Pietro Iacullo

Speciale Il senso del tie-in (e delle sue recensioni)

L’arrivo di Spider-Man su PlayStation 4 è il momento migliore per discutere il redivivo fenomeno dei tie-in. Cosa sono, perché si fanno, come si giudicano… E perché tie-in e videogiochi hanno un rapporto così profondo.

Spider-Man non è il classico tie-in filmico che fino a poco fa accompagnava l’uscita di un cinecomic. Ma proprio per questo è la perfetta occasione per un approfondimento di questo genere.

 

C’è un dietro le quinte, dietro il #GiocoCopertina di questo mese: semplificando al massimo la questione, non c’era una visione univoca sul come dover raccontare lo Spider-Man di Insomniac qui su I Love Videogames – che a dirla tutta, quando è scoppiata la discussione non era nemmeno una delle opzioni per la nostra cover story. Più in generale non eravamo d’accordo sul senso del tie-in, sul senso dell’etichetta tie-in e su come affrontarla.

Da li ad accorgersi che la discussione poteva essere interessante non solo per noi – e che più in generale Spider-Man a questo punto meritava davvero di essere la nostra copertina – il passo è stato abbastanza breve. Ed eccoci qua, dunque. Spider-Man verrà affrontato da tutti e due i punti di vista; oggi, con il solito Luca Mazzocco nei panni del guru fumettistico, cercheremo di spiegare perché era l’unica strada percorribile.

 

Qual è il senso del tie-in? Quanto è importante conoscere l'immaginario del personaggio oggetto dell'operazione? E soprattutto, questo immaginario che diavolo è?

magazine spider manCopertina a cura di Gianmarco Bizzotto – in esclusiva per I Love Videogames

 

Perché si fanno i tie-in?
 

La parola al Creative Director
Perché si fanno i tie-in?

 

Facile, per avvicinare al personaggio che subisce il porting anche chi fino a questo momento se ne è tenuto alla larga, uscire dalla sua nicchia di fedelissimi e mostrarne il fascino a tutti. Ma non con intento pedagogico (per non usare espressioni troppo religiose come evangelizzante): se davvero si riesce poi a convertire – ad appassionare – qualcuno tanto meglio, ma lo scopo è quello di vendere il prodotto realizzato, non di vendere di riflesso fumetti, film e altri gadget.

 

Un tie-in non è pensato per venderlo ai fedelissimi del personaggio. Loro sono fedelissimi, per cui acquisteranno a prescindere per definizione!

 

Chi è il fruitore medio di un tie-in?
Il fruitore medio di questo tipo di prodotti quindi non è il super-appassionato, non è quello che intende giocare/leggere/guardare il tie-in alla ricerca di tutte le possibili citazioni al canone del suo personaggio preferito: è una persona – appunto – media, che del personaggio di cui sopra probabilmente sa solo le cose che sono entrate a far parte di una certa cultura generale e trasversale. Per intenderci nel nostro caso è qualcuno che sa che Spider-Man è un tizio di nome Peter Parker che nel tempo libero va in giro in calzamaglia lanciando ragnatele, arrampicandosi sui muri e usando il senso di ragno, ma che non ha idea di cosa sia e cosa abbia rappresentato l’Ultima caccia di Kraven. Voi invece siete il tizio a cui tutta la compagnia chiede spiegazioni dopo aver finito di vedere in sala l’ultimo film del Marvel Cinematic Universe, e inevitabilmente avete una visione diversa del prodotto.

 

E a dirla tutta, per chi crea questo è un bene.

Perché vuol dire che si possono prendere più licenze, creare qualcosa che sia davvero la propria versione (la propria visione) del personaggio.

 

È ovvio, non bisogna uscire troppo dal seminato – non si può uscire troppo da quello che è l’immaginario comune, a livello nazional-popolare, sul personaggio – ma di esempi di trasposizioni eccellenti che hanno tenuto un atteggiamento “rilassato” nei confronti della tradizione ce ne sono diversi.

Case-Study: il Batman di Nolan
Capita di sentire di tanto in tanto qualche appassionato che obietta che il Batman di Christopher Nolan – e l’altra metà di questo approfondimento, il nostro Luca, tra l’altro è proprio di questo avviso – sia il Batman meno Batman mai portato al cinema. Perché non si gioca tanto sugli aspetti che su carta hanno reso l’Uomo Pipistrello il più grande detective del mondo (alzi la mano chi di voi sapeva che Batman è considerato un detective. Ecco) ma piuttosto sulle sue componenti action. Perché di tanto in tanto Batman nella trilogia del Cavaliere Oscuro uccide, e lo fa anche utilizzando le armi da fuoco (di nuovo: siete sicuri che tutti-tutti sappiano che Batman non spara?).

Eppure il Batman di Nolan è ancora una delle trasposizioni del personaggio che è più piaciuta al grande pubblico, e a distanza di anni Il Cavaliere Oscuro viene ancora citato a più riprese.

 

Il ruolo sociale del super-nerd
Chi crea di solito ha ben in chiaro tutto questo. Se punta a fare un buon lavoro, sa che ha facoltà di prendersi qualche libertà sugli aspetti meno noti del personaggio, se queste poi sono funzionali a quello che vuole raccontare. Se punta a fare un ottimo lavoro, approfitterà di tutto questo anche a costo di andare incontro alle critiche dei super-appassionati. Se ama davvero il personaggio, oltre a tutto questo però non potrà non inserire qualche omaggio alle storie e agli eventi vissuti assieme su carta, ed è qui il punto di incontro ideale tra lui e i fedelissimi di cui sopra.

Anzi, è qui dove il parere di questi fedelissimi diventa chiave e sfocia in approfondimenti e considerazioni che arricchiscono il giudizio e lo completano. Ma che – appunto – non devono influenzarlo, come d’altra parte guardando il tutto dal punto di vista di chi crea il prodotto non può tenersi in piedi solo sfruttando questi elementi. Si riesce a fare davvero il proprio dovere quando l’esperienza funziona anche in modo stand-alone, presentando richiami ma riuscendo a dire quello che voleva dire senza ricorrere a fonti esterne.

 

Per giudicare un tie-in è più importante conoscere a fondo il medium (e il genere) in cui il tie-in andrà a mettere radici, rispetto al personaggio che viene trasportato.

 

Nel caso specifico dei videogiochi quindi il giudizio va ponderato sulla base di come si va a giudicare abitualmente un videogioco. Un prodotto mediocre ripieno di citazioni e easter-egg che richiamano all’opera originale è e rimane un’Operazione Paraculo, a prescindere da quanto possa piacere ai cultori.

La fregatura? È che non c’è un sistema univoco per giudicare un videogioco, perché la componente oggettiva (io direi più oggettivabile, che oggettiva) è veramente ridotta all’osso. Ma fa parte del gioco anche questo, ed è forse uno dei principali motivi per cui fino a questo momento tie-in e videogiochi hanno avuto un rapporto di coppia molto proficuo.

 

 

Per chi si fanno i tie-in?
Passiamo la palla allo sceneggiatore
 

Per prima cosa ci tengo a sottolineare le ultime parole del buon Pietro Iacullo: non c’è un sistema “univoco” per giudicare un videogioco (o un prodotto artistico in generale). Quello che però c’è, in mezzo a tutto questo soggettivismo necessario, è la vasta conoscenza che il vostro interlocutore è tenuto ad avere per poter affrontare qualsiasi argomento in maniera professionale con un’utenza più vasta. In un periodo storico nel quale siamo abituati ai social, dove ogni singolo individuo può esprimere anche la più becera opinione senza curarsi delle conseguenze, gli “esperti del settore” hanno l’obbligo morale di dimostrarsi il più preparati possibile con il proprio pubblico di riferimento. Questa introduzione può sembrare scollegata al tema dei tie-in, ma vi chiedo la pazienza di mettere da parte quest’informazione, perché ci farà comodo più tardi.

 

Bisogna valutare quali sono gli utenti dei tie-in ai quali gli sviluppatori sono obbligati a prestare attenzione
Come diceva Pietro all’inizio dell’articolo, bisogna valutare quali sono gli utenti dei tie-in (videoludici e non) ai quali gli sviluppatori sono obbligati a prestare attenzione. A differenza del mio stimato collega, io ritengo che la risposta non sia “al pubblico generalista”, ma che la questione necessiti di un ulteriore approfondimento. Partiamo con il dire che la logica dietro lo sviluppo di un tie-in ispirato a un celebre personaggio e/o serie non è mai quella di catturare solamente il maggior numero di persone possibile, ma di avere la completa e totale attenzione di tutti quei fan e di quegli appassionati che, al day one, saranno già in coda al proprio negozio di fiducia per portarsi a casa la propria copia. Questa non indifferente fetta d’utenza è la principale differenza di pubblico tra un progetto con alle spalle un brand famoso e una nuova IP creata partendo da zero. Facciamola semplice tramite un rapido esempio: se i ragazzi di Sucker Punch avessero voluto creare un prodotto su licenza avrebbero potuto tranquillamente realizzare un videogame dedicato agli X-Men, invece hanno preferito ideare InFamous, una serie molto vicina al potenziale gameplay di un titolo con protagonisti i mutanti della Casa delle Idee, ma che vanta una propria identità. Identità che, di conseguenza, è stata capace di catturare un pubblico generalista e, all’epoca del primo titolo del brand, vergine di questo universo narrativo.

 

Con Spider-Man di Insomniac la situazione è ben diversa.

 

Le  modifiche si accettano quando a farle sono autori con più fan rispetto al prodotto di partenza
Nessuno è “nuovo” al personaggio del Tessiragnatele e tutti, bene o male, sanno quali sono le caratteristiche principali dell’alter ego di Peter Parker. Ecco che quindi, gli sviluppatori, saranno obbligati a lavorare all’interno di una serie di canoni che non potranno essere infranti proprio per non andare contro a tutti quegli appassionati che, senza dubbio, il sette settembre staranno già volteggiando virtualmente per New York.  Come diceva Pietro esistono situazioni dove vengono apportate alcune modifiche agli elementi base del personaggio, risultando comunque prodotti di qualità come, sempre per rifarmi al suo esempio, i primi due film di Nolan dedicati a Batman (siamo d’accordo tutti che il terzo non esiste, vero?!). Mi permetto di specificare, però, come questo sia accaduto poche volte e, soprattutto, attraverso le mani di registi già celebri e forti di una fanbase non da poco. Insomma: pochi (io ero tra quelli) si sono lamentati delle ragnatele organiche dello Spider-Man di Sam Raimi, ma tutti si sono rivoltati nella tomba con la prima (e pessima) incarnazione di Deadpool.

 

Il motivo?! Sam Raimi è Sam Raimi e sicuramente voi non vi ricordate il nome del regista di X-Men le origini: Wolverine.

 

Insomma: le modifiche si accettano con meno lamentele quando a farle sono autori con più fan rispetto al prodotto del quale ci sta lamentando e che, tra una discrepanza e l’altra, riescono comunque a realizzare un’opera di qualità. Per quanto riguarda l’industria videoludica, purtroppo o per fortuna, difficilmente si potrà sgarrare di troppo dal concept originale del personaggio, in quanto si tratta di un mercato del quale si tende ancora troppo a ignorarne meccanismi e metodi di lavoro.

 

 

Tutti sanno che cosa fa un regista, ma in pochi conoscono la parola “Game Designer” ed ecco che quindi quell’autorialità presente nel cinema (che permette di fare modifiche sostanziali con più leggerezza) difficilmente sarà ritrovabile in un prodotto videoludico. Batman: Arkham Asylum ne è la prova più evidente, con un’immaginario che più fedele ai fumetti dell’Uomo Pipistrello non si può. A tutto questo, infine, bisogna aggiungere che c’è molta più tolleranza da parte dei fan da quando si è introdotto il concetto di “dimensioni parallele” (ad esempio, se l’universo Marvel pre-Secret Wars era conosciuto come Terra-616, quella del Marvel Cinematic Universe è chiamata Terra-199999), ma si tratta di un ragionamento che meriterebbe un articolo a parte per essere approfondito.

Dopo questa lunga divagazione, utile per far capire come un tie-in di un brand famoso attiri le attenzioni di tutti gli appassionati al personaggio/serie in questione, c’è da aggiungere anche come la scrittura di un gioco di questa tipologia sia di conseguenza rivolta al pubblico appena citato.

 

Ce la caviamo ancora una volta con un esempio: in pochi sanno chi sia il personaggio di Azrael dell’universo di Batman e, nella sua breve comparsa in Batman: Arkham City, non si può certo dire che sia stato caratterizzato tanto bene da tratteggiarne una vera e propria psicologia. In questo caso gli sviluppatori hanno dato per scontato che i giocatori siano a conoscenza delle origini del personaggio e hanno giocato con gli omaggi e le citazioni da nerd duri e puri. Questo si può applicare anche a tutti gli altri personaggi secondari della trilogia videoludica (quadrilogia se si conta Batman: Arkham Origins) dell’Uomo Pipistrello e sono certo che sarà lo stesso per lo Spider-Man di Insomniac. Insomma: Spidey sarà quello che conosciamo tutti e i villain principali saranno dotati di un background ben costruito, ma ci aspettiamo un fiume di easter egg e di riferimenti pensati appositamente per i Marvel fan.

 

Ecco che, quindi, torniamo al discorso iniziale che vi avevo chiesto di mettere da parte

 

Ritengo che un professionista debba garantire al suo pubblico un prodotto il più professionale e preparato possibile. Come diceva il buon Pietro, non è fondamentale conoscere maniacalmenteil brand di partenza per realizzare una buona recensione di un tie-in, ma è sicuramente un valore aggiunto che, indubbiamente, può essere apprezzato dall’utenza. Ecco perché noi di I Love Videogames abbiamo deciso di presentarvi due recensioni di Spider-Man: una scritta dal massimo esperto del gameplay dei titoli di Spidey un fan del ragno che ha una visione più “da giocatore” (Pietro Iacullo) e l’altra da una persona con la conoscenza definitiva delle storie del Tessiragnatele (Guido Avitabile).

 

Ognuno potrà poi trovarsi più d’accordo con l’uno l’altro articolo, ma il senso non cambia: di qualsiasi settore si parli, più cose si sanno e meglio è.

 

E noi di I Love Videogames sappiamo di volervi dare il massimo sotto qualsiasi punto di vista.

 

Anche a costo di svariate litigate e bestemmie, che ormai sono parte del nostro processo creativo

#LiveTheRebellion