Sono passato da Windows a Mac dopo 25 anni in cui ho snobbato Apple al di fuori della telefonia. Il primo ricordo che ho di un Personal Computer – si chiamavano così – è di me che digito “win” sulla tastiera per far comparire l’interfaccia grafica e avviare Prince of Persia. Il 92,59% della mia vita è stata vissuta sotto Windows, passare a Mac è un po’ come diventare buddista dopo anni da cattolico. E no, non mi sto ripagando il Macbook parlando bene di Apple. Anzi, sono matematicamente certo che a parlar bene di Apple si abbia tutto da perdere. L’ultima volta che l’ho fatto sulla nostra pagina Facebook sono comparse una serie di recensioni negative. Difficilmente il rapporto causa-effetto tra le due cose è solo nella mia testa.
Sono consapevole che la mia visione su certe cose non è la vostra. Ho esigenze e aspettative diverse. Più in generale ho un rapporto diverso con la tecnologia. Non è detto né scontato che la mia esperienza si applichi bene alla vostra pelle. Però davvero, in rete non ho trovato nessun pezzo che trattasse l’argomento “come passare da Windows a Mac” con questo taglio, più vicino all’Esperienza Utente e all’utilizzo pratico. Per cui mi sono detto vabbè, scrivilo tu.
La prima cosa che dovrebbero dirvi quando vi balena in mente l’idea di passare a Mac è che è una sfida. Personalmente, ho soppesato questo salto nel vuoto per anni prima di correre il rischio. E mi rendo conto che in effetti ho corso un rischio. Metti che poi su Mac ti trovi male, hai speso mille e rotti euro per poi dover installarci su Windows. Cosa che tra parentesi si può fare, anche su hard disk esterno.
Per quanto Windows da Vista in poi abbia fatto il possibile per avvicinarsi all’Esperienza Utente di Apple (collezionando anche una discreta collezione di figure di cacca… Tipo appunto Windows Vista), stiamo parlando di due mondi diversi. Avete presente quando in un film il maestro dice all’allievo di dimenticare tutto quello che sa su un certo argomento? Ecco, quando si passa da Windows a Mac quel punto del film dovrebbe essere l’introduzione. Quella con tutti i nomi di chi ha messo i soldi nella produzione della pellicola.
Se decidete di passare a Mac, dimenticate tutta la vostra esperienza con Windows.
Ci sono ovvi parallelismi, e negli anni i due ecosistemi (come dicevo) si sono sicuramente avvicinati. Ma ci sono cose che su Windows si fanno in un certo modo e su macOS in un altro. Altre che si possono fare da una parte si e dall’altra no. Altre ancora che avete sempre fatto, ma più per abitudine che per necessità. Una bella tabula rasa risolve i problemi alla radice. Ho passato i primi giorni della transizione a cercare esattamente gli stessi programmi che usavo su Windows e a chiedermi quando mi convenisse cercare alternative e quando invece cedere al lato oscuro di Wine. Che per chi non lo sapesse, è un programma che permette di far girare su Linux e Mac applicazioni scritte per Windows.
Ad un certo punto mi sono chiesto… “perché?“
Non ha senso passare da un sistema all’altro e poi rifiutare categoricamente di adattarsi, mettere in discussione quello che si fa e si pensa di sapere da anni senza verificare se si può far meglio. Insomma, non ha assolutamente senso spendere un millino e poi rimanere convinti delle proprie certezze. Se decidete di passare a Mac, il consiglio più importante che vi si possa dare è questo. Dubitate e curiosate tra quello che c’è, invece di cercare di replicare 1:1 il desktop che avevate su Windows.
Anche perché la Scrivania di macOS ha un’altra filosofia. È molto probabile che finirete ad utilizzare molto di più Dock e Spotlight, per avviare le vostre applicazioni e navigare tra i file. O a mali estremi, Finder, che come ricorda anche Apple nella sua pagina dedicata alla transizione Windows-Mac (si, c’è una pagina dedicata sul sito Apple) è l’equivalente dell’Esplora Risorse di Microsoft – ma di fatto è una sorte di corte di ultimo appello quando si sta ravanando nel file system.
Ed è solo un esempio di come l’approccio cambi su Mac rispetto a Windows. Altra piccola differenza? Non c’è possibilità di tagliare esplicitamente un file. Va prima copiato e poi incollato premendo anche il tasto alt, oltre a cmd e v – il caro vecchio ctrl+x funziona solo all’interno delle applicazioni. Piccole differenze che in un primo momento vi spiazzeranno, ma che col tempo entreranno nell’utilizzo comune. Ed è a quel punto che ci si smette di sentire goffi, davanti al proprio schermo retina, e si inizia ad apprezzare l’Esperienza Utente di macOS. E ci si accorge di come tante piccole stupide operazioni siano diventate più veloci ed immediate, a patto di essersi rassegnati a dover imparare macOS.
Si diventa più produttivi.
Proprio come anni e anni di spot della Mela hanno sempre promesso… Senza però mai spiegarci davvero perché.
L’integrazione
La seconda cosa che dovrebbero dire a chi vuole passare a Mac, è che è il primo passo per entrare in una setta. O in una spirale di dipendenza, vedete voi.
Per anni i sostenitori della mela ce l’hanno menata con la questione dell’integrazione, dicendo quanto funzionasse bene la suite di prodotti Apple, quanto fosse comodo avere a disposizione dispositivi in grado di parlare tra di loro, rimanere sincronizzati e scambiarsi continuamente dati.
È difficile spiegare la soddisfazione che si prova quando avete dimenticato l’iPhone sul comodino, arriva una telefonata e potete rispondere tranquillamente dal Mac. E diventa praticamente impossibile spiegare perché abbia perfettamente senso spendere 179€ per un paio di cuffiette bluetooth (stiamo parlando degli Airpods), per quanto buone, senza far provare con mano la comodità del doverle associare solo una volta ad uno dei propri dispositivi per poi poterle utilizzare automaticamente ovunque, dall’iPad al proprio Apple Watch.
È roba che costa – anche caro, rispetto alla concorrenza – ed è un po’ da fighetti? Assolutamente si. Ma l’Esperienza Utente è così ben confezionata…
… Anche se non è esente da macchie, come logico. Condividere la connessione dati tra iPhone e Mac è estremamente facile – basta essere loggati allo stesso account iCloud sui due dispositivi – ma per esempio se si volesse banalmente solo vedere quanta batteria è rimasta sul telefono, poco intuitivamente si dovrebbe accedere al menu delle connessioni Wi-Fi posto sulla barra in alto tenendo premuto il tasto alt, e poi fermarsi sopra la voce che riguarda l’iPhone (diversamente, viene presentata solo un’icona che indica sommariamente il livello di carica).
E l’informazione peraltro non può essere nemmeno chiesta a Siri, come si può invece fare da Apple Watch. Ma sono più che altro le app di terze parti ad essere rimaste indietro: macOS permette di aggiungere alle varie notifiche di sistema anche quelle di Facebook, ma il click sulla notifica porta banalmente alla home del sito (o a quella di messenger, se riguarda invece un messaggio). E le notifiche di messenger tra l’altro si limitano ad avvisare di un nuovo messaggio ricevuto, senza riportarne il testo o almeno il mittente.
Non sarà direttamente colpa di Apple, ma visto che si tratta di app e servizi che sono entrati nel nostro quotidiano – e per cui le eventuali alternative “in casa” non hanno mai decollato… Non uso iMessage nemmeno con i miei contatti che hanno un iPhone – è inevitabile accorgersi di queste problematiche.
È inevitabile però che per apprezzare davvero questa integrazione sia necessario… Integrarsi con Apple. Nel senso di essere disposti a venire a patti con le proprie finanze e riempire casa vostra di prodotti della mela, iPhone in testa. Perché se una decina di anni fa il PC era il centro di gravità del nostro intrattenimento e tutto passava da lì, adesso tutto inizia e finisce con il nostro smartphone, e buona parte del valore aggiunto di macOS rispetto a Windows passa da lì. Poi vabbè si possono fare cose davvero simpatiche anche sfruttando gli altri prodotti della casa – una Apple TV permette, per esempio, di proiettare il vostro monitor tranquillamente sulla TV di casa, senza cavi e senza sbattimenti, ma si tratta di una fighetteria più che di una vera e propria necessità, Netflix continuerete a guardarlo da PS4.
Il tasto dolente rimane il gaming.
Per quanto si siano fatti progressi in questo senso (Steam adesso quantomeno ha una parvenza di decenza, anche su Mac) il supporto lascia ancora alquanto a desiderare. Passare da Windows a Mac vuol dire scegliere di giocare in serie B. Di essere, dei cittadini di serie B, quando si parla di gaming. I Tripla-A maggiori sono preclusi e anche gli indie più piccoli, sviluppati da una manciata di sviluppatori, non arrivano o arrivano con un certo ritardo.
È un vero peccato questo, perché Apple di fatto filosoficamente è molto più vicina al modello console che a quello del PC Gaming tradizionale
La gamma di modelli è tutto sommato limitata ed il grosso dell’hardware è comune. Spingendo il pedale sull’ottimizzazione ogni Mac potrebbe diventare una sorta di – costosissima – console. Non lo si sta facendo (almeno, questa è la risposta che mi sono dato io) perché ad Apple poi non interessa così tanto spingere su quella nicchia e perché i numeri, dal punto di vista delle unità vendute, non sono poi così interessanti per chi produce software.
Perché se è vero che la filosofia lato hardware è quella console, ci sono tutti i trade-off del PC Gaming e del dover fare i conti con la libertà lasciata all’utente, rispetto a quanto si può fare su PS4 e Xbox One. Ad iniziare dalla questione pirateria. Da questo punto di vista è difficile immaginare un’inversione di tendenza: nel mio piccolo credo che gli sviluppatori di dimensioni più contenute – il famigerato mercato indie che doveva salvarci tutti – continueranno a supportare macOS con sempre maggior entusiasmo, vuoi anche perché da un po’ di tempo a questa parte è diventato più semplice sviluppare su più piattaforme (Apple è passata a delle architetture Intel da tempi non sospetti, insomma) e vuoi perché comunque per loro la visibilità è Dio, e in una nicchia come questa possono ritagliarsi una vetrina discretamente interessante.
Ma è tutto qui, difficilmente il numero di Mac venduti avrà un boom improvviso del breve e il grosso di chi crea videogiochi segue – giocoforza – il mercato. E finché a livello di rapporto prezzo/specifiche tecniche Apple rimarrà su questo piano, è improbabile che il mercato abbandoni Windows in massa. La casa di Cupertino ne è consapevole e infatti s’è inventata Apple Arcade spingendolo soprattutto su iOS e tvOS, lasciando macOS a terra. Si gioca meglio su Apple TV che su Mac, e questo la dice lunga.
Io stesso un paio di anni fa ho acquistato un notebook Windows di tutto rispetto (12GB di RAM, 1TB di disco rigido, processore i7 quad core e quant’altro) spendendo circa 700€. La soluzione entry-level di Apple (il Macbook Air) con 999€ offre 128GB di hard disk (a stato solido, quantomeno), un processore dual core e una scheda video integrata che non è sicuramente ideale per giocare seriamente. Non c’è semplicemente partita, guardando i numeri. Ma i numeri – e ce ne si accorge, purtroppo, solo provando con mano – non raccontano l’Esperienza Utente dietro un prodotto. Ed è li che sta la forza di Apple. Il notebook di cui sopra spesso e volentieri si incartava senza apparente motivo, nonostante il 12 giga di RAM… Il mio Macbook non mi ha ancora fatto bestemmiare.
Insomma, mi conviene passare a Mac?
Dipende.
Si, se si ha un iPhone (e magari qualche altro prodotto Apple) già in casa. Permette di sfruttare l’integrazione dell’ecosistema, di spegnere le luci del salotto da PC e di aumentare la propria produttività.
Se si è disposti a spendere di più, a parità di hardware, e a dover ricominciare ad imparare a stare davanti ad un monitor, si. Mettendo anche in conto che il gaming rimane relegato in terzo o in quarto piano.
Se insomma avete risposto si ad almeno un paio delle domande qui sopra, ne vale la pena.
Altrimenti Windows è la scelta più facile, economica e adatta a voi.
#LiveTheRebellion
Privacy & Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these cookies, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may have an effect on your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.
#LiveTheRebellion