Recensione Gravity Rush Remastered

Quella di Playstation Vita è una storia che ormai conosciamo tutti: nonostante la buona lineup al debutto e l’arrivo, a stretto giro, di qualche autentica piccola perla, tra l’ultima portatile di Sony ed il grande pubblico non è mai scoccata la scintilla, costringendola inevitabilmente ad arrancare lentamente lontano dai riflettori. Qualcuno ad ogni modo deve aver pensato che fosse un peccato condannare alla stessa sorte quei (purtroppo troppo pochi) titoli di spessore usciti esclusivamente sulla macchina: dopo le avventure di carta di Iota/Atoi è quindi il momento del rilancio di Gravity Rush, con un’edizione rimasterizzata che funge da trampolino per quel sequel atteso dal lontano 2012.

Ricaduta libera
Gravity Rush mette il giocatore nei panni di Kat, una ragazza che si risveglia, priva di memoria, nella cittadina dal retrogusto steampunk di Hekseville. Fin dalle prime battute la protagonista scoprirà di essere dotata di un particolare potere, in qualche modo legato al gatto Dusty che le fa compagnia fin da quando apre gli occhi all’inizio dell’avventura: il potere di alterare la gravità, annullandone gli effetti su se stessa e manipolandole la direzione in modo da poter letteralmente fluttuare per i quartieri di Hekseville. Spinta dal desiderio di aiutare la popolazione locale (che sulle prime si dimostrerà diffidente nei confronti della drifter, così vengono chiamate le persone in possesso di poteri) Kat nel suo cammino per diventare un’eroina finirà suo malgrado coinvolta nella battaglia contro i Nevi, delle creature dalla dubbia provenienza che hanno infestato Hekseville, non senza una serie di colpi di scena e diversi misteri a gettare ombre su tutte le vicende.

Gravity Rush non è mai banale o noioso
Dal punto di vista narrativo Gravity Rush quindi, pur partendo da una situazione iniziale non particolarmente originale, riesce a destare e a mantenere l’attenzione del giocatore per tutta la durata dell’esperienza (circa 10 ore, che raddoppiano nel caso si voglia puntare al trofeo di platino), non risultando mai banale o noioso grazie soprattutto ad una direzione artistica mai come in questo caso ispiratissima, che amalgama aspetti della già citata corrente steampunk con l’influenza visiva del fumettista francese Jean Giraud (in arte Moebius). Affermazione che purtroppo non possiamo estendere alle missioni secondarie presenti nel titolo, che con l’eccezione di quelle aggiunte dai pacchetti di espansione (e qui disponibili fin da subito) scadono velocemente nel ripetitivo.

Meglio di Sandra Bullock
La base è quella di un action adventure, inserito in un contesto open world e con alcuni tratti da gdr
Dovendo affibbiare al lavoro di Japan Studio (per l’occasione portato sul “grande schermo” del televisore di casa da Bluepoint Games, ormai veri e propri esperti di rimasterizzazioni) un’etichetta dettata dal genere, Gravity Rush andrebbe fatto ricadere nel filone degli action adventure, pur presentando qualche leggera caratteristica ripresa dal GDR (specie per quanto riguarda la progressione di Kat, che coinvolge sia le abilità legate al movimento che gli attacchi offensivi) e gestendo il tutto con un approccio a mondo aperto ormai andato sdoganandosi in questa ottava generazione. L’unica combo “fisica” a disposizione della ragazza è infatti una combinazione di tasti sfoggiabile facendo pressione sul tasto quadrato, mentre per il resto quando si tratta di attaccare il nemico è necessario ricorrere ai poteri gravitazionali “innescati” da Dusty: a terra Kat può muoversi più velocemente sfruttando la scivolata (che si attiva premendo contemporaneamente R2 ed L2), sfruttando la maggiore manovrabilità per sferrare eventualmente un calcio capace di fare più danno della combo di base. Una volta in aria invece entra in gioco il famoso calcio gravitazionale che permette, una volta presa la mira (con la levetta analogica o, e preferite, sfruttando l’accelerometro di Dualshock 4), di scagliarsi a tutta velocità contro l’obiettivo e colpire lasciando il segno. Non possedendo nessuna capacità di attacco a distanza, si può far ricorso al campo di stasi (cerchio) per sollevare alcuni oggetti che possono poi essere lanciati all’indirizzo del Nevi di turno, trucco particolarmente utile per rompere la corazza di alcuni nemici ed esporne il nucleo. La dotazione è infine completata dalla classica schivata, utilizzabile tanto a terra quanto in aria, e dagli attacchi speciali (tre in tutto) che si sbloccheranno nel corso dell’esperienza, veri e propri assi nel completo smanicato di Kat a cui si può far ricorso non appena completata la carica.

Il gameplay è solido e divertente, senza eccessi di tecnicismo
Le abilità legate alla manipolazione della gravità però non possono ovviamente essere utilizzate in modo selvaggio: specie nelle prime fasi di gioco l’indicatore posizionato nell’angolo in alto a sinistra dello schermo (che indica il tempo per cui si possono mantenere attivi i poteri) tende a svuotarsi molto rapidamente, e ad ogni campo di stasi, scivolata o calcio gravitazionale corrisponderà un consumo di energie uguale e contrario. Il limite può essere arginato man mano che si avanza con la storia, spendendo le gemme raccolte in giro per la città (o dai corpi esanimi dei Nevi) per ridurre il consumo dell’indicatore e velocizzarne il tempo di ricarica, riuscendo anche a riempirlo disattivando i poteri mentre si è in caduta libera e riattivandoli all’ultimo momento. Il risultato finale è un prodotto senza ombra di dubbio riuscito e divertente sotto il profilo ludico, senza però mai entrare nel territorio degli action più “spinti” e tecnici in modo da riuscire a farsi apprezzare davvero da tutti.

La mela che cade lontano dall’albero
I controlli sono stati adattati da bluepoint in modo molto intelligente
Gravity Rush è stato all’epoca uno di quelle esclusive per Playstation Vita che non ha fatto nulla per nasconderlo, cercando quindi di utilizzare il più possibile tutte le caratteristiche dell’handheld di Sony. Giocoforza quindi Bluepoint Games si è trovata a dover riadattare diversi aspetti legati ai controlli, in modo da “incastrarli” nel controller di Playstation 4: la scivolata gravitazionale ne è l’esempio perfetto, visto che non potendo più fare affidamento sul touchscreen (e, intelligentemente, non trasferendo in toto le funzioni di quest’ultimo sul touchpad di Dualshock 4) è stata spostata sui grilletti e controllata poi mediante la levetta analogica sinistra. Dopo diverse ore spese sul titolo (e dopo aver completato all’epoca l’originale in tutti i suoi aspetti) possiamo tranquillamente dire che Bluepoint Games ha fatto un lavoro più che egregio che non ha sacrificato nulla e anzi, sotto determinati aspetti ha anche reso più confortevole l’esperienza, per esempio permettendo di disattivare il movimento della telecamera dovuto all’accelerometro lasciando il compito sulle sole spalle dello stick destro. Va però segnalata, purtroppo anche in questa versione per Playstation 4, la telecamera ballerina dell’originale, qualche volta ancora in difficoltà quando deve seguire le manovre più concitate di Kat. Una piccola macchia (condivisa con l’originale) in un lavoro di restauro in ogni caso capace di rimettere a nuovo il titolo.

 

gravity rush remastered

Più bello che mai
Kat su Playstation 4 è più in forma che mai
Lavoro di restauro che non possiamo che giudicare impeccabile quando l’analisi si sposta sul comparto tecnico: Gravity Rush Remastered gira costantemente a 60 fotogrammi al secondo, restituendo in praticamente tutte le situazioni una sensazione di fluidità costante, che viene poi impreziosita dal lavoro fatto per quanto riguarda gli aspetti esclusivamente visivi. L’aliasing della versione Playstation Vita è, in buona sostanza, debellato, col risultato di regalare un’immagine davvero in grado di rendere giustizia alla già citata direzione artistica, che col suo tratto a metà tra quello della scuola francese e il manga nipponico (influenza che si respira anche nelle cutscene, che mescolano le sequenze a vignette più fumettistiche) e le sue tinte sature ed un po’ opache rende Hekseville davvero meritevole di essere esplorata nei suoi anfratti. Il lavoro di Japan Studio poi riesce a farsi valere anche dal punto di vista audio, sia per la lingua parlata dai personaggi (fittizia, ma con inconfondibili note di francese) che per la colonna sonora vera e propria, solida e capace ci concedersi anche qualche momento particolarmente eclatante come ad esempio quando si visita il “quartiere dell’intrattenimento”, Pleajeune.

Verdetto
9 / 10
Fatti un favore e giocatelo (almeno adesso)
Commento
Proporre Gravity Rush a quei milioni di giocatori che sono saliti sul carro di Playstation 4 dando invece buca a Playstation Vita è sicuramente una manovra furba da parte di Sony e ci auguriamo che funzioni: il titolo di Japan Studio, oggi come nell'estate del 2012, ha un fascino artistico innegabile e anche dal punto di vista ludico riesce a risultare divertente, solido ed indovinato. Questa versione Remastered poi non fa che migliorarlo sotto tutti i punti di vista, grazie a dei controlli sicuramente meno coraggiosi ma più funzionali all'esperienza e rendendo il prodotto tecnicamente più bello che mai, dando una bella botta anche ai tempi di caricamento della versione portatile che sono ormai un lontano ricordo. Insomma, se siete tra i troppi che hanno dato buca a Kat al primo appuntamento questa è l'occasione perfetta per rimediare.
Pro e Contro
Artisticamente ispiratissimo
Gameplay solido e divertente
Ottimo adattamento dei controlli

x Telecamera ballerina
x Missioni secondarie ripetitive
x Nessun contenuto inedito

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