Recensione ReCore

Annnunciato durante la conferenza stampa Microsoft dell’E3 2015, ReCore segna il sodalizio tra la casa di Redmond, Kenji Inafune e Armature Studios, team di sviluppo nato dalla collaborazione di ex dipendenti di Retro Studios, tra i quali figura Mark Pacini, figura chiave di Metroid Prime e relativi seguiti.
Vedere sotto un unico tetto il padre di Mega Man con il director di Metroid Prime, coadiuvati alla stesura della storia da un altro grande nome dell’industria, Joseph Staten, bastava per far pensare già da quei pochi secondi del trailer mostrato ad un capolavoro assicurato. Purtroppo però gli happy ending non sono sempre garantiti, e dopo un anno d’attesa, fra silenzi e pochezza di informazioni ReCore ha messo in discussione le sue origini nobili origini.

 

Disponibile dal 16 Settembre al prezzo di 39.99€, è arrivato il momento di mettere mano al gioco, che ha anche il compito di fare ufficialmente da apripista al nuovo servizio di casa Microsoft (dopo aver sperimentato con Quantum Break), Xbox Play Anywhere, che permette di giocare su Xbox One e su PC Windows 10 allo stesso titolo con un solo acquisto digitale, con la possibilità di passare da una piattaforma all’altra tramite funzionalità cross-save.

 

Versione Testata: Xbox One

Mai. Mai. Scorderai..
La storia è abbastanza interessante per spingerci nelle profondità di Far Eden
La terra non esiste più. Dopo essere stata colpita dall’epidemia del Demone di Sabbia, l’umanità preparò un piano di salvataggio per colonizzare un nuovo pianeta dalle caratteristiche ospitali, Far Eden, inviando dei Nucleobot (speciali unità robotiche) affinché preparassero il pianeta al processo di terraformazione, in grado così di accogliere il genere umano. Risvegliatasi dopo un sonno criogenico durato 200 anni, Joule Adams, una dei superstiti all’esodo della Terra, scoprirà una triste realtà: gli altri coloni sono scomparsi e i Nucleobot che avrebbero dovuto contribuire a rendere abitabile il nuovo pianeta sono impazziti, corrotti da una misteriosa forza oscura. Senza lasciarsi prendere dallo sconforto, Joule, in compagnia del suo fido Nucleobot Mack, tenterà di far luce sui tristi eventi di Far Eden.

 

Già dai primi minuti la storia di ReCore appare interessante, nulla di troppo originale o che non sappia di già visto, ma abbastanza stimolante per spingerci nelle profondità di Far Eden alla ricerca di risposte. Anche l’atmosfera del pianeta aiuta, un posto inospitale che richiama alla memoria le lande desertiche e le strutture diroccate delle più famose opere post-apocalittiche, su tutti Mad Max. Pure il ritmo di gioco è sostenuto, invogliandoci fin da subito ad esplorare l’area circostante fino a scoprire uno dei numerosi dungeon che incontreremo durante il nostro cammino. Nonostante tutte queste belle premesse e un buon inizio, la storia messa in piedi da Staten inizia a zoppicare verso il finale, chiudendo l’avventura in maniera troppo frettolosa e lasciando il tutto molto aperto ad un possibile seguito, che allo stato attuale delle cose appare come una grande incognita.

Mi è finita della sabbia nelle mutande
ReCore si ispira ai classici del genere action/adventure
ReCore è un action adventure in terza persona, che unisce elementi shooter a meccaniche platform, con una formula di gioco che sembra rifarsi ai grandi classici del genere dell’era PlayStation 2 e Game Cube. Un genere che negli anni è cresciuto e mutato in altre forme, perdendo quel fascino di un tempo e lasciando un discreto vuoto. Con l’influenza dei suoi autori, ReCore mostra tutto il suo lato old school alternando salti dalla precisione millimetrica a decine di metri su strapiombi mortali a furiosi scontri con più nemici, sfruttando la potenza di fuoco del proprio fucile energetico e facendosi aiutare dal suo Nucleobot, fedele compagno, cliché di un simbolismo simbiotico della protagonista e del suo partner tipico di quelle produzioni. Ed è così che Joules, fatti i primi passi nel gioco si troverà a fronteggiare un nemico più grande di lei e a recuperare i Nuclei Prismatici, sfere di energia che serviranno per avventurarsi nel mondo di Far Eden. Infatti, ogni nuovo dungeon o area da visitare richiederà un numero sempre maggiore di Nuclei Prismatici per essere aperta e resa visitabile.

Qua entra in gioco uno dei primi aspetti che meno convince di ReCore. Se da un lato la ricerca dei nuclei rappresenta un incentivo all’esplorazione di Far Eden, questa avviene in maniera fin troppo marcata, spezzando nettamente il ritmo di gioco, in particolar modo nella seconda metà del gioco, quando avviati verso le fasi finali serviranno via via sempre più nuclei per avanzare. L’esplorazione mette in risalto le altre facce di di ReCore, alcune positive come la varietà dei dungeon all’interno dei quali dovremo portare a termine varie sfide in cambio di laute ricompense, altre meno riuscite, come una mancanza di ispirazione per la parte sandbox che racchiude il mondo di ReCore, che dopo una partenza promettente mostra il fianco ad un level design anonimo e poco sfruttato. Infatti l’area visitabile di Far Eden si estende per decine di km fra vallate desertiche, formazioni rocciose e costruzioni fatiscenti, perdendosi a vista d’occhio fra le dune di sabbia senza che ci sia nulla di rilevante da fare, oltre all’accesso verso i dungeon o la raccolta di oggetti collezionabili, che vanno dai già citati Nuclei Prismatici agli audio log, diari che ci permetteranno di capire meglio alcuni eventi che anticipano i fatti descritti dal gioco.

 


Per approfondire:
Ratchet & Clank (2016)
 

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