In parallelo agli Ilvg Awards, che eleggeranno il gioco dell’anno dell’utenza, i redattori di I Love Videogames hanno deciso di preparare degli articoli più personali a proposito del loro 2015 videoludico.
Con il 2015 appena concluso e un nuovo anno iniziato da una manciata di giorni è tempo di fare il bilancio di questi 365 giorni passati a giocare. Come previsto, almeno per quanto riguarda il settore home console, il 2015 è stata un’annata ricca di grandi titoli e di seguiti attesi da tempo, di molte (
troppe) remastered e qualche novità interessante e inaspettata.
In questa classifica, che racchiude bene o male quello che ho apprezzato di più durante l’anno (
sono molti i “grandi esclusi” che purtroppo non hanno trovato un loro posto in top) ho deciso come sempre di inserire come da tradizione solo titoli terminati (
tranne una grande eccezione che ho dovuto fare con il “capolista”) e di tenere fuori dal conteggio i giochi iniziati o lasciati li per un motivo o per l’altro (
mi piange il cuore non aver più messo mano a “robette” come Tales of Zesteria o Rise of the Tomb Rider) che le varie riproposizioni in salsa next gen che ormai sembra non riuscirne più a fare a meno.
Prima di iniziare a scalare la top, vorrei spendere un minuto di silenzio sulla pila della vergogna che ormai capeggia sulla mia scrivania e che conto di smaltire in questi primi mesi del 2016, che ad un primo sguardo sembrano più leggeri sul lato delle uscite. Fra i vari missing in action e recuperi acquistati e abbandonati li a se stessi la precedenza andrà ai già citati Tomb Raider e Zesteria, senza dimenticarmi di
Mad Max,
Dragon Quest Heroes o
Rodea the Sky Soldier (
più per la versione Wii inclusa insieme), li fermi a prendere polvere e a farmi sentire in colpa ogni volta incrocio il loro “triste sguardo”. Ma non perdiamoci in ciance e diamo inizio alle danze con la mia personale Top 10 2015 dedicata alle uscite casalinghe. Buona lettura.
Chi mi conosce sa del mio amore per i JRPG (
e derivati) e per i titoli nipponici in generale, quindi l’uscita di un nuovo capitolo di Disgaea è stato un evento da festeggiare con piacere. Un titolo “difficile” non dal lato ludico ma da quello morale, che segna il destino e il futuro, ancora incerto, della serie. Un quinto capitolo che arriva con alle spalle
un prequel grandioso sotto tutti i punti di vista (
del D2 invece ce ne vogliamo tutti dimenticare) ma che nonostante questo riesce ancora a divertire ed appassionare, con una storia piacevole e ricca di humor e personaggi iconici come sempre, ma che nonostante tutto riesce a toccare temi più seriosi e ricchi di spunti riflessivi.
Anche sul lato del gameplay, Disgaea 5 è uno degli episodi più ricchi e curati, e offre al giocatore pieno controllo del sistema di combattimento e delle sue meccaniche, plasmabile in ogni suo aspetto. Unica critica che mi son sentito in dovere di sollevare
è la sensazione del classico “more of the same”, un ripetersi di situazioni e dinamiche (
di qualità sia chiaro) che dopo anni inizia a stare stretto e che necessariamente ha bisogno di rinnovarsi in qualche modo.
Se qualche anno fa sembrava impensabile vivere senza 2/3 nuovi episodi di Guitar Hero/Rock Band, divisi fra capitoli principali e monografie dedicate alle band più famose, di punto in bianco il nulla. Dopo un silenzio interminabile, il 2015 è stato l’anno del ritorno per entrambe le serie musicali che mi hanno portato ad un dramma di dimensioni epocali: quale scegliere? Sebbene la prima reazione a caldo sia stata “apro il protafogli, compro tutti e due e divento povero” a mente fredda e dopo una serie di ragionamenti più o meno sensati che non vi sto a raccontare, ho deciso di puntare su Guitar Hero Live. Vuoi la formula rinnovata rispetto all’eterno rivale, vuoi il costo più abbordabile del bundle gioco + chitarra o che a tirare le redini di tutto ci sono i FreeStyleGames, già autori del mai troppo apprezzato DJ Hero e sinonimo di qualità. Con il senno di poi una scelta azzeccata, che segna un ritorno in grande stile, fatta di scelte azzardate e rischiose come la GT TV o la nuova mappatura dei tasti, facile da approcciare, difficile da padroneggiare ai livelli più alti. Unica grossa pecca, l’assenza di una modalità online (no, il gameplay asimmetrico per la classifica non conta) sia coop che competitiva, cavallo di battaglia delle passate edizioni.
La vita di un videogiocatore è fatta di gioie, ma anche di tante sofferenze. La mia è costellata da perenni stati ansiogeni ogni qual volta viene annunciato un nuovo capitolo di una mia serie preferita giapponese. “Arriverà da noi? Quando? E come?” Ecco queste sono solo alcune delle paranoie che giornalmente mi accompagnano e che hanno accompagnato l’annuncio di
Project Zero: Maiden of Black Water, che dopo un’attesa di un anno finalmente sbarca sui nostri Wii U, facendosi perdonare ogni singolo giorno di ritardo.
Maiden of Black Water è uno degli episodi più interessanti dai tempi di Project Zero 2, con una storia corale che funziona bene e riesce nel suo scopo primario: spaventare. Ha inoltre il vanto di essere uno dei titoli Wii U che sfrutta maggiormente il GamePad, rilegandolo al ruolo di macchina fotografica per dare la “caccia” ai fantasmi che cercheranno in tutti i modi di farci la pelle. Degno di nota, uno dei momenti più alti di tutto il gioco, una sequenza alla Paranormal Activity che è stata capace terrorizzarmi e farmi stare in ansia per tutta la sua durata.
Come per Disgaea 5 mi sento in dovere di rinnovare la mia speranza per un cambio di rotta nella serie, anch’essa bisognosa di una “romanella” che ne ringiovanisca la struttura e che porti alla serie qualcosa di nuovo.
Atteso da anni come il nuovo messia, dall’annuncio in pompa magna allo scorso E3 all’uscita nei negozi, il passo è stato breve. A conti fatti questo nuovo capitolo delle avventure atomiche di Bethesda è stato un titolo che complessivamente ho apprezzato molto (tanto da completarlo in ogni suo achievement) ma non esente da difetti. Su tutti la storia, forse meno imponente dei precedenti capitoli, forse più intima e modesta, che non riesce a sfoderare tutto il suo potenziale, tanto da finire vittima di un trittico di finali abbastanza anonimi e privi di spessore, tranquillamente oscurati da alcune side quest molto più riuscite e ben confezionate. Anche le nuove aggiunte, come la parte gestionale, appaiono abbastanza marginali e poco sviluppate rispetto ad altri elementi, risultando più un fastidio che altro (almeno nell’ottica del completamento al 100%).
Nonostante questo è impossibile rimanere impassibili di fronte al fascino della serie, dal suo mondo post atomico, dai suoi paesaggi desolati (sorvoliamo sulla realizzazione tecnica non proprio “next gen” come molti si aspettavano) e dagli eccentrici personaggi. Ora l’attesa è concentrata sul primo DLC (e in generale sul Season Pass), una scusa più che sufficiente per tornare nuovamente a vagare per ore nel Commonwealth.
Il “RE” degli sparatutto su console è tornato. E più in forma che mai. Dopo un brivido di terrore vissuto con la Halo: The Master Chief Collection dovuto ai numerosi problemi legati all’online e mai definitivamente risolti, l’arrivo dello Spartan più famoso di sempre su Xbox One ha dato da pensare. Fortunatamente già dalla beta i presupposti per un capitolo “esplosivo” c’erano tutti e una volta arrivato ha cancellato ogni dubbio.
Halo 5 è un titolo imponente, solido e una delle migliori esperienze online in circolazione per chi vive di solo multiplayer. Dalla campagna della storia (doveroso affrontarla in coop con altri 4 amici) , al rinnovato comparto online dove capeggia la nuova modalità Warzone, non c’è un elemento fuori posto che riesca ad intaccare l’opera di 343i. Halo 5 rappresenta anche una nuova facciata di Microsoft, più attenta al giocatore e ai suoi bisogni. In questo, la piccola rivoluzione interna di Halo che parte dalle nuove introduzioni del gameplay (su tutte le azioni degli Spartan) o la direzione stilistica verso il gioco competitivo e l’eSport (già accennata nella remaster di Gears of War) sono sintomi di cambiamenti positivi fatti con coscienza. Per non parlare poi della solidità del comparto grafico, non il titolo di punta con il quale stupire gli amici, ma in grado di stupire lo stesso , grazie ai suoi 60fps reali e tanti dettagli e chicche che offrono al giocatore una visuale di tutto rispetto e confermano l’abilità di 343i anche su questo fronte. Con queste premesse, come si fa a non desiderare Halo 6 prima di subito?
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