Che il 2021 fosse l’anno di Resident Evil mi era abbastanza chiaro, e Village rappresenta il regalo più bello per festeggiare i 25 anni di questa saga. Sembra ieri quando mi trovavo al freddo e impaurito nelle paludi di Raccoon Forest con Spencer’s Mansion che sembrava l’unica speranza per uscire da quell’incubo. La terza persona e i fondali fotografici mi bastavano e non avrei mai immaginato di finire io stesso nell’incubo, passando da regista a protagonista.

Il cambio di prospettiva, a pensarci bene, è servito per ravvivare questa saga, che rischiava di deragliare in una situazione di obsolescenza generazionale. Il survival horror ideato dal buon Shinji Mikami aveva bisogno di una scossa. Ci hanno provato i remake e in parte ci sono riusciti. Giocando nei panni di Jill Valentine mi sono accorto di come la saga stava prendendo una strada diversa dalle sue origini, con tanta azione e poca paura. Avevo bisogno di “farmela sotto” come ai vecchi tempi.

Approfittando di un po’ di tempo libero, mi sono recuperato Resident Evil VII, disponibile gratuitamente sul PS Collection. Diamine – mi sono detto – RE in prima persona? Ma che c….?! Le (dis)avventure nel Bayou mi hanno fatto conoscere Mia ed Ethan Winters, protagonisti anche in Resident Evil Village. Premesso che sono un malato di FPP (First Person Perspective), il mio tradizionalismo ha creato un muro tra me e il gioco. Non riuscivo a comprendere il “perché” di questa scelta “drastica”.

Non vedevo zombie ma solo una famiglia di pazzoidi che sembrava venir fuori dal film Non aprite quella porta. Ecco cercavo gli zombie, il mio punto fermo della saga. Resident Evil senza zombie? – pensavo – Ma che c….?! Ed è in quel preciso istante che mi sono accorto di come stavo clamorosamente sbagliando tutto. Sentivo ancora la puzza delle paludi di Raccoon Forest e non riuscivo a vedere quello che avevo davanti. Qualcosa di nuovo e inedito, che assomigliava molto a un nuovo inizio della saga di Resident Evil.

È davvero un nuovo inizio?

Giocando a Resident Evil VII avrò visto, forse, una “mezza volta” il logo dell’Umbrella. Se non ricordo male solo verso il finale (e non vi spoilero altro). Era ovvio che mi trovavo nel bel mezzo di un loro dannato esperimento, anche perché l’Umbrella Style era ovunque. Cercavo connessioni con i precedenti capitoli, leggendo documenti, osservando quadri e provando a cogliere i vari dettagli che i miei occhi volevano trovare a tutti i costi. Il costante disorientamento rispetto al continuum della saga, anche se avevo accettato di trovarmi in qualcosa di nuovo, non riusciva ad andarsene. Nemmeno il mio livello di sfida era appagato. Gli enigmi presenti nel gioco erano elementari, nulla a che vedere con quelli presenti nella saga originale.

Ormai mi sentivo troppo coinvol…. Ecco – mi sono detto – adesso ho capito. Stavo sopravvivendo (survival) all’orrore (horror). Non sono più un freddo regista che muove il personaggio dall’esterno, io sono dentro il gioco. Anzi, ne sono parte integrante. Capcom, ereditando tutto dalla sua storia passata, ha deciso di farci vivere in prima persona quello che secondo me ha tutte le fattezze del “gran finale”. Prendetela, questa, come una mia considerazione personale, anche alla luce della demo tecnica dello scorso gennaio “Maiden”. È come se fosse arrivato il momento di raccogliere i 25 anni di attività, e comprendere quali siano i reali piani dell’Umbrella.

Perché sono arrivato a questa conclusione? Semplice, non ci sono gli zombie. Adesso in Village troveremo i Lycans e forse – da quello che sembra dalle immagini – i vampiri. E gli zombie non ci sono più. Forse non fanno più trend, o forse perché il virus “T” era solo la prima tessera del mosaico, composto da saghe regolari, spinoff e remake. Mi piace immaginarlo così questo ottavo capitolo di Resident Evil, il secondo se lo pensiamo come parte di una nuova trilogia iniziata nel 2017.  

Resident Evil VII è necessario per capire Village?

Ora, veniamo al domandone: per giocare a Village devo prima giocare a Resident Evil VII? Si ragazzi, dovete recuperarlo. Lo dovete fare, non solo per capire i personaggi e magari qualche possibile rimando, ma anche per entrare nell’ottica di questa nuova saga. Anche se forse è più corretto parlare di “punto di vista”. Capcom, sicuramente, avrà fatto di tutto per creare un’avventura standalone, ma siamo sicuri che qualche questione rimasta in sospeso nel Baiyou non tornerà a galla (e chi ci ha giocato sa già di cosa sto parlando)? Ma il punto non è questo. Nel corso del recente Showcase è stato mostrato un trailer formato da alcuni messaggi subliminali. Quello che più rimasto in testa è il numero di volte in cui è stato ripetuto il nome “Ethan”.

Il sig. Winters, in Resident Evil VII, era sì il protagonista, ma aveva il compito di ritrovare la sua fidanzata Mia. Non era, quindi, il “solo” destinatario delle attenzioni dei membri della famiglia Baker anche se, di fatto, subiva la loro rabbia “senza intermediari”. In Village, invece, sembra che tutti lo stiano aspettando. Ancora una volta si dovrà lanciare alla ricerca di qualcuno, della piccola RoseMary, la figlia nata dopo il matrimonio con Mia. Questa idea, però, mi ronza in testa e non se ne va. Mah, forse mi sbaglierò, ma mi piace pensare che questa nuova trilogia sia quella finale. Quella che ci porta a capire dove tutta questa storia andrà a parare. Dove 25 anni e __ capitoli ci vorranno portare.

L’8 maggio non è molto lontano. Ascoltate un consiglio “sincero” e (ri)giocatevi Resident Evil VII. Io l’ho recuperato e me lo sono ri-gustato come se fosse la prima volta. Anche se sono passati più di 4 anni, è stato bello tornare a casa Baker, in quell’escape game del terrore.

Prendetelo come un allenamento pre-gara. Vi servirà.

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