Non vi farò un riassunto di Kingdom Hearts, quello ve lo trovate già nell’Archivio della Memoria. Potreste guardarvelo comunque. In un certo senso tutto questo attinge dall’Archivio. È passato un anno dall’uscita del gioco, e onestamente ancora non riesco a dimenticarlo – tanto che me lo sono tatuato addosso. Con un intrinseco valore aggiunto. In testa ho dei flash, come frammenti di ricordi accumulati in un momento non ben definito del videogioco – o forse in più momenti.
Ci resto male quando un gioco che mi è piaciuto viene criticato pesantemente.
Non perché voglia che tutti la pensino come me, sono solo convinto che dovremmo tornare a giocare con un po’ più di cuore che di testa. Le critiche a Kingdom Hearts III (“troppe cutscene poco gioco, finale di m****” eccetera) mi hanno davvero ucciso, almeno le più pesanti. Perché per capire il valore insito in un videogioco, perché resti nella memoria della persona, bisogna giocare davvero con il cuore. Non a caso è quello il protagonista indiscusso dei Kingdom Hearts. È naturale che se si è troppo attaccati a titoli fini a sé stessi non ci si rende conto di tutto questo. Invece io, a tanto tempo di distanza dall’inizio della sua storia, continuo ad avere epifanie: ad esempio, che Sora è chi lo impersona.
Sora ha perso i suoi amici, e ha fatto di tutto per ritrovarli. Ha lasciato la propria isola felice (ah già, se l’è mangiata il Darksider), è saltato su un’astronave Playmobil (che mi infastidisce come non mai dover curare) visitando molti mondi e incontrando persone. Si è trovato coinvolto in qualcosa di molto più grande di lui, e con al fianco compagini delle più improbabili si è sempre cavato d’impaccio. Anche ballando. E non ha mai battuto ciglio.
Ma di fronte a qualcosa di enorme neanche lui ce la fa. E scoppia.
Dopo così tanto tempo Sora crolla, ha paura della guerra che sa di trovarsi davanti – anche perché l’ultimo viaggetto nel mondo dei sogni lo ha privato dei poteri più importanti (viva le esigenze di gameplay). E dopo un altro lungo viaggio, dopo altre mille criptiche frasi sedicenti del lato oscuro si trova davanti una guerra contro un qualcosa di pericoloso per antonomasia. Sa di essere in svantaggio, e ha paura. Proprio tanta. Cedervi gli costerebbe caro, lo sa, eppure cede.
Muore per un po’, e si ritrova in un mondo vuoto in cui di lui rimane solo una sagoma, e deve rimettere insieme i pezzi. Poi dovrà saltare nei cuori dei suoi compagni di squadra per tornare al mondo normale appena prima di essere stato sconfitto. Torna con meno paura anche se ne ha comunque, e una voce amica chiama supporto per lui.
Qui è il colpo di scena: il supporto viene dal passato della saga, un passato che non tutti hanno conosciuto. Ma viene anche dal presente, perché quelle armi che lo aiutano a farsi strada sono dei coraggiosi combattenti di Kingdom Hearts Union Cross – giocatori veri, i cui nomi vengono tributati in una delle scene più belle del titolo.
Kingdom Hearts III, un videogioco in cui si tributa il valore dei guerrieri passati e dei giocatori presenti.
Ed è proprio il valore della memoria che Kingdom Hearts III cerca di risaltare, parlandone non solo in un videogioco principale ma anche in un DLC (Re:Mind – guardacaso, Ri:Corda). Iniziava già dai frammenti di sogno del secondo titolo, quelli “che sembrano ricordi lontani“. Da allora, un videogioco ci ha immerso in una storia alla ricerca di frammenti di cuore, sogni, ricordi, finiti nel profondo delle persone che abbiamo a cuore.
Anche qui abbiamo a che fare con piccoli pezzettini sparsi ovunque.
Un’Organizzazione XIII venuta dal passato, il supporto dei guerrieri del vecchio mondo, Roxas apparso chissà come da molti anni prima e addirittura Eraqus – che, plot twist, non è mai morto. È sempre stato nel cuore dell’unico suo allievo che ha ceduto, in attesa del momento in cui sarebbe stato necessario palesarsi e proteggerlo. Terra ha ceduto all’oscurità, è diventato un contenitore del supercattivo (un po’ come Baby in Dragon Ball GT) e parte della sua coscienza ha vagabondato nelle terre dello scontro finale come armatura.
Per tutto questo tempo, però, ha avuto con sé il suo adorato maestro senza saperlo. A vederlo uscir fuori eravamo sbalorditi, osservavamo attoniti cosa stava succedendo. Increduli, senza parole. Ma sì, con una e una sola domanda in testa: “Ma come minchia è possibile?!” Come può Roxas essere apparso dal nulla sul campo di battaglia, come fa Xion a cambiare lato della sfida come una bandiera?!
Risposta: perché frammenti dei loro cuori erano custoditi dentro altri cuori. Kingdom Hearts III è stato per tutto il tempo un’elegia alla memoria dei cari, radicata molto indietro nel tempo. In ogni videogioco della saga abbiamo raccolto poco a poco frammenti di memoria, fino a formare un intero – o forse quell’intero ancora non ce lo abbiamo nemmeno in mano.
E tutto questo è così poetico che non posso fare a meno di commuovermi pensandoci, di trovare riscontro a questi eventi immaginari nella mia vita reale. Mi è davvero difficile credere che io ho visto tutto questo e altri invece no: a volte penso di aver giocato un videogioco diverso. Che quei frammenti di ricordi non siano in un videogioco, ma solo nella mia testa.
Il Mondo Finale per me è stato poesia – il design fisico, la colonna sonora, l’idea dietro il concetto. Non un purgatorio ma un limbo, un vero e proprio mondo di passaggio in cui i frammenti di sé si spargono e possono ricostruire un ponte per il mondo dei vivi. Un mondo popolato di stelle, frammenti di ricordi – coscienze di coloro che non sono ancora riusciti ad uscirne e tornare dai propri cari.
Di momenti brutti ne abbiamo avuti tutti quanti, abbiamo avuto una paura folle del futuro o di un particolare evento. Tutti noi, a un certo punto, abbiamo perso o perderemo qualcuno nel senso più drastico della frase. È proprio in momenti simili che io stesso ho trovato conforto nel pensare a un ipotetico Mondo Finale, in cui anela una mente a me cara. Non siamo in un videogioco, e purtroppo non abbiamo il potere del risveglio come il caro Sora – che ha comunque pagato a caro prezzo il ritorno. Piangendo disperato la perdita di Kairi ha ritrovato coraggio, e salvato il mondo dalla distruzione si è imbarcato in un’avventura – l’ultima, tutto lascia a pensare.
A dare speranza è Kingdom Hearts, la memoria di chi ci sta a cuore.
Sora tornerà, perché i suoi amici si ricordano di lui e portano con sé un frammento del suo cuore ciascuno.
“Frammenti di sogno che sembrano ricordi lontani“. I nostri cari, purtroppo, non potranno tornare, e non devo dirvelo io. È però confortante nei momenti di debolezza ricordare questo: abbiamo tutti un frammento del loro cuore con noi. Il Mondo Finale potrebbe non essere un’esclusiva dell’universo Kingdom Hearts, tutto sommato. Basta tenere con sé quell’unica scheggia, un’ancora al ricordo lontano di chi abbiamo perso, e chissà: potremmo far loro una breve visita in quella distesa azzurra.
“Possa il tuo cuore essere la tua chiave guida.”
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