Estelle è pronta a partite. Guarda per l’ultima volta la sua camera, spaccato di vita in quattro mura fatta di oggetti, fotografie, disegni, luce che filtra dalla finestra e profumi familiari. Le ultime raccomandazioni della madre, tra cui una, importantissima: “non toglierti mai questo pendente”.

Una collana con un cristallo incastonato, purissima forma materiale dei ricordi più importanti della sua vita fino a quel momento; ricordi da preservare, proteggere, tramandare.
Una scena fortissima, un rituale dove la madre sacrifica le sue memorie, indissolubilmente legate ad alcuni oggetti, per donarle alla figlia, scelta per un compito fondamentale.
La Stagione sta per finire, una nuova alba si avvicina e tutti dimenticheranno qualcosa, ma non lei, scelta per testimoniare il tramonto di questa epoca e consegnarla ai posteri.

Nell’ultima passeggiata per le viuzze di Caro, villaggio isolato dal mondo (geograficamente e umanamente), si respira la malinconia dell’addio e l’eccitazione del viaggio

Tutti dormono ancora e noi, attraverso gli occhi della protagonista, ci guardiamo intorno, i tenui colori dell’alba che colorano la piazza principale, ancora addobbata di festoni e incorniciata da lunghe panche, dove tutti hanno banchettato la sera prima per celebrare la sua partenza. La vista della vallata, la dolce musica in filodiffusione su cui gli uccelli cantano la loro canzone mattutina, l’aria frizzante. Da ogni angolo emerge un pezzettino di racconto, un tassello di un mondo incredibilmente affascinante e misterioso, per quanto simile al nostro, avvolto da una magia inspiegabile, dove alcune malattie possono essere curate con la musica, il tempo può essere percepito in maniera talmente distorta da far impazzire le persone, gli dei ascoltano le preghiere e dove le epoche iniziano e finiscono di netto, senza sfumare, come quando le si studia su un libro di Storia.

Season: A Letter to the Future di Scavengers Studio è una di quelle esperienze che si possono vivere solo in ambito videoludico. Un’opera ottimista, intima, che parla di storia e memoria, di passato e futuro ma, soprattutto, di quanto ognuno di noi può tramandare qualcosa.

Estelle lo fa a modo suo, da turista pre-smartphone: un diario su cui annotare le proprie esperienze, una macchina fotografica simil-Polaroid per immortalarle, un registratore per ascoltarle e una bicicletta per raggiungerle.

Non serve nient’altro

Maturità? Perché si, i videogiochi sono finalmente un medium maturo. Grazie agli Hellblade, ai Death Stranding e anche a cose come Season. Ascoltare per credere.
La discesa che conduce alla Tieng Valley è la meravigliosa virtualizzazione di qualcosa che più o meno tutti abbiamo provato; lasciare i freni della bici, abbandonandosi ad una delle più pure forme di libertà, dove il vento ci abbraccia e la velocità manda in estasi i sensi, prendendoci allo stomaco. La versione ciclistica del panorama che si apre sulla piana di Hyrule all’inizio di Breath of the Wild. L’atmosfera è primaverile, si può quasi sentire il profumo dell’erba, dei fiori che crescono dove la scorsa Stagione c’era solo distruzione. Le macerie di una Stagione di guerra, reclamate ormai da tempo dalla natura, quasi dimenticate.

Nell’aria c’è quella serenità che solo la pace, il peggio lasciato alle spalle, può trasmettere. E trasmettere emozioni, sensazioni, illudere di essere in un mondo “altro” è esattamente il cuore del gameplay di Season, dove il compito del giocatore è semplicemente essere curioso, affondando senza opporre resistenza in un world building persistente, su cui la mente è destinata a tornare anche fuori dal gioco. L’ultima giornata dell’ormai semi-deserta Tieng Valley, 8 ore (circa) prima di venire allagata dal cedimento (sabotaggio?) della diga che la protegge da sempre, è una passeggiata nei ricordi e nelle speranze dei suoi ultimi, irriducibili abitanti.

Un militante della Gray Hand, organizzazione militare/politica/sociale/scientifica che vuole accompagnare la popolazione verso la nuova Stagione, una donna e suo figlio che dovranno trasferirsi dalla loro meravigliosa fattoria in collina ad un appartamento nella nuova Radiant City, un’anziana e istrionica artista, un disilluso monaco, ultimo custode della misteriosa religione della città. Umanità piena di vita, rimorsi, sensi di colpa, desiderosa di ricordare, dimenticare o semplicemente addormentarsi per sempre.

Quasi non ci si aspetta che, in questo spaccato di mondo vissuto nel ruolo di testimone/turista, camminando, chiacchierando, ascoltando il fruscio del vento tra gli alberi, ci si possa imbattere anche in misteri terribilmente affascinanti che donano al tutto un’aura ancora più curiosa, sci-fi, fantasy, inaspettata, mistica; fiori capaci di assorbire i ricordi dei defunti, siti di scavo colmi di cristalli dai poteri psichedelici e santuari il cui potere va ben oltre la suggestione.

In questo mi ha ricordato tantissimo il capolavoro di Inkle, Heaven’s Vault, anche per come riesce a costruire un mondo con un passato, un presente e una cultura estremamente ricchi in cui scavare, nonostante il percepibile stato di abbandono generale.

E nel mentre il taccuino si riempie di disegni, appunti, pensieri, fotografie stampate istantaneamente appena qualcosa colpisce lo sguardo, accompagnate da registrazioni che esaltano un sound design magistrale, evocativo, di altissima qualità (glorificato dall’utilizzo di DualSense su PlayStation 5, fantastico in tutta l’esperienza). Si cerca e si trova bellezza in ogni angolo, una patina di cell shading su paesaggi rurali e orientaleggianti, densi di dettagli.

Ci si perde, si riflette e si sospira, ognuno aggiungendo le proprie emozioni a una vicenda che scorre placida come una domenica di vacanza, magari anche noiosa per alcuni (non per me ma potrebbe tranquillamente fare quell’effetto), preziosa e defaticante. Season: A Letter to the Future si compie poi in una scrittura di una delicatezza e di un’eleganza rara, letteraria, mai prolissa ma sempre capace di dire qualcosa di sincero, profondo, rilevante al momento giusto, impegnandosi ad andare oltre quanto visto in esperienze simili.

I pensieri di Estelle e i dialoghi con gli altri personaggi sono sempre momenti piacevolissimi e preziosi che non cadono mai nel vuoto

Un’opera che fa dell’intensità (audiovisiva, narrativa, sensoriale) un mezzo per esprimersi, imprimersi, ma anche per andare oltre i limiti di una produzione contenuta, da “luxury indie”, mascherati egregiamente proprio dal racconto, mai evidenti e, anzi, trasformati in punti di forza (la desolazione, il gameplay monotematico ecc, hanno totalmente senso di essere così).

Un progetto compiuto, significativo e gestito con grande maestria nonostante un clima decisamente poco sereno all’interno dello studio durante lo sviluppo, tra denunce di abusi e pessima gestione dei rapporti di lavoro da parte del management, con dirigenti allontanati e strascichi che potrebbero risolversi solo attraverso vie legali. Che l’uscita di Season sia l’inizio di una nuova stagione anche per chi ci ha lavorato, che di amore nel progetto, evidentemente, ne ha riversato parecchio.

Voto e Prezzo
9.5 / 10
30€ /30€
Commento
Season: A Letter to the Future è un’opera preziosissima che parla di memoria, ricordi e speranza in modo molto personale e potente. Tra turismo e mistero, bellezza naturale e macerie, cultura e umanità, un’avventura unica che merita di essere vissuta.
Pro e Contro
Atmosfera pazzesca
Costruzione estetica, culturale e umana del mondo straordinaria
Tematicamente ricco, significativo, mai banale

x Limiti tecnici mascherati bene, ma comunque notabili
x Avreste voluto durasse molto di più

#LiveTheRebellion