All’alba della nuova generazione di Sony, impazzano le Fake News a tema PS5. Spesso diffuse proprio da chi potrebbe – dovrebbe – debunkarle.

Con PlayStation 5 alle porte era prevedibile che uno dei principali intenti di ricerca riguardasse la retrocompatibilità. Merito (o meglio, colpa) di una lineup di lancio sicuramente non esaltante. Ma soprattutto del terrorismo psicologico che accompagna la feature fin da febbraio, dove si è capito – o si è voluto capire – che al lancio sarebbero stati compatibili solo un centinaio di titoli. Quello a cui stiamo assistendo nelle ultime ore, però, è la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso. Con la differenza che la “goccia” è una vera e propria pioggia, e il vaso è colmo di liquami di non meglio specificata natura.

PS5 e Fake News, un matrimonio che s'ha da fare. E ad officiarlo è la stampa di settore

Il primo teste da chiamare alla sbarra dei testimoni è Ubisoft. È notizia di qualche giorno fa che la casa francese abbia deciso di aggiungere all’elenco dei titoli ufficialmente non compatibili con PS5 parte della sua lineup. Si tratta soprattutto di esperienze per PSVR, ma tra gli eclusi illustri figura Assassin’s Creed Syndicate. In realtà il titolo è giocabile, ma non perfettamente compatibile. Durante l’esperienza si potrebbe incappare in problemi non previsti, quindi previsionalmente Ubisoft ha dichiarato il titolo non compatibile. La stampa non ha ovviamente indagato, ribattendo la notizia spesso suggerendo in modo sibillino che nei prossimi giorni potrebbero verificarsi altre defezioni del genere.

Dove non arrivano gli addetti ai lavori però arriva l’utenza, che ha realizzato un tool ad-hoc per la verifica della retrocompatibilità dei titoli. Dimostrando che si, Sony non ha detto una fesseria.

Nemmeno i titoli first party sono immuni alle fake news di PS5


Per approfondire:
The Last Guardian
Circola in queste ore l’indiscrezione che The Last Guardian sarebbe si retrocompatibile su PS5, ma che sarebbe giocabile a 60 fps solo in versione retail. Il sottotesto è che si tratterebbe di un’anomalia nell’emulazione dei titoli PS4 – che tecnicamente non sarebbe nemmeno definibile tale, visto che l’architettura hardware è comune tra le due macchine. In realtà la spiegazione è molto banale: la versione digitale del titolo viene scaricata con già incluse le patch rilasciate dopo il lancio. Una delle prime patch per The Last Guardian introduceva un cap sui 30 fotogrammi al secondo per rendere l’esperienza più stabile, cercando di eliminare gli sbalzi che ne funestavano l’esperienza.

Non si tratta di un limite di PS5, ma di un vincolo imposto da Japan Studio. Che sarebbe folle chiedere adesso di rimuovere, visto che parliamo di un titolo che di certo non ha sbancato al botteghino. E che, soprattutto, è tranquillamente giocabile a 30 fps.

L’altra grossa Fake News sulla retrocompatibilità di PS5 riguarda il titolo From Software. Pare che Bloodborne sia giocabile solo a 30 fps, nonostante la maggior potenza di calcolo della nuova ammiraglia Sony. Grazie al c… Calice, verrebbe da dire. Il titolo è stato pensato da From Software proprio in questo modo, si tratta quindi di nuovo di un discorso legato alla realizzazione tecnica del gioco, non a problemi di retrocompatibilità.

Esiste in effetti una patch non ufficiale che permette di giocare Bloodborne a 60 frame per secondo. Ma è, appunto, una patch non ufficiale.

Ma perché questa ondata di Fake News? È un complotto ai danni di Sony? Nah...

La spiegazione è molto semplice, in realtà. Come diversi addetti ai lavori – chi più, chi meno – hanno spiegato durante le live del nostro Sottosopra, chi scrive su Internet insegue i trend. Chiaro, c’è modo e modo di farlo. Specie perché non è un mistero che le press unit di PS5 siano nelle mani della stampa di settore da qualche settimana, visto che hands on, recensioni e video sono usciti a getto continuo negli ultimi giorni. Viene da chiedersi perché più di qualcuno, pur potendo facilmente verificare la veridicità delle notizie rimbalzate su Reddit, ResetEra o qualche testata estera decida di non farlo, pubblicando al massimo poi una smentita o nascondendo dalla home l’articolo. La risposta, banalmente, è per monetizzare il traffico generato da queste notizie.

A noi basterebbe smettere di seguire queste testate fraudolente e far sentire la nostra voce.

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