Due parti di Insomniac, una di arrampica-muri e una spruzzata di nomi noti del fumetto come “Slott” o “Gage”. Ne viene fuori un buon cocktail, ma un po’ (troppo?) old-fashioned.
Se avete aperto questo articolo, vuol dire che vi interessa sapere com’è l’ultimo videogioco di
Spider-Man.
E l’uso della parola
videogioco non è casuale.
Sotto a quello spesso strato di
citazioni a misura di nerd e strizzatine d’occhio a chi segue il ragno fumettistico c’è nascosto tutto il lavoro di Insomniac. Il primo videogioco di Spider-Man da anni a questa parte. Di più: il primo videogioco di Spider-Man che
alza la testa (ed il
budget), e prova ad essere
qualcosa di più di un tie-in pensato per accompagnare un cinecomic o uno di quei
prodotti da terra di mezzo sospesi tra le tre A e le operazioni al risparmio. Ma anche più di un semplice adattamento di Peter Parker su Blu-Ray, trattandosi di una vera e propria
reinterpretazione di quel mondo e di quei personaggi – entrata tra l’altro ufficialmente nel
canone del Marvel Universe.
Spider-Man è l’Arkham Asylum di Insomniac. Ma bisogna ricordarsi che Arkham Asylum è uscito nel 2009...
Copertina a cura di Andrea Chiappino – in esclusiva per Ilovevg
Nota: Non ho la presunzione di credere di conoscere lo Spider-Man a fumetti: ho letto qualche saga (sarebbe facilissimo buttare lì un elenco, ma a quel punto sarebbe altrettanto facilissimo dire che ho copincollato nomi da Wikipedia…). La mia immagine del ragno deriva soprattutto dai film e dai videogiochi dedicati all’Uomo Ragno. Vale
la stessa cosa per tantissimi di voi, oserei dire per la maggior parte di voi: questo articolo,
come detto, vuole occuparsi
soprattutto del videogioco di Insomniac, saggiandone la valenza come tale e guardando ad un immaginario del personaggio che non è sicuramente fumetto-centrico. Se cercate un altro tipo di analisi, state semplicemente guardando nel posto sbagliato.
Per un parere più vicino al fumetto:
Qual è La chiave del successo di Spider-Man?
La chiave del successo dello Spider-Man a fumetti è stata
l’immedesimazione. In casa Marvel da sempre si gioca con i
supereroi con superproblemi, ma l’Arrampicamuri – nonostante i superpoteri – è sempre stato
uno di noi, una figura sovrapponibile a quella del lettore. Peter Parker è diviso tra le sue due vite, quella senza maschera e quella di pattuglia in calzamaglia, e allo stesso modo – nel nostro piccolo – anche noi siamo divisi tra lavoro e vita privata, tempo libero e interessi.
Anche noi in un certo senso abbiamo una
doppia vita e
lottiamo giorno dopo giorno per riuscire ad incastrare i pezzi.
E Insomniac qui
ci ha preso.
Tu sei Peter Parker. Lo sei su carta, e adesso lo sei anche su schermo
Il Peter Parker dello studio – non più
carta e inchiostro, ma
texture e poligoni – riesce a
sovrapporsi facilmente al giocatore, o quantomeno a quello che immagino sia il giocatore-tipo di
Spider-Man. Peter è un giovane ragazzo fresco di studi, al suo primo impiego “serio” (uno dei collezionabili accenna ad una carriera di Spider-fattorino, omaggiando il tie-in videoludico di
Spider-Man 2) e che vive una relazione di coppia tra alti e bassi…
Vi suonerà familiare, se fate parte di quello zoccolo duro di giocatori nati con la prima PlayStation e adesso –
sulla carta – da poco entrati nell’età adulta.
Siamo tutti Peter Parker insomma, e Insomniac è riuscita a
cogliere alla perfezione questo aspetto. Anzi, a dirla tutta è andata anche oltre, riuscendo a reclamare anche una precisa identità per questo universo narrativo: capita di imbattersi in personaggi noti anche al grande pubblico che però sono fuori dal loro “contesto naturale” (J. Jonah Jameson ha lasciato la direzione del Bugle, ad esempio), ma rimangono fedeli alla loro caratterizzazione e vengono utilizzati per costruire qualcosa di inedito. Non sempre al 100%, visto che alcune idee sono riprese dal fumetto o da altri media legati al personaggio, ma in generale Insomniac
non ha avuto paura di creare una
sua versione dell’
amichevole Spider-Man di quartiere e di prendersi qualche rischio, nel muovere i personaggi sulla scena. Funziona e la
carne al fuoco è davvero tanta, anche se inevitabilmente qualcuno lamenterà l’esclusione di qualche altro
villain o personaggio più o meno secondario, magari solo citato di sfuggita o sparato nella scena post-crediti (si, come al cinema qua bisogna stare attenti, a fine esperienza). E funziona anche e soprattutto perché si tratta di una storia che parla
un linguaggio comprensibile a tutti, non presupponendo di aver letto tutto lo scibile a disposizione su Spider-Man e allo stesso tempo non dimenticandosi dei super-appassionati, inserendo qualche chicca a più livelli. Perché non si citano solo i comics, ma come visto ci sono richiami anche a titoli precedenti o alle pellicole arrivate al cinema, andando ben oltre i due costumi ispirati ad Homecoming .
La storia funziona, quindi. Ma il resto?
Il cuore del gameplay, senza girarci attorno, è
fenomenale. Il sistema di roaming è tale da riuscire a rendere un’esperienza l’andare da un punto A ad un punto B, e riuscire a fare una cosa del genere in un titolo open-world equivale a fare un ottimo lavoro.
Manca qualche elemento dei precedenti capitoli che sarebbe stato bello riproporre – la possibilità di lanciarsi a mo’ di fionda sfruttando i palazzi, per esempio – ma esplorare New York nei panni di Spider-Man è qualcosa che dovete decisamente fare prima o poi, se avete a disposizione una PlayStation 4. La cura per il dettaglio è quasi maniacale, e una volta padroneggiati i lancia-ragnatele non si sente praticamente mai l’esigenza di ricorrere agli spostamenti rapidi, anche perché sulla mappa c’è sempre un collezionabile da recuperare, un crimine da sventare o qualche missione secondaria.
Ecco, qua iniziano i punti dolenti.
Iniziamo dai crimini,
quasi nella loro totalità ripresi dal già citato
ludocomic di
Spider-Man 2. Mancano in buona sostanza solo le missioni di consegna delle pizze e i palloncini da recuperare – e non a caso entrambe le attività sono citate in-game – ma per il resto la sostanza è quella. Funziona? Indubbiamente. Ma è giocare sul sicuro, ed è un concetto che sul fronte ludico si può applicare a quasi tutti gli aspetti del titolo.
Non mancano le alternative alla storia in pratica, ma si tratta di alternative costruite mettendo insieme
elementi già visti più e più volte in un videogioco (i puzzle con i circuiti da completare non li ha di certo inventati Insomniac), che lasciano la sensazione di essere stati inseriti per fare volume dal punto di vista dei contenuti e giocare semplice, anche per quanto riguarda le missioni secondarie.
Ora, se avete giocato un qualunque titolo Open World
moderno, non serve spiegarvi che tipo di
maturazione ha avuto il genere nel corso di questa generazione.
Per tutti gli altri e riassumendo al massimo, ci limitiamo a dire che è ormai da qualche anno che le missioni secondarie sono in buona sostanza degli “spin-off” rispetto alla main-quest, ma sono comunque scritte, sceneggiate e in definitiva realizzate con
una certa cura. L’esempio più calzante è quello di
The Witcher 3, vero e proprio portabandiera del movimento, ma è un fenomeno di cui si trovano tracce in tantissime altre produzioni, da
Assassin’s Creed Origins all’ultimo
God of War.
Spider-Man da questo punto di vista continua a frequentare la
vecchia scuola: secondarie 1.0 che hanno tutti i connotati di elementi di serie B.
Per dirla in due parole: Insomniac ha
copiato – e non c’è niente di male in questo – laddove invece altri hanno
rubato, prendendo spunto ma poi reinterpretando a modo loro l’idea originale. Se dopo Assassin’s Creed l’idea dei punti di sincronizzazione è stata ripresa in lungo e in largo,
Spider-Man si accontenta di riproporla quasi 1:1, mentre altrove (mi viene in mente l’esempio di
Horizon Zero Dawn) lo spunto è stato rivisitato fino a diventare originale.
L’onere di tenere a galla il giocatore, in un mare di contenuti un po’ anonimi, ricade quindi sul sistema di movimento e sul battle system
Ed è un onere che fortunatamente viene
raggiunto, ma anche qua con
qualche asterisco: su un canovaccio abbastanza tradizionale si vanno ad innestare i costumi (o meglio, i poteri che ogni costume sblocca) e i gadget equipaggiabili, capaci di cambiare faccia all’esperienza e di garantire una certa variabilità di approccio che non guasta di certo. Per quanto alcune strategie attuabili sembrerebbero più adatte alla filosofia di Batman che a quella dell’Uomo Ragno, le
scazzottate con i nemici sono dannatamente divertenti e riescono a regalare
tante soddisfazioni, tanto da essere preferibili alle alternative stealth in più di qualche occasione. C’è il contro che alcuni poteri del costume
risultano davvero troppo per gli avversari (lo Spider-Partner in particolare) e anche un paio di gadget man mano che si avanza semplificano la vita più del dovuto, ma d’altra parte anche i nemici inizieranno a variare tipologia ed approccio e, a mali estremi, si può sempre alzare la difficoltà e risolvere il problema.
Sottotono invece le boss-fight, che molto spesso riciclano lo stesso pattern e alla fin fine risultano meno galvanizzanti del prendere a pugni la
bassa manovalanza del crimine. Considerando il materiale di partenza, è un’altra di quelle tante piccole sbavature che tengono a freno lo
Spider-Man made in Insomniac. È il peccato e la maledizione del team di sviluppo: tantissima cura per il dettaglio
quando si va al sodo, si tratti della componente pad alla mano o di tutto l’aspetto tecnico e artistico, ma tutto il resto è annacquato, spento, a tratti anche un po’ banale.
Grandi poteri, insomma – e grande resa di questi poteri a schermo – ma Insomniac sotto diversi aspetti non si è voluta prendere
la responsabilità di rischiare quanto ha rischiato dal punto di vista dello storytelling. E nel risultato finale si riflettono tutte le conseguenze di questa scelta, voluta o meno che sia: non è interessante capire se il team di sviluppo volesse in effetti innovare o meno, quello che conta è che
si è giocato sul sicuro laddove la quasi totalità delle altre esclusive della macchina hanno quantomeno provato a proporre qualcosa di inedito,
quasi di rischioso (per quanto parlare di rischio quando si ha alle spalle una casa come Sony ed un budget di questo tipo sia
molto relativo).
Non è un difetto in assoluto?
Verissimo.
Ma d’altra parte è verissimo anche il fatto che l’idea dietro un articolo di questo tipo dovrebbe essere quella di
raccontare l’esperienza pad alla mano, non di fare un semplice elenco di quello che c’è e di quello che non c’è. E l’esperienza pad alla mano, arrivati alla fine del gioco, ha lasciato chi sta scrivendo queste righe combattuto. La sensazione è quella di essere diviso a metà tra l’
esaltazione per il sistema di roaming, per una New York ludica mai così convincente e per il coraggio messo nelle componenti più narrative, con dall’altra parte i contenuti secondari a tratti approssimativi,
la poca originalità di alcune scelte (alcune, come si diceva,
anche abbastanza fuori personaggio, vedi alla voce stealth) e in generale la sensazione di trovarsi davanti a – si – il miglior gioco di Spider-Man, quando però si poteva ambire a confezionare uno dei migliori
ludocomics in genere.
Ma d’altra parte l’essere diviso a metà tra due vite e due animi è
parte integrante di Peter Parker e della sua maschera, per cui è davvero difficile dire che Insomniac non abbia fatto
un ottimo lavoro. Non il
giocone della vita da 9, ma comunque un titolo che prima o poi deve arrivare sulla vostra mensola del sollazzo videoludico.
Verdetto
8.5 / 10
Like Batman with webs
Commento
Pro e Contro
✓ Sistema di roaming incredibile
✓ Una grande storia
x Contenuti secondari opachi
x Poco "coraggio ludico"
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