Questa è una lettera di scuse. Non verso una persona, un’entità o qualche strana corporazione internazionale, ma verso un videogioco. Se non fosse già abbastanza chiaro dal pessimo gioco di parole nel titolo ( – altra cosa per cui fare ammenda, anche ai lettori – ), sto parlando di Persona, o, più che altro, della mia lunga e travagliata esperienza con questa serie.
Sfortunatamente, però, non abbiamo ancora inventato modi per mandare lettere di scuse a degli oggetti, quindi eccomi qui, a scriverla su I Love VG. Perché nessuno si scusa verso cose che non ama.
Preparatevi però: si tratta di una storia di inganni, sotterfugi, un sacco di confusione, fraintendimenti e scene comiche che non fanno assolutamente ridere.
Il primo contatto con Persona
Così come nelle storie di fantascienza si inizia sempre dal “primo contatto con gli extraterrestri“, voglio cominciare questa storia dal suo vero inizio, partendo proprio dai primi momenti in cui mi sono avvicinato alla serie.
Inutile dire che, come tutti, mi sono ritrovato a sentir parlare di Persona nel 2016. È appena uscito il nuovo capitolo della saga: Persona 5, capolavoro secondo utenti prima e stampa poi. Io, invece, sono finalmente arrivato al punto da riuscire, in qualche modo, a decifrare cosa stessero dicendo le persone vicino a me.
Questo clima di hype per il gioco e la mia curiosità giovanile erano ingredienti perfetti per farmi avvicinare alla serie, per cominciare quella mia grande “esperienza di Persona” di cui parlo nel titolo! O… forse no?
A quanto pare no. Perché, semplicemente non me ne fregava niente.
Non mi sono incuriosito, non ho fatto ricerche. Il massimo che ho fatto è stato cercare di evitare eventuali spoiler. “Ma tanto non ho una PlayStation 4, a che mi serve?“
Quindi sì. Questo paragrafo finisce con un anti-climax. Non mi interessava di Persona 5… e non l’ho approfondito. Tutto qui. Ma ne ho sentito parlare, e questo è già qualcosa. Credo. Sono sicuro che tra i lettori ci sarà qualcuno che avrà fatto lo stesso con altri giochi. Ad esempio, avete per caso pisciato Horizon per Zelda?
Persona 2.0: Electric Boogaloo, il ritorno del re
Fast-forward di un paio di anni: stavolta è il 2019, che è dietro l’angolo ma sembra già che siano passati quattro secoli e siano caduti sette imperi.
Dopo quel deludente inizio, vi starete chiedendo in che modo abbia alla fine avuto una qualche esperienza con Persona, considerando tutto il mio disinteresse alla saga.
Lasciatemi però spezzare una lancia in mio favore. Innanzitutto, avevo sentito che fosse un JRPG, e il mio rapporto con il genere non è dei migliori. Non che non ne abbia giocati. Ho la mia sfilza di giochi Pokémon, Inazuma Eleven e altra robaccia simile, ma avevo provato più volte ad approcciarmi a titoli del genere, con poco successo.
Non so neanche adesso a cosa sia, o fosse, dovuto… probabilmente è solo la mia iperattività che mi ha fatto smettere di avvicinarmi al genere, o forse è un po’ di ignoranza.
Devo ammettere che non li ho mai capiti, in verità. È una cultura diversa, e per quanto guardi un sacco di anime, manga e simili, non ho mai capito come giocarli, e non c’è mai stato nessuno a dirmi con che mentalità dovrei giocarlo.
Posso leggere una recensione, sì, ma non mi dirà mai come dovrei approcciarmi al gioco, perciò diventa un semplice tira e molla tra me e il gioco; una gara di pugilato in cui lo scopo principale è perdere finché non capisco le mosse del nemico.
Che senso ha allora? Perché perdere tempo con un gioco che non riesco a capire? Coi loro turni strani, fusioni che fanno pim pum pam, con le lucine LED manco fossimo in un distretto di Tokyo? Nessuno, mi sono detto.
…Finché non sono entrato in gruppi di amici molto legati a Persona. Gente strana, ma mi capivano. Erano weeb anche loro, videogiocatori anche loro… eppure a loro Persona piaceva. Loro avevano già cominciato la loro esperienza con Persona. A loro piacevano i JRPG, e non solo! CI SI INFOGNAVANO PURE!
Cosa posso fare io di fronte al potere dell’amicizia? Non c’è Goku che tenga alla divina luce del “consiglio del cugino“: quindi ho deciso di riprovare questa battaglia, anche se persa in partenza, contro i JRPG.
Dopo il 2 c’è di nuovo l’1 – Megami Ibonroku Persona
Devo ammettere che ho anch’io dei feticci strani, soprattutto nei videogiochi. Odio giocare le saghe se non in ordine cronologico, e mi sento in colpa se non lo faccio.
Come posso capire una saga se non l’ho giocata dall’inizio alla fine? Be’… questo è uno dei grossi errori che ho fatto. Ho pensato che questa regola fosse giusta anche in Persona, quindi ho preso in mano la mia PSP e ho ordinato una copia di Persona 1.
Da quello che avevo capito, Megami Ibonroku Persona, questo è il titolo del primo capitolo, era un buon modo per iniziare la saga. È corto, semplice (?) e dà la possibilità di continuare con Innocent Sin e poi Eternal Punishment, due dei capitoli migliori della saga.
Cazzate.
La mia fiducia è incrollabile, e il fatto che dura poco mi ha convinto completamente: voglio sapere cos’è Persona, voglio iniziare questa esperienza, e non c’è nessuno che possa fermarmi.
Il mio primo errore: credere di aver capito
Secondo me, il primo sbaglio che ho fatto è stato di umiltà. Mi mancava. Anzi, forse tutti i miei errori sono stati di umiltà. A dire il vero, tutta questa storia non ci sarebbe stata, se avessi avuto anche solo un briciolo di umiltà. Decidete voi se sia qualcosa di positivo o negativo.
Il punto è che è successo, e ora sono qui. La mia insegnante diceva spesso che “Non si impara mai ciò che si crede di sapere“: non so da dove l’abbia pescato o se se lo sia inventata lei, ma quello di cui sono sicuro è che mi rappresenta appieno.
Nel giocare Persona 1, non ci ho capito un cazzo. Assolutamente nulla. Robe che si muovono, fusioni strane, dialoghi coi demoni, scuole che diventano labirinti e ratti giganti con machine gun… cos’è che ci avrei dovuto capire?
E sapete cos’è la cosa più ironica? È che CREDEVO DI AVER CAPITO QUALCOSA!
“Aaah… sì! Qui è dove c’è quel tizio strano col naso lungo, l’ho visto nei video su YouTube!” o “Aha! Eccoli, i PERSONA. Che stupidi, non capiscono come funzionano, ma io sì che lo so, me l’hanno detto gli amici”. Erano questi i pensieri che riempivano la mia testa; eppure stick analogici alla mano non avevo la minima idea di cosa fare.
Tutto questo, in retrospettiva, è quello che mi ha fatto mollare Persona 1. Continuavo a giocarlo, sparando Garu e Magry (due magie del gioco) alla cieca, senza guide, senza chiedere consigli, perché mi credevo superiore di uno stupido giochino del ’90 e qualcosa.
Scusami tanto, Persona.
Da Persona a Non-Persona (Unperson?)
Certo, alla fine avevo giocato a Persona, e mi era pure piaciuto. Ma pian piano, non capendoci effettivamente nulla, mi sentivo in colpa. Il gioco mi confondeva, e non capivo che approccio dovessi usare, se stessi sbagliando qualcosa o se fossi sulla giusta traccia.
Non l’ho mai finito. Neanche durante la stesura di questo articolo il mio file è completo, eppure l’ho abbandonato. Non riuscivo più a reggere quel macigno che mi sono creato a causa della mia stupidità.
Un’immagine tratta dal film “Nel 2000 non sorge il sole” (1956) ispirato al romanzo 1984 di Orwell, da cui ho preso il termine “unperson” (cioè coloro che non sono più considerati come persone – o personae?)
Non l’ho più giocato, e ho abbandonato i miei buoni intenti: non volevo che un mio hobby pesasse su di me più di quanto fa già la vita reale. Volevo divertirmi, insomma.
Per mezzo annetto buono, Persona non ha più fatto parte della mia vita e, a parte qualche raro riferimento o battuta da parte di amici, sono diventato completamente estraneo alla saga.
Another one bites the dust: Persona 4 (quello vecchio)
Quando ero entrato in questo mondo, e mi ero informato completamente su tutti i capitoli della saga, quello che più mi era saltato all’occhio era, ironicamente, il 4.
La community è molto divisa su questo titolo: Atlus ha fatto uscire spin-off su spin-off di questo gioco, rendendolo incredibilmente polarizzante, soprattutto per i fan che avevano esperienza con i vecchi Persona, che non si sentivano apprezzati e odiavano il cambio di stile che proponeva questo nuovo capitolo.
Eppure, proprio il fatto che fosse odiato, che fosse un underdog, in un certo senso, mi aveva attirato verso Persona 4. Anche l’estetica mi faceva impazzire: in qualche modo toccava le corde giuste.
Vuoi mettere il fascino di un thriller con elementi Dating Sim? Eh, dai. Era amore a prima vista… se solo non fosse stato disponibile solo su Vita.
Grave errore da parte mia, avrei dovuto chiederla quella volta che ho comprato la PSP. E invece.
Quindi, tornando a quando avevo abbandonato Persona 1, improvvisamente mi è rivenuta voglia di tornare nella saga. Ma questa volta, volevo qualcosa di più facile e accessibile, sperando di risolvere i problemi che ho avuto, quindi sono andato su Ebay, ho comprato il gioco e messo il disco nella mia polverosa PS2.
Il mio secondo fallimento: ho perso la voglia di Persona
Come vi sarete già fatti spoilerare dal titolo di questo paragrafo, anche questa volta non è andata bene. E non ci vuole un genio a capire il problema.
Aspettandomi un underdog, si è ripresentato lo stesso identico problema che ho avuto nell’esperienza di Persona 1: credevo di sapere già cosa mi avrebbe offerto il gioco. Credevo di essere superiore al gioco, e nuovamente, non sono stato abbastanza umile per apprezzarlo.
Nelle prime ore di gioco mi sono annoiato. Arrivando da Persona 1, mi aspettavo che si menasse subito, che spuntassero nemici ovunque o che comunque succedesse QUALCOSA.
Eppure no. L’inizio è un semplice Slice of Life. Una Visual Novel praticamente, ma con i modelli 3D che profumano di PS2, ma che mi ha annoiato un sacco. Anche deluso, in un certo senso.
E non è che non mi piacciano le Visual Novel, sia chiaro: le adoro. Eppure, non mi aspettavo granché dal gioco. In retrospettiva, rileggendo quegli stessi dialoghi si potevano prevedere moltissimi degli eventi che sarebbero successi dopo… eppure non ci ho fatto caso.
Non è solo distrazione, non può essere: è una mancanza di rispetto verso il gioco, che si è manifestata anche nella seconda fase di gameplay.
Cosa ho imparato facendomi distruggere da un mini-boss
Dopo una lunga fase di tranquillità, però, il gioco parte in quarta con una sezione di gameplay. Un dungeon, per la precisione: dobbiamo salvare una ragazza da se stessa destreggiandoci tra le labirintiche stanze di un enorme castello in una lunga fase di dungeon crawling. Sottolineo, LUNGA.
“Finalmente un po’ di botte“, penso. Però, ho affrontato anche questa sfida con lo stesso atteggiamento con cui avevo intrapreso l’intera esperienza, e come ho giocato il gioco. Per chi se lo fosse perso: non c’ho capito un cazzo.
Esattamente così, ho evitato i nemici e sono corso direttamente verso il boss, in un vano tentativo di ridurre il tempo di gioco.. Perché è a quello che servono i videogiochi, no? Per non giocarli e dire di averli finiti!
Coda di paglia che sono, arrivo a un mini-boss che mi blocca la strada, e, sopresa sorpresa, mi distrugge. Mi disintegra. Mi devasta. Credo si sia capito il concetto.
In una manciata di turni finisce la mia partita e devo ricaricare da inizio dungeon. Tra le varie imprecazioni, do la colpa al gioco: “Ma vi sembra normale?? Èsbilanciato!!!“.
Anche questo, alla fine, è colpa mia. Scusami Persona.
“One more game rejected” – Come ho abbandonato anche Persona 4
Ma non avevi imparato niente dal tuo tentativo fallito con Persona 1? No. Assolutamente nulla.
Nella mia personale esperienza, ho giocato a Persona 4 con la stessa aria di superiorità, con lo stesso poco rispetto con cui ho giocato Persona 1 e con cui affronto la vita, forse e per giunta gli ho anche dato la colpa dei miei insuccessi e dei miei fallimenti.
Non avevo capito il gioco, per niente, e me l’ero presa con lui.
“One more God rejected” è una delle frasi presenti nelle liriche di questa OST di Shin Megami Tensei (serie da cui deriva Persona), diventata un meme nella community
Non sapevo neanche come approcciarmi: ero abituato alla difficoltà, ma non sapevo che il gioco mi richiedesse di fare farming, di gestire le mie risorse o fare una vera esplorazione. Mi aspettavo semplicemente un corridoio, che non mi è stato dato. Non avevo neanche voglia di ragionare, a dire il vero.
Quindi ho abbandonato anche Persona 4. Di nuovo. Ma a salvarmi è venuta Atlus stessa, con quella manna che è stata Persona 4 Golden su PC.
Fate/Stay Persona 4 Golden – Il Sacro Graal
Il 13 Giugno Atlus ha annunciato e pubblicato Persona 4 Golden su PC e, più precisamente, lo ha reso disponibile su Steam. Il 14, avevo già 4 ore sul gioco. Al momento di scrivere questa recensione, a un mese dalla sua uscita o poco meno, ne ho ben 70 e sono al New Game+1.
Cosa è scoccato questa volta? Perché stavolta ha funzionato? Non ne ho idea. O forse sì. Ma lasciatemi raccontare.
La fatidica pagina dello store su cui ci siamo tutti precipitati dopo l’annuncio
Credevo che l’acquisto fosse necessario: volevo ricominciare a giocarlo, e non potevo farne a meno questa volta. Ancora una volta, mi sono rialzato per combattere contro i JRPG, ma questa volta con rinnovata convinzione.
Eppure… anche questa volta ho sbagliato. Ho mancato di umiltà e rispetto per il gioco. Sì, di nuovo. Per i primi giorni, l’ho giocato col contagocce. Due ore al giorno, recuperando pian piano quello che avevo fatto su PS2. Una sorta di compito per casa, non un divertimento. Non è così che si dovrebbe vivere un gioco.
L’avrei abbandonato di nuovo, probabilmente, se non fossi stato obbligato a lavorarci sopra. È solo a quel punto che ho finalmente capito.
Due meno diventano un più, in matematica e nella vita
Paradossalmente, la cosa che mi ha fatto smettere di percepire il gioco come un lavoro, è proprio il mio lavoro. Per chi non lo sapesse, in questi giorni io e il mio amico Simone Chincarini abbiamo riempito il sito di guide ai Social Link del gioco, e la maggior parte sono state scritte di mio pugno.
Quello che era richiesto da me, oltre di scriverle, ovviamente, era di fare diversi screen mentre giocavo e di assicurarmi che fosse tutto giusto e coerente col gioco in sé.
Questo atto di umiltà verso il gioco, il dovermi abbassare per riuscire a capirlo e spiegarlo agli altri, è quello che finalmente mi ha fatto capire come approcciarmi al gioco. Come giocarlo, cosa dovessi fare e cosa il gioco voleva che facessi, pad alla mano.
Leggendo fino a questo punto, chi non ha mai giocato Persona non avrà probabilmente ancora capito come effettivamente sia l’esperienza che si può avere col gioco. Quindi, eccovi una parentesi della storia per darvi i risultati della mia ricerca.
La mia Golden Experience con Persona 4
Il gioco non è né carne né pesce. Eppure, in qualche modo lo è entrambi, e anche di più.
Non è veramente un simulatore di vita, non aspettatevi nulla del genere. È più una vera e propria esperienza. Diventerete più forti diventando amici con i vostri compagni di squadra: non è con la storia che sarete più e più vicini, ma al contrario è fuori dalla storia che si vivranno i momenti più belli.
Perché in questo gioco si vive quell’altra faccia della medaglia che negli altri videogiochi non si vede. Di solito, un gioco è strutturato così: tutti vivono felici e contenti, poi succede qualcosa, dovete sistemarlo, e alla fine ritorna tutto normale.
Non vivete mai quel “felici e contenti“, però. Non vi legate in quel modo ai protagonisti, quello che avete effettivamente guadagnato, per cui avete lottato, non lo ricevete mai. Ma non in in Persona. Ed è questo quello che crea la vera “esperienza di Persona“.
Qui, ogni minuto di gameplay interagite nella normalità, vivete nella normalità, e sono effettivamente tutti “felici e contenti”. Finché non succede qualcosa di veramente grave… ed è a quel punto capite per cosa state lottando.
Tutte quelle ore di chicchiere, in cui vi avvicinerete per capire i personagi, sia con la trama che con i loro Social Link, danno frutto: finalmente, avete capito per cosa state lottando e con chi state lottando.
Ed è proprio questo miscuglio di emozioni, di modi di vedere l’avventura che ad un certo punto vi fa dire: “Cazzo. Ma questi NON sono personaggi; questi sono miei amici.“
I legami che si creano in Persona sono il fulcro tanto della trama quanto del gameplay
Ma per capire loro, bisogna capire cosa vuole dire il gioco. Cosa vogliono dire i personaggi, cosa vogliono dire le cose che avete attorno. Il gioco richiede rispetto, e chi non lo dà, non riceve quello che il gioco ha da dare.
Lo spoiler di Persona 4 che ha reso la mia esperienza migliore
C’è però un altro motivo per cui ho capito davvero Persona 4. All’interno del gioco, la trama si muove seguendo i binari posti da un Serial Killer, in una sorta di thriller fantasy.
Il problema è che l’identità di questo Serial Killer, chi sia dietro a tutto, è ovunque su internet. È difficile scamparvi, e anche io, scrollando tra link a caso online, l’ho beccata. Però, in retrospettiva, mi ha aiutato.
Ho letto di una persona che chiedeva “se so già chi sia il Killer, che senso ha il gioco? Dovrei giocarlo?“. La risposta è, da una persona che lo ha giocato così, sì. Anzi, vi consiglio di andarvelo a cercare, potrebbe migliorare la vostra esperienza con Persona 4.
Il motivo? È semplice. Forse ne ha già parlato meglio il nostro Pietro Iacullo su Gameromancer, ma, a volte, la spoiler-fobia esagera. Davvero. Proprio perché sapevo già chi fosse il killer, sono stato ingannato continuamente dal gioco, e non solo.
Proprio perché sapevo già chi fosse, ho cominciato a esplorare di più il gioco: volevo sapere cosa ci fosse dietro, volevo trovare indizi per confermare questa informazione, volevo sapere perché. Non mi interessava chi.
Ho visto molte persone leggere gialli dalla fine, ed è qualcosa che invidio tantissimo. Seguono il percorso del romanzo al contrario, ma ne guadagnano molto di più. Cercano, insieme al detective di turno, di scovare il colpevole, e così notano nel romanzo molto più di chi viaggia cieco.
Per lo stesso motivo, sapere il Killer, e sapere tutte le risposte da dare e come raggiungere i personaggi del gioco con le guide, mi ha fatto scoprire di più il gioco, oltre che abbassarmi davanti a tutto quello che non sapevo e farmi fregare da alcuni colpi bassi.
Fino alla fine, non ho saputo i motivi del killer, e proprio per questo ho trovato la trama geniale, a discapito di tutto, e mi sono goduto ogni aspetto della mia esperienza con Persona 4, soprattutto perché finalmente avevo ammesso di non capirlo completamente.
A volte, per godere di un buon gioco bisogna abbassarsi per vederne tutta la grandezza.
Ciò che ho imparato dalla mia esperienza con Persona
Dopo aver affrontato questo gioco, averlo finito e di essermi inoltrato nel New Game+, ho capito qualcosa? Alla fine, onestamente, no. E lo riconosco.
Proprio quando ho iniziato il New Game+ ho fatto dei gravi errori, ho capito male cosa ci fosse e come non ci fosse, e credevo di sapere già tutto del gioco, ma sono stato fregato, e ho dovuto rifare la battaglia finale.
Ancora una volta, ho sbagliato nei confronti di Persona. Ed è proprio per questo che ho scritto questa lettera. Per scusarmi di non aver imparato niente dopo questa lunga esperienza e questi mesi passati in compagnia di Persona, dopo tutte le sfide che ho affrontato per capirlo.
(ah, alla fine ho imparato a fare le fusioni, non preoccupatevi)
Forse però, qualcuno riuscirà a prendere il mio appello e ad entrare veramente nella giusta mentalità per godersi giochi nuovi, siano essi JRPG o puzzle game o chicchessia. I giochi che più mi sono goduto, sono quelli da cui non mi aspettavo nulla, perché non avevo bias o pregiudizi.
Eppure, con Persona continuo a non essere abbastanza umile da godermelo… Perché alla fine, non si impara mai ciò che si crede di sapere.
Ho sbagliato ad approcciarmi, più e più volte, ma se c’è qualcosa che ho guadagnato, oltre a un bel e sonoro pianto a fine gioco, è che ora so che…
… fare i maestrini su qualcosa che non si è capaci di fare è stupidamente divertente.
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