Finalmente è arrivato il momento tanto atteso e sperato con AESVI che regala all’Italia la prima guida tutta tricolore sul nostro panorama esports. Ragazzi è la prima guida ufficiale che spiega scena e retroscena di un mondo che fino a ieri sembrava lontano dalla nostra realtà. Ci vorrebbe un bel buzz adesso, vero?! Lo slogan di questa guida dice “tutto ciò che c’è da sapere sul mondo dei videogiochi competitivi”. Sinceramente appena ho letto queste parole mi sono comportato come faccio di solito, partendo già sconfitto dalla solita promessa di intenti. Chiedo scusa ad AESVI davanti a voi tutti per averlo fatto. Mi sono dovuto ricredere dopo le prime pagine. Anzi, il mio interesse è andato oltre e, dopo aver avuto il via libera dal Caporedattore, ho deciso di fare uno speciale per promuovere il lavoro svolto da questa associazione di categoria.

Forse per via del mio spirito patriottico che, unito all’amore incontrollato per i videogiochi, mi fa sempre agire d’impulso quando un argomento viene affrontato con passione, impegno e dedizione.

Questa non è la classica guida agli esports che, con la scusa di lanciare messaggi divulgativi videoludici all’Italia, promuove prodotti ed eventi. No, tranquilli non è assolutamente questo. Vengono spiegati con umiltà e semplicità argomenti e terminologie complessi che animano questa mutevole realtà. Il motivo di questo registro comunicativo è molto semplice: i fruitori di questa guida sono tutti. Con tutti intendiamo videogiocatori, addetti ai lavori, genitori, redattori, comunicatori, investitori e qualsiasi altra persona incuriosita da questo fenomeno e che intende avvicinarsi per la prima volta.

Sono veramente contento che l’Italia, grazie ad AESVI, abbia una sua guida agli esports e ai videogiochi competitivi. Ok, cominciamo a lavorare. La carne al fuoco è tanta.

AESVI italia Guida esports

Una questione di consapevolezza

Il mondo cambia e si evolve negli anni. Il processo evolutivo non riguarda solo il progresso tecnologico, ma abbraccia molti altri aspetti della nostra vita quotidiana. Cambia il nostro modo di vestire, di pensare, di parlare, di comportarsi e di agire. Vi sono delle realtà estranee all’Italia che di fronte al cambiamento si lasciano trasportare fidandosi, quasi ciecamente, di quello che succede intorno a loro.

Noi non siamo così.

E’ inutile nascondersi dietro un dito. Figuratevi, mi metto in discussione anche io per primo. Retaggio culturale? Una questione di forma mentis mentale di base? Noi, il cambiamento, lo vediamo sempre con diffidenza. E che cos’è il mondo degli esports? Che cosa sono i videogiochi competitivi? Non sono per caso un’evoluzione di un medium che prima era rinchiuso all’interno delle 4 mura di una cameretta? Non è per caso un cambio di mentalità del giocatore stesso che ha bisogno di dimostrare il suo valore al mondo?

Se vi ricordate poco prima di ferragosto abbiamo raccontato, in uno speciale con dei toni volutamente forti, una storia liberamente ispirata a fatti di cronaca dove la narrazione scivolava nello scorrere di una rapida ascesa di un campione esports. Non è solamente colpa della velocità con cui argomenti come successo, consenso, fama, denaro, sfida e competizione sono divenuti importanti, attirando la preoccupazione di molti addetti ai lavori, nonché di organismi istituzionali. In realtà è una questione molto più semplice, racchiusa nel significato della parola consapevolezza.

Con il termine consapevolezza si intende uno stato mentale vigile che consente di osservare lo scorrere dell’esperienza, momento dopo momento.

https://www.stateofmind.it/2016/10/mindfulness-consapevolezza/
AESVI italia Guida esports
Nel ricercare una definizione che si sposasse con gli argomenti trattati in questo speciale, ho deciso di scegliere questa che ha il potere di raccogliere in poche parole tanti significati. Vedete come la parola stato mentale vigile sia associata a esperienza. È come se la prima fosse la chiave per accedere alla seconda.

Ok, per mantenere uno stato mentale vigile di cosa ho bisogno? Chi mi aiuta a capire se sto capendo quello che sto facendo?

Perdonate il gioco di parole ma serve per capire l’importanza del lavoro svolto da AESVI. Prima di entrare in un mondo così ampio, eterogeneo e poco conosciuto come quello degli esports bisogna affidarsi a chi ha esperienza nel settore e pratica la “sana” informazione, scevra da interessi di natura economica e guidata dal motore della divulgazione videoludica. Questa associazione di categoria nel campo dell’industria dei videogiochi viene fondata nel 2000 con l’obiettivo di sviluppare e valorizzare il ruolo dei videogiochi nel sistema economico, sociale e culturale del nostro paese.La nascita di numerose realtà italiane ha fatto sì che la sua quota associativa non comprendesse solo rappresentanze internazionali ma anche componenti nostrane.

In materia di esports, il 23 settembre 2019 nasceva Aesvi 4 Esports un ramo dell’associazione che si dedicherà solo ed esclusivamente al panorama del gaming competitivo.

AESVI italia guida esports

Una questione di conoscenza

Come avete visto abbiamo un angelo custode che ci guida alla scoperta di nuove frontiere videoludiche. Mi domando: è abbastanza? Cosa serve ancora per far vincere una diffidenza di base creata da falsi miti e mezze verità?

Ci sono cose che onestamente per me, che vivo il triplice ruolo di padre, videogiocatore e redattore sono normali ma non scontate. Forse per via del rispetto che nutro nei confronti del medium videoludico e del lavoro svolto da chi si impegna da sempre per creare il nostro divertimento. Purtroppo, mi sono accorto che in Italia argomenti come videogiochi ed esports sono quasi dei tabù, per cui la pubblicazione di questa guida rappresenta una grande boccata di ossigeno.

Il quadro di riferimento attuale è, ahimè, inquietante. Capisco ma non comprendo le parole di Carlo Calenda quando definisce i videogiochi come droga, che atrofizza il cervello. Capisco che è un padre che vuole e aspira il meglio per i propri figli, ma non comprendo il ragionamento alla base del suo pensiero. La reazione mediatica è stata imponente è questo la dice lunga sulla dimensione del fenomeno videoludico italiano. Ma vi sono stati altri episodi che hanno macchiato la reputazione del medium. Vi abbiamo anticipato prima come il fenomeno degli esports e del gaming competitivo abbia svegliato l’attenzione di organismi e istituzioni internazionali.

Pensate che addirittura l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, è scesa in campo con una scivolata a gamba tesa a danno dei videogiocatori. Durante la 72a edizione della World Health Assembly tenutasi a Ginevra, è stato riconosciuto il “gaming disorder” come malattia.

Per «gaming disorder», infatti, si intende «una serie di comportamenti persistenti o ricorrenti legati al gioco, sia online che offline, manifestati da: un mancato controllo sul gioco; una sempre maggiore priorità data al gioco, al punto che questo diventa più importante delle attività quotidiane e sugli interessi della vita; una continua escalation del gaming nonostante conseguenze negative personali, familiari, sociali, educazionali, occupazionali o in altre aree importanti».

https://www.corriere.it/tecnologia/19_maggio_28/gaming-disorder-l-oms-dipendenza-videogiochi-ufficialmente-malattia-94e89774-808d-11e9-b3e5-8dab4c79b116.shtml
I fatti di Ginevra sono stati un ottimo accelerante per la tempesta di fuoco scatenata dal parlamento inglese sulla questione delle loot box. Il culmine (o il colmo) è stato raggiunto con l’incontro tra la commissione parlamentare britannica che si occupa del mondo digitale e la vicepresidente degli affari legali di Electronic Arts, Kerry Hopkins. Interrogata sulla questione delle fantomatiche casse premio e degli acquisti in game la Hopkins ha lasciato tutti di stucco con una risposta che, a mio avviso, entra di diritto nei best moment del 2019. Si stavano paragonando i meccanismi delle loot box a quelli del gioco d’azzardo ed ecco che accade qualcosa di inaspettato.

Concordiamo con la commissione di gioco d’azzardo del Regno Unito, la commissione di gioco d’azzardo australiana, e molte altre commissioni di gioco che non siano giochi d’azzardo, e siamo non concordiamo sul fatto che ci sono prove che lo porta che le avvicinano al gioco d’azzardo. Al contrario pensiamo che siano come molti altri prodotti che le persone apprezzano in modo sano e salutare, e come l’elemento di sorpresa.

Kerry Hopkins, vicepresidente degli affari legali di Electronic Arts

Ergo, le loot box sono come gli ovetti kinder sorpresa.

L’Italia non è rimasta ferma a guardare la scena internazionale. In materia di loot box abbiamo segnalato, in una nostra recente news+, il lavoro svolto dai ragazzi di Fisheye Production e Fine Production con il loro documentario “The Loot Box” che vedrà la luce a gennaio 2020. AESVI, invece, con la sua guida agli esports si è soffermata sul chiarire quali sono le figure di riferimento in Italia. Lo fa in senso generale in modo da non entrare troppo nel dettaglio e semplificare la conoscenza dell’argomento.

AESVI italia Guida esports
Si parla di ecosistema esports, un mondo che funziona grazie alle sinergie di tutti gli attori in scena. Ovviamente i protagonisti principali sono i videogiocatori che partecipano alle competizioni sia singolarmente che come parte di un team.

La vita del videogiocatore professionista non è facile.

Oltre all’allenamento fisico e mentale, deve coordinarsi con l’allenatore e integrarsi in un gruppo eterogeneo. Il videogiocatore riceve uno stipendio, erogato dal team in cui milita e, in caso di vittoria in una competizione, mantiene la maggior parte del premio incassato.

Non è facile diventare professionisti.

In Italia, la strada segnalata dalla guida è quella di partecipare ai tornei esports organizzati da ESL, FaceIT e MLG in modo da farsi notare dai team. Questi sono organizzati come delle vere e proprie squadre sportive. Se vi ricordate, in tempi non sospetti, squadre di calcio blasonate della Serie A italiana annunciarono la creazione di una loro divisione esports con contestuale presentazione dei loro atleti.

All’interno del team vi è una struttura ben precisa:

La scena viene preparata dagli organizzatori degli eventi, aziende che operano nel settore e che promuovono l’organizzazione di tornei e competizioni. Al loro fianco si schierano broadcaster e brand. I primi sono coloro che si occupano materialmente della trasmissione e della messa in onda dell’evento attraverso varie piattaforme come ad esempio Twitch, Youtube e Mixer. Può succedere che qualche evento venga anche trasmesso in TV, come le finali della FIFA eNations Cup, dello scorso aprile, e la finale della FIFA eWorld Cup, giocata nell’Arena O2 di Londra, lo scorso agosto, e trasmessa sul canale di Mediaset Italia 2. 

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Il quinto potere.

Di parole ne sono state dette tante e secondo me sono servite. Avete preso coscienza dell’importanza di possedere un’adeguata consapevolezza videoludica. Avete sbirciato dentro il mondo dei videogiochi e degli esports, dissetando la vostra curiosità. Ora siete in grado di osservare il fenomeno legato ai gaming competitivo con un occhio diverso, attento e critico.

Pensate che agli albori di questo fenomeno, le competizioni erano per lo più dedicate a videogiocatori amatoriali con montepremi di poche migliaia di euro. Oggi, invece, si parla di una vera e propria industria dell’intrattenimento in grado di generare milioni di euro e si prevede possa generarne miliardi negli anni a venire.

Secondo il Global Esports Market Report realizzato da Newzoo, nel 2018 l’industria degli esports ha generato ricavi per un totale di 865 milioni di dollari, mentre i ricavi generati nel 2019 sono destinati a superare il miliardo. Nel 2019 la fanbase mondiale degli esports ha raggiunto i 454 milioni: in Italia, secondo il Rapporto sugli Esports 2019 realizzato da AESVI in collaborazione con Nielsen Sports & Entertainment, la fanbase degli esports è di circa 1.200.000 di persone comprese tra i 16 e i 40 anni. Entro il 2022 si prevede che la fanbase mondiale raggiunga i 645 milioni, con ricavi generati dall’industria di circa 1 miliardo e 790 milioni.

Tratto dalla guida agli Esports di AESVI
I numeri dimostrano come un qualcosa che prima era solo a uso e consumo dei bimbi, segregato in una cameretta ed etichettato come giocattolo, in realtà è maturato molto in questi anni. Ha acquisito autorevolezza al punto da muovere interessi di masse di persone sempre più grandi, convinto investitori in tutto il mondo grazie alla sua influenza al suo tasso di penetrazione e preoccupato istituzioni di tutto il mondo, realizzando la portata del fenomeno.

Avete compreso la dimensione di questa nuova realtà?

Se il resto del mondo si sta muovendo intorno a questo fenomeno, il nostro paese, ahimè ha il freno a mano tirato. La colpa è da ricercare nella paura causata dall’ignoranza. In Italia, iniziative come quelle di AESVI con la sua prima guida agli esports e documentari inchiesta come “The Loot Box”, realizzato dai ragazzi di Fisheye Production e Fine Production, rappresentano il primo passo per mettere la testa fuori dalla sabbia.

Ormai i tempi di bim bum bam sono finiti.

Ormai il divertimento e l’intrattenimento non passano più dalla televisione. Lo sviluppo dei medium social ha facilitato la diffusione di qualsiasi forma ludica, ampliandone la portata. Sicuramente l’ascesa dei videogiochi e degli esports è figlia della crisi di un modello di divertimento passivo. Adesso il consenso e la voglia di emergere e dimostrare la propria bravura agli altri e al mondo intero rappresentano un’alternativa molto valida e funzionale.

La bibliografia in genere associa la parola quinto potere alla comunicazione, intesa come giornalistica e televisiva.

Alla luce di quello che avete letto sinora concordate o meno con questa definizione?

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