Nel pieno delle nostre crisi di identità da sito di videogiochi con cinefili all’interno, abbiamo già avuto modo di effettuare
un paio di viaggi sul grande schermo nei panni del “videogiocatore”, e una volta siamo pure usciti dalla sala con un listone di
videogiochi che vorremmo vedere al cinema. A questo punto, dopo anni di esperienze ludiche e visive diverse, appare evidente come i due settori dell’intrattenimento di massa siano
collegati da un “filo invisibile” che li mette in relazione, come se entrambi stessero tentando di “comunicare” senza mai toccarsi veramente. Ciò non vuol dire che non ci siano stati dei tentativi di unire i due settori in passato, così apparentemente distanti tra loro ma, al tempo stesso, così tanto simili nei loro intenti; ma in che misura Cinema e videogiochi sono “due Arti in cerca di dialogo”?
Le Arti
Fin dalla nascita del Cinema come genere di intrattenimento vero e proprio (
28 Dicembre 1895, ad opera dei Fratelli Lumière), la
Settima Arte ha lavorato piuttosto duramente per potersi arrogare un posto rispettabile come pura rappresentazione artistica. Sviluppando un linguaggio e un immaginario del tutto unici nel corso del tempo, il Cinema ha saputo stupire intere generazioni di amanti della pellicola, guadagnandosi finalmente un posto nella cultura e nei cuori della specie umana.
I videogiochi si sono sempre mossi su un binario separato rispetto al Cinema
I videogiochi, dal canto loro,
hanno avuto una storia da sempre diretta su un binario separato, un percorso che tutti possiamo facilmente immaginare: commercializzati a livello di massa intorno agli anni Ottanta (
sostanzialmente con la nascita del NES, nonostante qualche tentativo precedente), i videogiochi
non hanno mai avuto la pretesa di imporsi come una nuova forma di rappresentazione artistica se non in tempi più recenti, grazie all’evolversi dell’hardware e all’incessante avanzamento delle possibilità tecniche per gli sviluppatori. In fondo, tutti abbiamo avuto quel parente che guardava a noi – spalmati sul divano in pose poco sensuali e con un pad alla mano – con aria di superiorità e disprezzo nello sguardo, sputando sentenze simili a “
Perché sprechi il tuo tempo così?”. I videogiochi, per i “profani”, sono da sempre poco più che un semplice passatempo, un modo per impegnare (
a.k.a.: “sprecare”) il tempo libero guardando colori e animazioni sullo schermo. Se, insomma, i videogiochi sono “qualcosa”, agli occhi del mondo, quel “qualcosa” non è di sicuro una forma d’Arte, per quanto noi appassionati possiamo essere in disaccordo.
Ecco, sì, forse non proprio questo tipo di Arte.
La Ricerca
E non è certo questa la sede per argomentare la questione, ma è sufficiente una rapida
ricerca Google per rendersi conto che qualcosa sta già iniziando a cambiare: sempre più appassionati di entrambe le “Arti” si ritrovano ad analizzare quello che sembra essere
un dialogo tra Cinema e videogiochi, cercando punti di contatto e differenze per stabilire quanto i due settori dell’intrattenimento, ormai sempre più accostati, siano effettivamente lontani tra loro.
Non c’è un’Arte migliore di un’altra: Cinema e Videogiochi cercano un dialogo
Posto che il tentativo di far trionfare un settore sull’altro risulta spesso in una sorta di “fondamentalismo” dall’una o dall’altra parte,
sembra quasi che, negli ultimi anni,
l’industria videoludica stia tentando di approcciarsi al Cinema come mai aveva provato a fare finora. Le produzioni videoludiche più recenti hanno visto
un gran numero di serie fortemente cinematografiche, piccole perle dell’industria che funzionerebbero sostanzialmente allo stesso modo se “tradotte” nel linguaggio tipico del grande schermo. Caratterizzati da fortissimi elementi narrativi, visivi e/o artistici in generale, non sono pochi i titoli che tentano di proporre una “nuova visione” del mondo ludico, con veri e propri elementi di contatto tra le due arti.
Uncharted,
Metal Gear Solid,
God Of War, To The Moon (
e molti altri) sono soltanto alcuni dei nomi che sembrano costantemente voler avvicinare i due mondi di Cinema e videogiochi, con più o meno successo a seconda dei casi.
Rivoluzioni Videoludiche
Dove prima bastavano due linee verticali e una pallina, il team di sviluppo medio si è evoluto fino a implementare la figura del “
Game Director“, apparsa per la prima volta negli anni Ottanta, che svolge sostanzialmente la funzione di “Regista”. Dove una pallina gialla inseguita da fantasmi proponeva una forma flessibile di
anarchia del quadro (
libertà di interpretazione narrativa), i videogiochi più “ambiziosi” a livello narrativo hanno adesso un vero e proprio
Sceneggiatore che si occupa di scrivere una storia, da raccontare tramite poligoni e animazioni. Dove le colonne sonore a 8-bit erano un simbolo del videogioco in sé, i compositori adesso fanno uso di vere orchestre per comporre delle
tracce audio degne del miglior film. E, dove prima i progetti più “grandi” venivano proposti principalmente nei videogiochi Tripla-A, il bisogno di narrare delle storie si sta rapidamente trasferendo anche al mercato Indie, abbracciando in maniera graduale ogni singolo anfratto del panorama videoludico.
E tuttavia, nell’avvicinarsi al Cinema,
i videogiochi hanno comunque mantenuto immutato il loro linguaggio caratteristico. Per quanto una storia come quella di
To The Moon (
per fare un esempio) possa indubbiamente funzionare sul grande schermo, infatti, non c’è dubbio che buona parte del suo fascino derivi sostanzialmente dal modo in cui l’intera storia viene narrata, con grafiche fanciullesche e semplicistiche e un sapiente utilizzo delle scenografie.
“Beyond Eyes”: quando neanche il Cinema potrebbe raccontare una storia in modo così affascinante
Non tutte le storie possono essere raccontate dal Cinema
Ci sono, insomma, delle storie che possono essere narrate soltanto dai videogiochi, e non è un caso che esistano così tanti titoli che potrebbero finire sul grande schermo e altrettanti che potrebbero non finirci mai:
Beyond Eyes è uno di quei casi che, in questo senso, sono riusciti a colpirmi maggiormente. Nell’accompagnare una bambina cieca alla ricerca del suo gatto,
il giocatore scopre gli scenari di gioco passo dopo passo, vedendoli “prendere vita” di fronte ai suoi occhi man mano che la piccola Rae procede nella sua avventura; è indubbio come un concept del genere sarebbe stato difficilmente trasposto all’interno di un film, in larga parte perché sfruttava un linguaggio diverso da quello cinematografico. A riprova della difficile trasposizione del linguaggio videoludico del cinema, si provi a pensare a quando qualcuno ha tentato di trasportare il genere FPS
in un adattamento cinematografico.
Esistono, però, dei giochi che prendono più dal Cinema contemporaneo di quanto ci si possa aspettare, arrivando a “mimarne” persino il linguaggio e le estetiche tipicamente cinefile.
Il Dialogo
Contaminazioni: dal cinema al ludo
Già serie videoludiche come
Uncharted,
Metal Gear Solid e
The Last Of Us adottano, in parte, una sorta di linguaggio cinematografico atto a raccontare le proprie storie, con
cutscene caratterizzate da una vera e propria regia (
con tanto di montaggio e movimenti di camera), storie tipiche del grande schermo e una recitazione degna del miglior film di Hollywood. Basti pensare ai movimenti di camera in
Metal Gear Solid V: The Phantom Pain (
in cui si ha l’impressione che a filmare la scena sia un operatore video in carne e ossa) o alle splendide scenografie di
The Last Of Us per avere un’idea di quanto il Cinema abbia potuto insegnare al genere dei videogiochi, negli ultimi anni; e, tuttavia, esiste un genere che si spinge già ben oltre i confini del linguaggio videoludico, spesso sconfinando nei territori della Settima Arte senza troppe cerimonie.
E
David Cage lo si può amare come odiare, ma è innegabile la spinta altamente cinematografica che ha impresso al genere delle avventure grafiche, in un momento in cui esse aspettavano soltanto di essere riscoperte. Prima con
Fahrenheit: Indigo Prophecy, poi con
Heavy Rain e i suoi successivi lavori,
Cage ha portato Cinema e videogiochi a dialogare tramite sistemi di inquadrature, montaggio, recitazione e intreccio della narrazione tipici di quanto già visto da anni sul grande schermo. Il suo desiderio di trasportare il linguaggio del Cinema all’interno dei videogiochi si vede già dalla demo tecnica mostrata all’E3 2006, “
The Casting“, con cui si anticipava l’arrivo di
Heavy Rain:
I canoni recitativi del videogioco classico vengono riproposti in una veste alternativa, con una forte attenzione per il linguaggio del corpo, le espressioni facciali, e un interesse particolare per la drammaticità.
Heavy Rain si presenta come poco più che un “film giocabile a bivi”, una politica che verrà proposta e attenzionata più e più volte nel corso degli anni successivi anche grazie a una riscoperta delle avventure grafiche, in parte promossa da
Telltale Games.
Le avventure grafiche: il dialogo
Oggi, la tendenza di alcuni sviluppatori a far comunicare Cinema e videogiochi trova spesso la sua massima realizzazione nel genere delle avventure grafiche, siano esse prodotte da Telltale o da qualunque altro team di sviluppo.
DONTNOD Entertainment, ad esempio, ha saputo proporre un
Life Is Strange con una regia a dir poco fenomenale, caratterizzata da veri e propri movimenti di macchina e cambi di fuoco difficilmente tipici di un videogioco attuale, e lo stesso Cage è già al lavoro
sull’ennesima opera che sembra voler connettere Cinema e Ludo più che mai.
L’industria dei videogiochi attira a sé sempre più appassionati delle produzioni cinematografiche, concedendo loro un numero di anno in anno più fornito di risorse per realizzare i propri progetti. E non c’è dubbio che i confini tra le due arti siano destinati ad affievolirsi sempre di più; ma quanto è possibile che Cinema e videogiochi possano viaggiare sullo stesso binario nel prossimo futuro?
Cinema e Videogiochi: Arti Parallele o Tangenti?
Che il Cinema sia riuscito a imporsi come Arte, nel corso dei decenni, è fuor d’ogni dubbio; che i videogiochi siano riusciti a fare altrettanto, sfortunatamente, è materia di discussione ancora oggi. Di sicuro
entrambe le “Arti” possiedono un proprio linguaggio, un proprio sistema di immaginari e un forte impulso a narrare delle storie che possano insegnare al giocatore qualcosa di nuovo. Chi pensa ancora che i videogiochi siano un puro passatempo, ad oggi, è evidente che non ha mai “imbracciato” un pad o una tastiera per immergersi in un mondo di codici ed emozioni;
come il Cinema, il mondo dei videogiochi possiede i suoi “mezzi” per trasmettere una rete fittissima di significati, storie che tengono il giocatore incollato allo schermo col solo intento di lasciare qualcosa nel suo stomaco.
“Pixels” (2015): uno dei recenti tentativi di “Videogiochi nel Cinema”
Linguaggi diversi…
Vano è il tentativo di far trionfare una delle Arti sull’altra, quando entrambe vengono poste a confronto sullo stesso piano: sacrificare una città o la propria migliore amica, voler salvare il proprio esercito ma essere costretti a sterminarlo, premere il grilletto o lasciare in vita un personaggio;
il Videogioco contemporaneo è spesso un insieme di scelte che mettono alla prova i nostri istinti e la nostra umanità, permettendoci di capire più cose su noi stessi in pochi giorni di quante la vita possa mai insegnarci con l’avanzare degli anni. E, dall’altro lato,
il Cinema è pura rappresentazione visiva, puro immaginario e veicolo di significati; per quanto non consenta allo spettatore di interagire direttamente con la pellicola su schermo, la Settima Arte è il trionfo della creazione artistica, il tentativo di insegnare qualcosa e di suscitare emozioni con le immagini coinvolgendo lo spettatore a livello emotivo.
… Medesimo scopo
Le due Arti, in sostanza,
usano linguaggi diversi per raggiungere lo stesso scopo. Che si tratti di far vivere un’esperienza a un giocatore o uno spettatore, Cinema e videogiochi perseguono lo stesso fine; e, nonostante ciò, in molti vedrebbero l’Ars Ludica e la Settima Arte correre su due binari separati, due rette parallele che non si incontrano mai. Ad oggi, tuttavia,
Cinema e videogiochi sembrano piuttosto destinati a sfiorarsi per brevi istanti, come due rette tangenti che si incontrano nel medesimo punto e procedono per strade separate: avvicinandosi e abbattendo le barriere del pregiudizio,
le due Arti potrebbero imparare parecchio l’una dall’altra semplicemente gettando un rapido sguardo all’operato della “sorella”, per migliorarsi a vicenda in un mutuo scambio di linguaggi e significati. L’avvento dell’Era VR, ad esempio, potrebbe portare
una serie di immaginari nuovi nel mondo dei videogiochi, e non è da escludere che essi possano essere trasmessi anche al Cinema in un prossimo futuro; nel frattempo, comunque, le due Arti continueranno a viaggiare fianco a fianco trasmettendosi conoscenza a vicenda, nel tentativo di imparare qualcosa di nuovo dal passato dell’altra.
E, sebbene i titoli videoludici puramente cinematografici siano ancora una minoranza, non è da escludere che le cose possano cambiare nel corso dei prossimi anni: per un artista, in fondo, tutte le Arti sono degne di nota allo stesso modo. È sufficiente avere l’occhio giusto per osservare, e una mano esperta per dipingere.
#LiveTheRebellion