Recensione No Man’s Sky

La tentazione dell’Atlante
La guida del Deus Ex Machina o la libertà della scoperta?
Sviscerate le meccaniche, è il momento di spendere qualche parola sull’esperienza in sé e per sé. Non si può a questo proposito che iniziare dalla storyline, che se in un primo momento sembra riassumersi semplicemente nell’obiettivo di raggiungere il centro della galassia dopo qualche salto nell’iperspazio inizia ad assumere connotati più definiti, pur rimanendo comunque avvolti nel paranormale e nell’indefinito. Man mano che si gioca infatti il giocatore riceve alcuni messaggi dall’Atlante, misteriosa creatura (il nome richiama all’Atlante della mitologia greca, che portava sulle spalle il peso della volta celeste) che chiede obbedienza al giocatore in cambio di guida e della conoscenza assoluta. Sta al giocatore decidere se seguire, una volta avviata la questline, le indicazioni dell’Atlante o il piano originale di raggiungere il centro della Galassia, e fatta questa scelta decidere se cercare di accorciare i tempi o dedicarsi ad un’esplorazione più attenta. Ed è a questo punto che intervengono le figure di Nada e Polo, rispettivamente una sacerdotessa ed uno studioso. Di tanto in tanto sarà possibile interfacciarsi col duo, con Polo ad elargire ricompense sulla base delle scoperte fatte e Nada a chiedere al giocatore se vuole sapere la posizione di un buco nero, di un avamposto dell’Atlante o se preferisce un aiuto per l’esplorazione (in forma di progetti utili per potenziarsi).

Là dove nessuno è mai giunto prima
Le prime ore sono senza il minimo dubbio quelle più difficili
Di tutta l’esperienza, la parte peggiore (e con “peggiore” intendiamo più dura, dal punto di vista del personaggio che interpretiamo) è quella delle prime ore. Si inizia da soli su un pianeta sconosciuto, e per quanto poi l’esperienza continui praticamente in solitaria è in questa fase che si è maggiormente spaesati, inseriti in un contesto che non si conosce ed incerti non tanto su quanto va fatto (bisogna riparare l’astronave e decollare), ma sul come farlo. Non si ha ancora la dovuta conoscenza delle meccaniche di gioco, non si sa fino a che punto è saggio spingerti e qual è il proprio limite di autonomia lontano dall’astronave, ed in un certo senso si è quindi tenuti in scacco dal terrore per l’ignoto e di quanto potrebbe succedere. In questo senso l’inventario iniziale, estremamente risicato, non aiuta, visto che non si sa ancora quali sono le risorse più importanti di cui tenere sempre una scorta a portata e, a ben vedere, non si sa nemmeno dove andarle a recuperare. Si cerca di colmare questi gap che si hanno rispetto a quanto bisognerebbe effettivamente conoscere e si va avanti con un approccio quasi “trial and error”, provando quindi a visitare un po’ di tutto e a capire quali sono i posti chiave del pianeta (e, magari, anche a fare il “censimento” della popolazione animale, tanto più che è possibile dare il nome a tutte le scoperte che si fa per primi). Al crescere delle ore spese in gioco (e dei moduli installati nella exotuta e sulla navetta) cresce anche il gusto per l’esplorazione, fase che nel nostro caso è coincisa anche con la “scoperta” del commercio che è via via diventato il metodo privilegiato per guadagnare unità da spendere per permutare navicelle e Multi-tool (ma all’occorrenza anche per mettere le mani su risorse più difficili da reperire o semplicemente per rimpinguare le scorte di materiali utili). Man mano che passa il tempo quindi quello che prima fa paura smette di farlo, e si tende a costruire una routine precisa e conosciuta che massimizza gli aspetti su cui il giocatore ha deciso di “costruire” il suo personaggio: nel nostro caso l’iter prevedeva l’arrivo su un pianeta, la ricerca (senza ancora scendere a terra) di uno scanner di segnale e la localizzazione di capsule abbandonate, dentro le quali è possibile acquistare slot aggiuntivi per la Exotuta (specie agli inizi, operazione fondamentale, dato che è l’unico modo per farlo). Durante queste fasi alla ricerca (adesso si, a terra) della capsula o del successivo scanner per individuare più facilmente quest’ultima l’imperativo era assicurarsi di raccogliere scorte di materiali utili, da rivendere poi al mercato o da utilizzare per ricaricare i sistemi (stiamo parlando di nuovo del Plutonio). Fatto questo l’obiettivo diventava craftare il necessario per il salto nell’iperspazio e via al prossimo sistema.

 

no man's sky sentinel

Praticamente innocuo
Dopo un po’ comunque la situazione diventa sotto controllo e non stupisce quasi mai
Una volta carpite le meccaniche importanti e inquadrata la propria routine di comportamento, No Man’s Sky ha poco altro da offrire e il tutto fondamentalmente va avanti finché chi sta giocando non cede alla noia e alla ripetitività. Si, c’è sempre la possibilità di diventare un pirata spaziale e guadagnarsi da vivere distruggendo le navicelle altrui… Ma se è vero che ne “I Pirati di Silicon Valley” il personaggio di Steve Jobs si chiedeva perché arruolarsi in marina se si può essere un pirata qui vale l’esatto opposto: perché correre il rischio di essere abbattuti e di perdere il proprio carico quando basta semplicemente estrarre da uno dei 18 trilioni di possibili pianeti le risorse, tenere quelle che servono e arricchirsi vendendo il resto? Tanto più che, come visto, viene a mancare anche l’incentivo ludico, visto che si tratta di fasi a nostro avviso non particolarmente riuscite e memorabili. Subentrato questo effetto viene da chiedersi insomma perché Hello Games non abbia pensato a un qualcosa capace di rimescolare le carte, da una banale (ma in realtà abbastanza adatta) componente “alla MMO” in cui poter interagire con altri giocatore fino a soluzioni più originali, ma che a ben pensarci è un peccato che manchino in un titolo che strizza così tanto l’occhio al genere Sci-Fi, come un sistema legato alla fisica capace di cambiare faccia (proceduralmente) all’esperienza in base al pianeta che si sta visitando. Perché indubbiamente man mano che si prosegue le navicelle nemiche aumentano di “livello” e anche i pianeti iniziano a diventare più ostili, ma ormai il giocatore conosce già grossomodo quali sono le potenziali minacce cui si può imbattere e, a meno che non sia uno sprovveduto, ha il pallino del gioco in mano.

Pluto Nash
Performance altalenante a sporcare un lavoro artistico riuscito
Le ultime parole, come d’abitudine, sono dedicate all’aspetto tecnico dell’ultima fatica di Hello Games. Si è parlato parecchio dei problemi della versione PC di No Man’s Sky, tanto che si potrebbe pensare che la sua controparte per PS4 sia invece immacolata. Così non è, e se è vero che la performance, dal punto di vista dei fotogrammi al secondo, è abbastanza stabile, non manca qualche crash di troppo (che comporta la perdita di qualche progresso, fortunatamente contenuta visto che il gioco salva ogni volta che si scende dalla navetta o si scopre una location) a sporcare un risultato altrimenti portato a casa abbastanza agilmente. Dal punto di vista visivo invece non possiamo che certificare l’indubbio valore della componente artistica del titolo, decisamente suggestiva e ben realizzata, anche se a ben vedere poi i singoli elementi non brillano certo per la loro realizzazione (e anzi, nel caso degli animali più grossi c’è anche un certo fenomeno di compenetrazione di poligoni, ed è possibile “entrare” nel cadavere). Nulla da eccepire invece dal punto di vista della colonna sonora, che è capace di sottolineare praticamente alla perfezione i vari momenti che si danno il cambio a schermo, dalle fasi in battaglia contro le sentinelle a quelli meno tesi e più rilassati.

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Verdetto
7.5 / 10
Ba! Ba! Ba ba ba! Space!
Commento
Ad Hello Games è mancato quel colpo di reni capace di movimentare l'esperienza, una volta che il giocatore prende le redini del gioco. Indubbiamente infatti nelle prime ore No Man's Sky alterna una certa ansia da sopravvivenza con la voglia di esplorare i pianeti messi a dispozione, che continua a crescere fino al "punto di rottura" dove ormai il giocatore ha capito il trucco, sa cosa fare e massimizza i guadagni con il minimo sforzo. Un vero peccato, perchè inserendo un qualcosa in grado di destabilizzare gli equilibri ciclicamente l'esperienza probabilmente non soffrirebbe così tanto il problema della ripetitività, tenuta a bada solo dal catattere della produzione che, bisogna riconoscerlo, non può bastare in eterno e non può bastare per tutti.
Pro e Contro
Tantissimi contenuti
Artisticamente ispirato
Meccaniche a terra semplici ma riuscite...

x ... Che prima o poi annoiano
x Fasi nello spazio da rivedere
x Qualche problema tecnico di troppo

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