Che
No Man’s Sky fosse un prodotto condannato a dividere era già chiaro dall’annuncio del titolo: da una parte le ambizioni di
Hello Games, dall’altra una realtà mai come in questo caso dura che tra problemi logistici, rinvii e cause legali ha tenuto il pubblico con il fiato sospeso fino all’ultimo. Un circo che inevitabilmente ha generato allo stesso modo aspettative e scetticismo, tanto interesse ma anche tanta antipatia per questo team indipendente venuto dal nulla ma deciso a lanciarsi in un progetto di queste dimensioni e di proporlo a prezzo pieno. Un circo che in definitiva non poteva certo spegnersi di colpo all’uscita del titolo e che terrà banco per questo ultimo scampolo di 2016.
Versione testata: Playstation 4
Per cercare di raccontarvi al meglio cos’è No Man’s Sky abbiamo diviso la nostra recensione in due parti. La prima è quella più “metodica” e tratta le meccaniche presenti in gioco (con, ovviamente, le nostre considerazioni a margine). La seconda, a pagina 2, cerca invece di fare il punto sull’esperienza (o meglio, le esperienze) che il titolo di Hello Games cerca di rendere vive.
Vivi e lascia morire
Parola chiave: sopravvivere, nonostante l’inventario inizialmente ridotto
Ridotto alla sua essenza, lo scopo del giocatore (chiamato ad impersonare un anonimo viaggiatore dello spazio)
è semplicemente quello di sopravvivere, facendo affidamento sulle sue forze, in un viaggio che dalla periferia della galassia lo porterà ad esplorarne i pianeti più “interni”. Gli strumenti a disposizione, essenzialmente, sono tre: l’astronave che permette di viaggiare di corpo celeste in corpo celeste, l’Extotuta che invece sostiene il giocatore una volta messi i piedi per terra e infine il Multi-tool, a svolgere il duplice ruolo di arma di offesa e mezzo per estrarre risorse da minerali, flora e fauna presenti sulla superficie. Ognuno di questi dispone di un proprio inventario (con un numero finito di slot), in cui andranno installati moduli e componenti che permettono l’accesso alle funzionalità del dispositivo e, nel caso di astronave e Exotuta, condividono lo spazio con risorse ed oggetti raccolti e/o ottenuti nel corso dell’esperienza. Non solo: posizionando vicini i moduli che fanno riferimento alla stessa abilità/funzionalità si ottengono dei bonus.
Bisogna quindi soppesare la scelta dello slot da occupare (e, come vedremo più avanti, anche quella relativa agli upgrade di Multi-tool ed astronave) con particolare attenzione, visto che una volta posizionato un elemento nell’inventario, a meno di non scartarlo o smantellarlo non è possibile cambiarne il posto, con l’unica parziale eccezione dei materiali, visto che è possibile trasferirli dalla tuta alla navicella (e viceversa). Anche in questo caso però No Man’s Sky mette dei paletti precisi, per cui se è vero che è possibile inviare alla nave qualunque elemento raccolto presente nella tuta, per eseguire l’operazione inversa bisogna trovarsi nelle immediate vicinanze del mezzo, e bisogna inoltre tenere conto che a parità di slot la navicella può immagazzinare più quantità dello stesso elemento in un un’unica posizione (
quindi, in caso di trasferimento all’exotuta, si rischia di occupare più slot liberi). Va infine tenuto bene a mente che dei tre “strumenti chiave” a disposizione
solo per l’exotuta è possibile, ora come ora, raccogliere dei potenziamenti che vanno ad aggiungere nuovi slot: negli altri due casi è per forza necessario entrare in possesso di una nuova navicella (o Multi-tool), perdendo inevitabilmente tutti i moduli installati sul vecchio modello (al cambio di navicella è, per fortuna, possibile spostare almeno le risorse immagazzinate). È vero che generalmente le alternative proposte non sono “vergini” e presentano dei moduli pre-installati, ma può capitare di dover rifare parte del lavoro già fatto per installare quelli non presenti, oppure banalmente smontare e ricreare quelli equipaggiati per sfruttare in modo più intelligente lo spazio.
Minecraft in space
Le risorse, come logico, giocano un ruolo chiave in No Man’s Sky
Le fasi a terra sono inevitabilmente le prime con cui si ha a che fare. Una volta sulla superficie bisogna tener presenti quali sono le caratteristiche del pianeta o della luna che si sta esplorando, per capire quanto è possibile allontanarsi dal “campo base” (il punto dove si è atterrati con la navetta) e quali sono le potenziali minacce che si possono incontrare.
Da questo punto di vista Hello Games ha fatto in modo che ci si possa imbattere in pianeti ospitali o più impervi, attraversati da tempeste (o altri fenomeni) con una ciclicità diversa e abitati da flora e fauna che spaziano dalla totale assenza ad una massiccia e minacciosa presenza. Anche l’atmosfera stessa può essere caratterizzata da vari elementi, da temperature alte o basse (dove quindi si mette sotto sforzo la resistenza dell’exotuta al freddo o al caldo) fino anche alla presenza di radiazioni. A seconda dei moduli equipaggiati quindi, come detto, bisogna soppesare la propria autonomia e regolare le fasi di esplorazione di conseguenza: si può decidere di visitare solo le zone limitrofe all’astronave, tornando a bordo e decollando più di frequente per cambiare posto (al costo di diverse unità di plutonio per alimentare i propulsori per il decollo) oppure sacrificare spazio per aumentare la resistenza del supporto vitale (
il modulo che regola il “tempo” che si può spendere sulla superficie, comunque ricaricabile con gli elementi raccolti) o irrobustire la tuta contro certi fenomeni per dover preoccuparsi di meno del modulo dedicato alla resistenza a questi. Ad ogni modo,
sia che si sia investito in questi potenziamenti o meno, si è comunque dipendenti dalle risorse, necessarie sia per alimentare i sistemi di hexotuta, Multi-tool e navicella che per creare nuovi moduli e potenziamenti. Ci si accorge da subito come sia fondamentale sulla superficie avere sempre a disposizione delle unità di carbonio o del citato plutonio, indispensabili per ricaricare i componenti della exotuta e il Raggio Minerario del Multi-tool, il mezzo che permette di estrarre le risorse da rocce, piante e animali presenti. Ma il Multi-tool è anche lo strumento che permette di difendersi dagli attacchi delle forze ostili, siano questi animali particolarmente aggressivi o le Sentinelle, droni robot che scandagliano le superfici e possono attaccare il giocatore se e quando lo ritengono una minaccia (
nel nostro caso per la prima parte dell’esperienza si sono limitate a rispondere al fuoco solo quando eravamo noi ad attaccar briga, ma in alcuni pianeti siamo stati presi di mira ogni qualvolta si raccoglieva un particolare oggetto). In questi casi prendono il via delle sezioni di shooting abbastanza elementari, dove fondamentalmente si mira e si spara, anche se è comunque possibile schivare e sfruttare un attacco corpo a corpo (non particolarmente utile, visti i danni ridotti che causa).
In un certo senso il fine ultimo è la conoscenza
Ma se le risorse permettono di sopravvivere,
la molla che spinge ad esplorare, specie nelle prime fasi, è la conoscenza: questa può arrivare praticamente in qualunque momento, sia che si interagisca con gli isolati avamposti alieni in cui ci si imbatte che quando si studiano le reliquie presenti sul pianeta, o ancora localizzando strutture abbandonate o navicelle di salvataggio. Solo in questo modo è possibile imbattersi nei progetti che permettono il crafting di elementi e moduli, indispensabili per proseguire nel viaggio verso il centro della galassia (specie, come vedremo, quando si parla degli oggetti funzionali ad eseguire i salti nell’iperspazio).
E solo in questo modo è possibile arricchire il proprio vocabolario in modo da capire, parola dopo parola, quello che le tre razze aliene presenti nel gioco cercano di dirci quando dialoghiamo con loro, per quanto comunque spesso e volentieri il gioco descriva minuziosamente il contesto e permetta di capire abbastanza agevolmente quale delle scelte multiple presenti a schermo è quella “contestuale” e permette di migliorare i rapporti con quella particolare razza. Ad aiutare il giocatore nelle fasi di esplorazione, oltre allo scanner del Multi-tool, intervengono i radiofari e scanner presenti sul pianeta, che permettono di localizzare luoghi ancora non scoperti. I secondi, in particolare, permettono di specificare l’ambito della ricerca (potendo scegliere per esempio se cercare un Monolite Alieno o un rifugio) al costo di un chip di bypass.
Nello spazio nessuno può sentirti urlare
Ugualmente importanti, ma meno riuscite a nostro avviso, le fasi nello spazio
Altrettanto importanti sono le fasi alla guida della navicella: per prima cosa perché alcuni materiali sono di più facile recupero se estratti abbattendo gli asteroidi presenti nello spazio (un esempio su tutti: il Thamium9, indispensabile per alimentare il motore ad impulsi che accorcia i tempi di percorrenza all’interno di uno stesso sistema). Secondariamente perché, specie nelle sezioni più avanzate del gioco,
gran parte delle attività di commercio avvengono nelle stazioni spaziali presenti nei vari sistemi, dove è possibile sia accedere ad un sistema di compravendita “standardizzato” che dialogare direttamente con i viaggiatori che visitano le stazioni, potendo tra l’altro acquistare le loro navi. Sono attività che è possibile svolgere anche in alcuni luoghi sulla superficie, ma che nello spazio risultano più pratiche visto il maggior afflusso di personaggi non giocanti e la possibilità di acquistare e vendere da entrambi gli inventari a disposizione (tuta e navicella).
Il commercio comunque non è l’unica attività con cui arricchirsi in No Man’s Sky: in un certo senso è possibile darsi ad atti di “onesta pirateria”, prendendo di mira le navicelle e le navi cargo presenti in orbita e attaccando con le armi a disposizione della propria navicella (o, a parti invertite, capita d’esser presi di mira da forze ostili). In questi casi bisogna star particolarmente attenti a quello che succede, visto che le sentinelle non mancheranno anche in questo caso di mettere i bastoni tra le ruote al giocatore inviando delle forze a supporto della vittima, ma anche considerando che si può finire coinvolti in uno scontro tra due fazioni che non ci riguarda minimamente, salvo i raggi laser che iniziano a piovere al nostro indirizzo. In questi casi si può tentare la fuga, non potendo sfruttare però i citati e utilissimi motori ad impulsi (
disabilitati quando si è sotto attacco) oppure scegliere una parte e dar man forte agli improvvisati compagni. Qualora si decidesse di guadagnarsi da vivere a questo modo è sicuramente necessario equipaggiare bene la propria navetta e avere sempre a disposizione dei minerali per ricaricare gli scudi. In caso di game over l’intero carico stoccato nella stiva viene perso, pur potendo essere recuperato recandosi sul luogo della disfatta (
a patto di non esser di nuovo abbattuti).
Si tratta, ad ogni buon conto, della parte a nostro avviso meno riuscita dell’esperienza: anche in questo caso le meccaniche appaiono abbastanza basilari, ma se mentre sulla superficie le fasi di conflitto funzionavano e riuscivano anche a divertire qui la musica cambia, a causa di
eccessive semplificazioni al sistema di controllo che (per esempio) scongiurano il pericolo di morire schiantandosi contro basi spaziali e pianeti (e infliggono leggeri danni in caso di impatto con i meteoriti). E anche il sistema di mira appare abbastanza “assistito”, specie dopo aver sbloccato il Raggio di Fase, lento ma capace di infliggere gravi danni (si riesce ad abbattere una nave nemica in una manciata di colpi), anche grazie ad un auto-aim più immediato rispetto a quanto mostrato dal Cannone principale. A prescindere da come si decide di interpretare questo scampolo di esperienza bisogna rassegnarsi al fatto che i viaggi tra le stelle sono parte integrante del titolo, e permettono non solo di visitare i vari pianeti del sistema corrente, ma anche di progredire nel viaggio al centro della galassia grazie all’Iperguida, che consente di eseguire i famosi salti nell’iperspazio che consentono il cambio di sistema solare (e forniscono quindi nuovi pianeti da esplorare). Non poteva poi a questo punto mancare un altro grande classico, la “scorciatoia” fornita dai buchi neri, che permettono di avvicinarsi sensibilmente di più all’obiettivo ad ogni attraversamento (e proprio per questo, come vedremo a breve, vanno “localizzati” per impedirne l’abuso).
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