Tutte le strade portano a Roma
Il paragrafo che segue parla diffusamente di cosa si incontra alla fine dei percorsi che No Man’s Sky permette di seguire e contiene spoiler sul finale del gioco. Se volete evitare anticipazioni saltate direttamente alle conclusioni, in caso contrario “Lasciate ogne speranza, o voi ch’entrate”.
 

Lo sapete, i paragrafi polemici sono del webmaster

 

No Man’s Sky viaggia tra un percorso ben costruito, ma forse chiuso un po’ troppo di fretta…
Un altro dei motivi che, in più di qualche caso, hanno un concorso di colpa per quanto riguarda la delusione dei giocatori (e la corsa al rimborso di cui parlavamo poco più sopra) è da ricercare nel finale dell’opera. Eppure le cose (è un po’ il leitmotiv di tutta la produzione) nelle prime ore sembrano avere tutte le carte in regola per sorprendere e convincere: il giocatore ha in pratica a disposizione tre percorsi che può scegliere di seguire, a seconda di come vuole approcciarsi all’esperienza. Si può esplorare liberamente il cosmo messo a disposizione da Hello Games, oppure si può indirizzare la propria avventura al fine di raggiungere il centro della galassia per carpirne il segreto. Oppure, cogliendo una delle tante occasioni che si presentano davanti al giocatore fin dall’inizio del viaggio, giurare fedeltà all’Atlante e seguire la rotta che questo misterioso essere antico ha tracciato per noi stazione dopo stazione, raccogliendo i manufatti che ci offre e, dopo averne accumulati dieci, arrivando ad una sorta di risposta “alla domanda sulla vita, l’universo e tutto quanto” per quel che riguarda il mondo di gioco di No Man’s Sky. Le tre vie, oltre ad essere rese abbastanza esplicitamente a video nell’interfaccia di navigazione, si palesano direttamente in-game quando ci si imbatte nelle anomalie spaziali, sorta di stazioni orbitanti in cui è possibile interagire con Polo e – soprattutto – Nada, una “entità sacerdotale” che propone di volta in volta una scelta diversa per ogni percorso. Si possono ottenere risorse utili nel caso si opti per l’esplorazione libera, le coordinate di un buco nero (che permette, al costo di danneggiare l’attrezzatura dell’astronave quando lo si attraversa, di avvicinarsi più rapidamente al centro della galassia) oppure indicazioni più precise per la prossima tappa del percorso dell’Atlante.

 

galeotto fu no man's sky atlas

 

È, in particolare, quest’ultimo percorso quello probabilmente più riuscito della produzione. Come accennato, infatti, l’idea mentre lo si percorre è quella di arrivare a conoscere i segreti dell’Universo, accrescendo le proprie conoscenze ed assurgendo ad uno status superiore; arrivati alla fine di questa via per l’illuminazione, viene suggerita una verità che si rifà alla Teoria della Simulazione, che vede l’Atlante essere l’entità che ha creato la simulazione in cui il giocatore, nel ruolo di suo araldo, è immerso. Argomento sicuramente non nuovo quando si tratta di fantascienza (Matrix ha sdoganato in lungo ed in largo questo tipo di espediente), ma sicuramente in linea con il tono della produzione e, nel complesso, ben costruito e capace di incuriosire. Si ottiene tra l’altro, in cambio delle dieci Pietre dell’Atlante raccolte, la possibilità di dar vita ad una nuova stella. Un pacchetto, specie a guardarlo sulla carta, davvero riuscito, ma che (come suggerito da più voci in rete) forse si sarebbe potuto sfruttare meglio: quanto avrebbe guadagnato complessivamente il titolo se, ad aspettare il giocatore alla fine del percorso, ci fosse stato un editor di pianeti, capace di creare nuovi ambienti a piacere?

… Ed una meta finale che invece è senza mezzi termini una delusione
Ma, accantonando la delusione per questa mancata occasione di dare al gioco quella scossa che dopo le prime ore viene a mancare, il Percorso dell’Atlante, al suo completamento, lascia in dote al giocatore anche un altro utile vantaggio, indicando in interfaccia la posizione dei buchi neri (senza dover quindi ricorrere alle indicazioni di Nada per trovarli). In pratica, una sorta di scorciatoia per il centro della Galassia, dove purtroppo (e questa volta senza nemmeno la giustificazione di aver costruito bene il tutto lungo la strada) No Man’s Sky crolla inesorabilmente. Un semplice filmato, una schermata di caricamento (che sembra, alla luce di quanto visto grazie all’Atlante, un “riavvio”, visto che si ripassa per la schermata bianca di inizializzazione) e ci si ritrova punto e a capo su un pianeta ai confini della galassia, per riparare la propria navicella. Perché sì, attraversare il centro della galassia ha compromesso completamente tutta la strumentazione, non limitandosi a danneggiarla ma mettendola del tutto fuori uso; un’espediente che funzionava agli inizi del gioco, ma che, dopo aver accumulato un monte ore decisamente importante sul titolo, si traduce in pratica in qualche ora passata alla ricerca dei materiali necessari, senza però lo spaesamento ed il panico degli esordi. Anche in questo caso Sean Murray e i suoi hanno quindi predicato (e, per tratti più o meno lunghi, anche costruito) bene, ma indubbiamente hanno finito con il razzolare male, tanto da arrivare a sfiorare lo spettro di Peter Molyneux e del “segreto” del suo Curiosity – What’s Inside the Cube?.

 

“Oh, ti dirò, a me piace così”

i “perché si” di Antonino

 

Nonostante tutto ciò, come accennato nel corso di questo articolo e nella nostra già citata recensione, è difficile condannare No Man’s Sky semplicemente per le sue mancanze. Non sono pochi i veri sostenitori del prodotto di Hello Games, che cercano di guardare al quadro complessivo mettendo da parte – anche solo per un attimo – tutte le accuse di pubblicità ingannevole rivolte a Sean Murray e al suo team; e, se da una parte non negano che qualcosa sia andato storto nel corso dello sviluppo, dall’altra preferiscono guardare alla vastità del titolo, all’incredibile libertà di esplorazione garantita nel corso dell’avventura, o anche solo alla particolare costruzione del mondo di gioco, dotato di un fascino non indifferente (almeno, per le prime ore).

No Man’s Sky è vastissimo e affascinante … All’inizio
No Man’s Sky è vastissimo, e quello è davvero difficile da obiettare: per quanto i biomi siano sostanzialmente simili tra loro, la particolare varietà di pianeti (per quanto non troppo elaborata) è già abbastanza da permettere a molti giocatori di avvicinarsi all’avventura offerta dal gioco di Hello Games, anche solo per provare le singolari sensazioni delle prime ore di gioco. Volare da un pianeta all’altro, esplorarlo alla ricerca di risorse e scoprire le creature aliene che lo abitano può essere incredibilmente affascinante per i più affezionati amanti della fantascienza, e lo stesso concept di gioco (spostarsi tra le galassie per raggiungere il centro della galassia) può avere un’attrattiva a dir poco singolare su tutti gli amanti del “viaggio” e su tutti gli avventurieri più incalliti. Purtroppo, come già accennato più volte, lo stupore fanciullesco delle prime ore di gioco viene ben presto rimpiazzato da una routine meccanica e ripetitiva, atta semplicemente a raggiungere uno scopo a discapito dell’esplorazione vera e propria.

Va da sé, quindi, che tutto ciò non è sufficiente per rendere No Man’s Sky un capolavoro del genere. Nonostante il suo cuore sostanzialmente arcade, le ambizioni del gioco di Sean Murray si sono scontrate di peso contro le esigenze degli utenti, e la scarsa cura nelle altre caratteristiche presenti nel gioco (come la già citata possibilità di fare i pirati) ha fatto il resto. Il fatto che si tratti di un titolo “indie” non fa differenzaNo Man’s Sky è stato presentato come un gioco di alto profilo, un titolo che si riprometteva di rivoluzionare il genere open-world e di portare una incredibile ventata di cambiamento in ambito videoludico. Così non è stato, per tutti i motivi che abbiamo avuto modo di analizzare profondamente nel corso di questo articolo; ma non vuol dire che non possa succedere in futuro. E, ci sentiamo di aggiungere, non vuol dire che tutti i progetti indipendenti ad alto budget che “puntano alle stelle” con le loro idee siano destinati a rivelarsi irrimediabilmente delle delusioni.

 


Per approfondire:
The Witness
 

Niente ristoranti al termine dell’universo
Amare o odiare No Man’s Sky? Dipende dal giocatore
Dando quindi per buona l’affermazione, un po’ banale, che a contare davvero non sia la meta ma il viaggio, No Man’s Sky è comunque vittima di alcuni difetti tali da offuscarne parecchio l’appeal e limitare la riuscita complessiva del tutto. Non per le promesse fatte e non mantenute (non è la prima volta, né quella più clamorosa, in cui un titolo promette e poi non mantiene), ma a causa di alcune mancanze suicide che riescono a far funzionare l’inganno dietro al titolo solo finché non si acquisisce la dovuta confidenza con la galassia lontana lontana di Sean Murray. Ma se è vero, quindi, che non si può gridare al capolavoro, vale anche l’esatto contrario, perché innegabilmente gli aspetti affascinanti non mancano e, per quanto poi la realizzazione a lungo termine vada ad incagliarsi nei fondali della ripetitività, le idee non sono affatto assenti. Bastano a giustificare il prezzo richiesto per il biglietto? Dipende dal giocatore, da quanto è in grado di apprezzare un prodotto nonostante indubbi difetti e da quanto è disposto a socchiudere gli occhi per intravedere il fascino del titolo Hello Games (e farselo bastare quando inesorabilmente, dopo un certo numero di ore, la routine viene a battere cassa).

Il cielo del cambiamento
Di buono c’è che, volendo essere ottimisti, No Man’s Sky potrebbe avere effettivamente cambiato qualcosa. Team più grandi (e, si spera, altrettanto ambiziosi) potrebbero prendere l’esempio di Hello Games, imparare dai loro errori e, possibilmente, confezionare quel No Man’s Sky che No Man’s Sky non è mai stato. Non importa il concept di base, e non importa neanche il genere videoludico in sé: certo è che le premesse del gioco di Hello Games hanno fatto sognare un gran numero di giocatori, che aspettavano con ansia un’esperienza potenzialmente infinita e sempre varia, da rispolverare di tanto in tanto e senza annoiarsi mai. Sean Murray e il suo team non ci sono riusciti, che sia stato per sfortuna, per mancanza di tempo o per semplice incapacità. Ma le ambizioni originali sono lì, e il desiderio di ampliare i confini del videogioco è ancora ben vivo nella mente dei videogiocatori di tutto il mondo. Potrebbe essere semplicemente questione di tempo, prima che qualcun altro si lanci di nuovo in un progetto simile.

Nel frattempo, al confine tra realtà e promesse, rimane comunque la sensazione che bastasse davvero un po’ più di furbizia e, volendo essere acidi, un po’ più tempo passato a scrivere codice davanti al PC piuttosto che a vendere il titolo davanti ad un microfono. Ciò avrebbe aiutato Hello Games a portare a casa un risultato con tutte le carte in regola per entrare a pieno titolo nella storia e brillare come una stella, invece che costringerli ad accontentarsi di infiammare qualche chiacchiera da bar e poi sparire come una meteora, una volta spentasi la discussione.

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