Iniziare un articolo affermando che The Last of Us, attraverso il suo iperrealismo distopico e la sua violenza, ci ha mostrato i confini di ogni altra arte umana è davvero rischioso. In molti, a ragione, potrebbero gridare alla blasfemia. Sono tuttavia convinto che se riuscirete ad arrivare alla fine di questo speciale, un pizzico di consenso me lo concederete. Non voglio assolutamente affermare che il videogioco sia migliore delle altre arti, si badi bene. Ma dopo aver visto il clamore generato dalle recenti vicende del titolo Naughty Dog, tra i rinvii dell’uscita per PS4, i leak selvaggi, le dichiarazioni al vetriolo di Neil Druckmann e l’ultimo State of Play, mi sono chiesto come mai The Last of Us Parte II sia atteso così visceralmente.
E la risposta che mi sono dato è che il cammino di Joel ed Ellie attraverso un’America disastrata in piena pandemia, ci ha mostrato e continua a mostrarci come il videogioco sia in grado di andare oltre i confini di ogni altra arte dell’uomo. Perché c’è un cosa che nemmeno il cinema è mai riuscito a fare: farci dissociare dalle nostre stesse azioni.
The Last of Us ci mostra come il videogioco sia in grado di andare oltre i confini di ogni altra arte umana...
Siamo da sempre abituati ad interpretare personaggi le cui gesta sono in qualche modo giustificate dalla loro situazione personale. Si pensi a GTA per esempio: il livello di degrado sociale in cui vivono i protagonisti, giustifica ogni nostra azione, non facendoci provare rimorso per un colpo finito male o per un incidente mortale. Che si interpreti eroi, antieroi o veri e propri criminali, l’ambiente di gioco cerca sempre di contestualizzare le azioni del videogiocatore, cercando di fargli provare soddisfazione anche per atti che nella vita reale non compirebbe mai. Questo perché mantenere un buon livello di flow, di soddisfazione, è fondamentale per il design di un videogioco.
Ma non sempre è così. Esistono alcune mosche bianche che con coraggio hanno rigettato ogni logica di design, cercando volutamente di creare alienazione nel videogiocatore. Si veda Shadow of the Colossus ad esempio e il senso di colpa che attanaglia il giocatore ad ogni colosso abbattuto. Miti viandanti dai tenui occhi verdi la cui unica colpa è quella di rappresentare un ostacolo nel cammino egoistico di Wander. Oppure ancora la missione Niente Russo di Call of Duty Modern Warfare 2. Che si scelga di sparare o meno sulla folla, ci ritroviamo comunque al fianco di un gruppo terroristico che sta compiendo una strage senza precedenti.
Queste singolarità videoludiche ci hanno mostrato come il medium dei videogiochi abbia un potere emotivo quasi ineguagliabile, obbligandoci a fare delle scelte lontane anni luce dalla nostra moralità. Ci mettono davvero nei panni del prossimo, in situazioni che mai avremmo pensato di dover affrontare, per farci comprendere chi siamo realmente. Dunque non c’è da stupirsi se la violenza vista nello State of Play di The Last of Us Parte II, ha scosso così profondamente i nostri animi. Perché con i personaggi di Naughty Dog abbiamo maturato un’empatia quasi senza precedenti.
La vera violenza in The Last of Us è il tradimento
La violenza di Ellie mostrata nel gameplay di The Last of Us Parte II, è assolutamente coerente con gli obbiettivi ultimi del gioco di Neil Druckmann: porci nei panni di un alter ego che forse non avremmo mai voluto interpretare. Perché la repulsione che quella violenza ci ha provocato è stata causata in primis perché era proprio Ellie a perpetrarla. Quella bambina gentile e ingenua, che nel primo capitolo abbiamo così prontamente protetto, quasi fosse la nostra stessa figlia. Quella bambina che ora è cresciuta, ha aperto gli occhi in un mondo disumano, dove mors tua vita mea è l’unica morale che conta. Quella stessa bambina che interpretiamo negli ultimi frangenti di gioco, quando il processo di dissociazione da Joel è ormai completato.
Perché sono passati ben sette anni dal primo rivoluzionario capitolo, ma non possiamo dimenticare le emozioni provate durante quel lungo, doloroso finale. Joel, che così tanto avevamo imparato ad amare, un rozzo egoista ritrovatosi padre dopo una vita passata a odiare, ci tradisce così, senza lasciarci alcuna possibilità di manovra. Perché possiamo raccontarci che non aveva altra scelta, che non poteva lasciar morire Ellie. Ma l’uccisione a sangue freddo del medico ci ha fatto davvero male, come l’esecuzione senza esitazione di Marlene. E allora forse comprendiamo perché è Ellie a guidarci lungo gli ultimi tratti del gioco. Perché il nostro rapporto con Joel è ormai compromesso. I delitti di cui si è macchiato hanno rotto definitivamente il forte legame di fiducia che aveva con noi instaurato.
Che sia giunto il momento anche per Ellie di tradirci?
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