L’annuncio del nuovo Assassin’s Creed ci mostra il Valhalla, e noi ci lamentiamo sempre.
Abbiamo un annuncio, abbiamo un Assassin’s Creed Valhalla. Ci spostiamo ancora, ma non solo nel senso fisico e cronologico del termine. Spalancate poco a poco le porte della mitologia negli scorsi capitoli, possiamo finalmente varcare la soglia ed entrare in un mondo che tutto sommato ci aspettavamo. Andiamo nel freddo nord, nei villaggi gelidi di un popolo guerriero, nei mari solcati dai drakkar. Dalle lotte contro creature mitologiche al territorio dell’ultimo God of War, e verso il mondo degli dei – il Valhalla, appunto – con un semplice disegno. E gli sputiamo pure addosso.
Le mani di un disegnatore ci hanno guidato in un teaser unico, che farebbe la sua figura come copertina per Assassin’s Creed: Valhalla. Lo abbiamo visto unire dei pezzi per creare uno scenario, modificarlo e raccontare una storia. Ci ha provato davvero a stuzzicare la nostra fantasia, ma non ci stava bene: era un annuncio e c’era Assassin’s Creed Valhalla, ma non c’era il trailer. Beh oggi invece il trailer c’è, e siamo pronti a un’ondata di critiche differenti. Prime fra tutte: “Questo non è Assassin’s Creed. Origins ne ha segnato la fine”.
E invece sapete che penso? Proprio no.
Assassin's Creed è ancora là: siamo noi a cambiare idea.
Tutto è iniziato da Altair, l’assassino dei tempi delle crociate cui il potere aveva dato alla testa. Nel suo piccolo nemmeno tanto: una sola mela avrebbe dato inizio ad una lotta di potere, come aveva condannato Adamo ed Eva all’allontanamento dall’Eden. Quanto vero, eh? Ma Ezio ancora non lo sapeva. Quel ragazzo arrogante e presuntuoso ha dovuto sbrigarsi a crescere, per vendicare la sua famiglia e proseguire la caccia alla Mela. E in parallelo anche Desmond si trovava in mezzo a qualcosa di più grande di lui. Desmond, il protagonista dei giorni nostri ai cui ricordi abbiamo attinto per tanto tempo. Ma era davvero il protagonista? O avremmo dovuto guardare anche lui come un portatore di una fiaccola?
Perché tutto sommato, ogni suo antenato che abbiamo conosciuto – per quanto grandioso – non è stato che un pedone. Lo abbiamo visto all’inizio, e ci sono voluti i remaster per ricordarcelo (tranne che del primo Assassin’s Creed, lì ci vorrebbe un remake – just saying). Lo sa bene anche Connor, quel protagonista silenzioso che vendica i soprusi di una società schiavista – ma lo fa troppo in silenzio e alla fine non lascia tracce evidenti. Poi, se già allora ci grattavamo la testa pensando “ma come fa uno con un coltellino a infiltrarsi in una guerra di armi da fuoco?”, la vera svolta doveva ancora venire. O meglio, la “virata”.
In un’analisi del “cosa è successo” perché non partire proprio dalla virata che ha ribaltato la nave?
Avrà quel titolo in copertina, ma Black Flag non (?) è Assassin's Creed.
Volevamo un cambiamento serio, lo abbiamo avuto. Dallo stealth ed il parkour sui campanili siamo stati catapultati in qualcosa che faceva sentire uno strano senso di oppressione. Tutto era così diverso, dallo scenario alle meccaniche, e sembra semplice capire che cosa ci fosse di sbagliato. Mancavano i palazzi: e allora come faccio a fare il salto della fede? Siamo nell’epoca dei pirati. Ma che ci faccio con la spada e la lama celata? In tutta risposta di pistole ce ne hanno date quattro (e anche parecchi punti di osservazione), e dalle lotte nude e crude di Connor si è passati a una danza di sangueche inghiottiva lo sguardo. Forse non lo ammettiamo, ma Black Flagci ha stregato a guardarlo: le navi che solcano l’acqua, gli scenari verdi delle isole disabitate, i templi. Gli abbordaggi e le esplorazioni subacquee – e gli shanties, che diavolo. Ma no, c’è qualcosa di più importante: Edward si veste da Assassino ma non è un Assassino.
E allora questa non è la saga che conosco.
In copertina c’è scritto Assassin’s Creed, ma no: non è Assassin’s Creed, al massimo un remake fatto male. Perché non c’è la cerimonia, non c’è la setta. C’è solo un piratucolo improvvisato che si mette addosso il primo vestito che trova (sfilandolo al primo cristo che trova). E quindi per qualche motivo tutto questo lo eredita Assassin’s Creed Valhalla, dall’annuncio con un disegno fino al trailer del vichingo con la lama celata. Il processo va fatto a tutti gli Assassin’s Creed da Black Flag in poi, perché una volta che hai sbagliato non puoi rimediare. Hai fatto un cambiamento di rotta, ma non era quello che tutti si aspettavano. Hai anche tolto Desmond, il vero protagonista, e ti sei nascosto dietro la ruffianata del “volevamo che voi giocatori vi sentiste protagonisti”. Ma chi è che il personaggio dei giorni nostri? Non è mica Desmond, non va bene. Errore, peggio ancora dell’aver trasformato un Assassino in un Templare a metà corsa. In un gioco, tra l’altro, che sa un po’ di remake di Assassin’s Creed Black Flag.
Una serie inarrestabile di errori, perché da Origins in poi hai preso a usare lo stile ARPG. Quindi la tua carriera è finita, perché un Assassin’s Creed non può essere un RPG nemmeno in un remake fatto male. Per carità, il solito gioco ci ha proprio rotto: lo vogliamo più lungo, lo vogliamo più difficile, basta le solite meccaniche. Però dai, RPG?
Dietro le meccaniche c’è sempre un gioco, una serie che vuole fare qualcosa – e quel qualcosa è raccontare la storia, dal punto di vista di chi c’era. Immaginare una storia personale parallela ad un periodo storico, costruirci sopra un personaggio e metterlo in copertina sotto il titolo “Assassin’s Creed“. Il credo dell’assassino: un modo di vivere, più che il mero cappuccio o l’arrampicarsi sui tetti. Unirsi alla causa comune di difendere i deboli, ma trattenendo la lama dalla carne degli innocenti. Essere parte di qualcosa di davvero enorme. Tutto questo io lo rivedo nel disegno di Assassin’s Creed Valhalla, che pure ha scatenato critiche senza che nemmeno lo si conoscesse. Vedo un uomo, alla sua destra un’avventura e alla sua sinistra una causa. Mi vedo con il joystick in mano a guidarlo verso il Valhalla, la destinazione finale del suo credo vichingo.
Vedo poi una software house, con una fanbase come tutti. Solo che la fanbase cresce, e inizia a non accontentarsi più di tutto quello che passa il convento – e visto il prezzo non li biasimo del tutto. Il problema è che se ci prendi la mano alla fine non c’è proprio niente che ti accontenti. Vuoi questo e anche il fattore nostalgia, che ti rimanda ai tempi in cui Ezio confrontava Minerva, capendo di non essere che un punto in una freccia temporale. Dopo quell’evento ti aspetti chissà cosa, e invece hai solo Connor. Preso da una grossa ondata di delusione ogni cambiamento ti sembra troppo radicale, tanto più che in copertina Assassin’s Creed Valhalla si porta il peccato di non aver rilasciato il trailer come annuncio piuttosto di un disegno.
Ma puoi dire davvero che Assassin’s Creed sia morto con Ezio, solo per questo?
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