o a causa di una brutta caduta, in Breath of the Wild si può morire in una gran quantità di situazioni. Ma, come il brand di Dark Souls ci ha insegnato nel corso degli anni, basterà fare tesoro dei propri errori, cercando di non ripeterli più man mano che si prosegue nel gioco. E così il Lynel, uno dei mostri più cattivi di quest’ultima avventura di Link (e ben più temibile delle boss battle della storia) non ci causerà più problemi, divertendoci anzi nello sperimentare le nuove armi raccolte o strategie sempre più diverse. Tra le quali spicca sicuramente la completa padronanza di parata, schivata e relativo contrattacco, che rallenteranno il tempo per qualche istante permettendo a

Evoluzione dello stile di combattimento
Link di sferrare colpi più forti e sconfiggere gli avversari più pericolosi. Un ennesimo distacco dal precedente gameplay d’azione della serie, un’evoluzione necessaria e una profondità che va oltre il ben più pratico menare le mani. Per uscirne indenni, non basterà il giusto equipaggiamento, ma bisognerà anche pianificare le proprie mosse, oppure si rischia di mandare l’intero scontro in malora ed uscirne con le ossa rotte e con l’inventario decimato.

Siccome abbiamo menzionato il cibo con cui potersi curare data l’assenza di cuori nell’erba alta, spendiamo due parole sulla meccanica della cucina: Link potrà improvvisarsi cuoco, cucinando nei luoghi appositi deliziosi manicaretti utilizzando un massimo di cinque ingredienti. Il sistema di cucina di Breath of the Wild è più profondo di quanto possa sembrare all’apparenza e sopperisce non solo all’assenza delle ampolle (che verranno generate in caso creiate pozioni) ma garantisce all’eroe rinforzo fisico, maggiore velocità, resistenza alle temperature e cuori extra, il tutto utilizzando sapientemente fauna e flora di Hyrule. L’aggiunta della cucina (insieme alle locande e ai negozi itineranti), rende  ancora più ampio il panorama di  gioco, dandogli ancor più profondità. Sebbene sia possibile guardare gli ingredienti di una ricetta creata, non è purtroppo presente un ricettario portatile, ne tanto meno la possibilità di ripetere un piatto appena cucinato, piccola sbavatura che avrebbe accelerato alcune tempistiche ma che nel complesso non rovina l’esperienza.

Come ti reinvento il dungeon
L’altra grande rivoluzione per la serie è l’assenza di dungeon veri e propri: certo ci sono i Colossi (le cui alcune meccaniche sono veramente indovinate e divertenti) e il Castello di Hyrule, ma la struttura classica a cui i giocatori della saga erano abituati è stata completamente rivista, e per un certo verso migliorata. Sparsi per le regioni di Hyrule vi sono infatti 120 Sacrari, contenenti altrettante prove di difficoltà varia: da sfide ai guardiani a veri e propri enigmi ambientali, risolvibili con i poteri della tavoletta Sheikah. In buona sostanza gli eredi delle stanze dei dungeon, ogni sacrario si distingue per un tema e o un obiettivo da raggiungere, e molto spesso hanno più di una soluzione per essere risolti. Tra queste prove, troviamo la prima nota pseudo negativa di questo The Legend of Zelda, riguardante in particolar modo gli enigmi basati sul motion control. Qui bisognerà inclinare i Joy-com in maniere opinabili, per poter risolvere i puzzle basati sul giroscopio, fortunatamente solo una minima parte (meno di dieci)  richiedono l’utilizzo dei sensori di movimento.
I Sacrari sono una ventata di aria fresca in una formula ormai collaudata, che non deve per forza rappresentarne la sostituta: infatti i dungeon veri e propri presenti in Breath of the Wild sono come già detto interessanti e veramente divertenti da risolvere (o anche solo da esplorare), trasformando i sacrari in una sorta di accompagnamento che va a sostituire la raccolta dei frammenti di cuore.

Sebbene i Portacuore siano ancora presenti, Breath of the Wild permette di scegliere quanti averne , scambiando gli Emblemi del Trionfo (i premi dei sacrari) a gruppi di quattro per un nuovo tassello di energia o per una fetta di vigore (che servirà invece per corsa,mosse speciali, arrampicata, nuoto e  volo). Anche in questo caso completa libertà al giocatore su quanti sacrari completare e con quanti cuori affrontare la Calamità, consci però del fatto che un determinato oggetto richiederà un numero specifico di Portacuori. Un piccolo limite ben spiegato però dal contesto, e che magari torneremo ad analizzare in futuro.

Oltre i sacrari vi sono altre due grandi set di collezionabili: il compendio fotografico (che fa un po’ il verso al museo delle miniature di The Wind Waker), e i semi Korogu, utili per poter allargare le borse del proprio inventario di armi. Se non fosse per il numero improponibile di 900 semi, ottenibili trovando ogni Korogu sparso per la mappa di gioco, con dei piccoli enigmi ambientali che vanno dallo spostar e un semplice sasso a far scoppiare un palloncino, fino al riprodurre una forma con dei cubi o offrire una mela al santuario. Per quanto sia divertente cercare in ogni anfratto gli esserini, il numero di semi proposto è semplicemente eccessivo, e difficilmente vi dedicherete (in condizioni normali) alla raccolta di ogni singolo elemento prima di raggiungere i titoli di coda.

Il silenzio del paesaggio
Breath of the Wild riesce a unire nuovo e classico anche per quanto riguarda il comparto sonoro grazie a brani melanconici che pervadono il regno distrutto dalla calamità, e durante le cavalcate nelle terre di Hyrule riducono il volume fino a lasciare link al solo suono degli zoccoli del cavallo o dei suoi stivali sulla pietra. Questo stratagemma di silenzio completo, aumenta l’immedesimazione nell’esplorazione, regalando momenti di pace estrema, che potrebbero venire interrotti da un momento all’altro nel caso incontrassimo un guardiano, o ci avvicinassimo ad uno Stallaggio rievocando la theme del Lon Lon Ranch. Tutta la colonna sonora di Breath of the Wild, sebbene non sia la migliore della saga, convince in ogni occasione, con brani che sono già entrati nel cuore degli appassionati. L’ultima avventura di Link fa anche un sapiente riutilizzo di brani storici riuscendo ad intaccare la nostalgia dei fan della serie.

Se sul lato artistico, sugli ambienti e sulle animazioni e modelli dei popoli di Hyrule sarebbe stupido cercare difetti, lo stesso non si può purtroppo dire del comparto tecnico. Parlando di framerate Breath of the Wild inciampa più volte, specialmente se  giocato su televisione ed in particolare nel Bosco Perduto e sul Monte Morte. Fortunatamente in modalità portatile il tutto è più stabile, sebbene anche con i cali l’esperienza totale non viene minata. Una sbavatura che se fosse stata assente avrebbe reso il titolo praticamente perfetto.

Il vero successore
Ed è giunto il momento di porre l’annosa questione: Breath of the Wild è il miglior Zelda di sempre? No, non lo è, per un semplice motivo: è diverso da ogni altro capitolo uscito fino allo scorso 3 Marzo e per questo non è strettamente paragonabile ai predecessori. Sebbene offra situazioni classiche unite ad altre completamente nuove per la saga, Breath of the Wild si pone come capostipite del prossimo cammino di Zelda, come fecero Ocarina of Time nel 1996 e prima ancora nel 1991,  A Link to the Past. Questa volta non sarà tanto l’innovazione portata nelle meccaniche open world, ma il come sono state proposte meccaniche più o meno presenti in qualsiasi esponente del genere,  che nel titolo Nintendo riescono ognuna a ritagliarsi uno spazio individuale. Sono vent’anni che nominiamo Ocarina of Time  come precursore degli action adventure moderni,  la speranza (e quasi la certezza) è che tra vent’anni, parleremo di Breath of the Wild nello stesso modo riguardo agli Open World. La strada è aperta.

1 2
Verdetto
9.5 / 10
140 eroiche ore, e volerne ancora.
Commento
The Legend of Zelda: Breath of the Wild non è il videogioco perfetto, ma è sicuramente tra le produzioni migliori e più complete dal punto di vista ludico degli ultimi anni. Il team di Aonuma alza l'asticella degli action adventure (con alcune meccaniche da gioco di ruolo) e pone un nuovo caposaldo del genere, così come fece Ocarina of Time nel 1998. Cali di frame a parte, Breath of the Wild diverte, emoziona e trasporta il giocatore in un Hyrule vastissima, ricca di eventi e di posti da esplorare, con nemici sparsi in ogni dove e personaggi destinati a scrivere la storia della saga. Un ottimo punto di partenza per i nuovi giocatori, e un fantastico nuovo inizio per i vecchi fan, che oltre a sorridere stupidamente per ogni citazione sparsa ad Hyrule, si faranno conquistare per l'ennesima volta dalla magia di Zelda.
Pro e Contro
Personaggi carismatici
Mastodontico e pieno di contenuti
Nuovo e classico ben bilanciato

x Qualche lieve problema di frame rate
x 900 semi Korogu forse sono troppi

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