Recensione Anna’s Quest

Dopo averci portato nel pianeta desolato di Deponia, al seguito delle bizzarre avventure di Rufus, e catapultati in un passato dai toni onirici con Memoria, Daedalic Entertainment cambia nuovamente rotta, e presenta un’avventura che scorre davanti ai nostri occhi come una favola dei fratelli Grimm, complice anche lo stile grafico volutamente stilizzato.

E proprio come una fiaba europea d’altri tempi, Anna’s Quest può sulle prime sembrare semplicistico, o addirittura infantile, ma ben presto lascia spazio a tutta la sua profondità, fino a catturare il giocatore in una storia decisamente più matura di quanto non possa sembrare.

 

C’era una volta…

Originariamente pubblicato nel 2012 da Krams Design in forma episodica, Anna’s Quest beneficia del trattamento Daedalic sia nel comparto grafico (che risulta più pulito e fluido), sia dal punto di vista della longevità, con l’aggiunta di enigmi extra che pur non sconvolgendo la trama base, aggiungono spessore ai personaggi e alle situazioni.

La storia prende il via con un antefatto piuttosto semplice, comune a molte favole del folklore mitteleuropeo: Anna è una bambina che vive isolata dal mondo con il nonno, in una fattoria dove la vita scorre semplice e tranquilla. Tuttavia, un giorno, le condizioni di salute del nonno di Anna sembrano peggiorare all’improvviso, e in uno slancio di eroismo, la ragazzina parte alla ricerca di una cura, sfidando per la prima volta la foresta e il mondo al di fuori della propria casa. Manco a dirlo, gli avvertimenti che da sempre il buon vecchio contadino le raccontava nelle favole della buonanotte, risultano essere reali, e neanche il tempo di esaurire il prologo narrato, che Anna si ritrova nelle grinfie della strega Windfriede, chiusa in una torre, alla disperata ricerca di una via di fuga.

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Tuttavia, è a questo punto che Anna’s Quest inizia a rivelare mano a mano come la somiglianza con l’universo dei Grimm sia meno banale di quanto sembri: dopo un breve tutorial, infatti, verremo dotati di poteri telecinetici, essenziali alla risoluzione degli enigmi e piacevole dipartita dalle tematiche classiche, che accompagneranno Anna per il resto dell’avventura. Avventura che si snoda piacevolmente in circa cinque-sei ore di gioco, con enigmi mai banali e talvolta al limite dell’assurdità, ma che ricompensano il giocatore con sequenze inaspettatamente ironiche, toccanti e persino drammatiche. Tra le battute sottili di Anna verso il giocatore, e la comica codardia di Ben, bambino trasformato in un’orsacchiotto parlante da Windfriede, c’è spazio anche per temi più profondi: avremo a che fare con fantasmi, magia nera, patti col Diavolo, abusi infantili e omicidi, il tutto amalgamato alla perfezione come solo il folklore germanico è in grado di fare.

E prima ancora di arrivare all’esplicativo capitolo finale, che tira magistralmente le fila di tutti i misteri lasciati in sospeso, Anna’s Quest lascia intendere di avere tutte le carte in regola per essere un titolo in grado di soddisfare molti palati.

Cappuccetto Psionico

Come accennato, le meccaniche di gioco sono quelle canoniche di una qualsiasi avventura punta&clicca, tranne che per la piacevole e sostanziale aggiunta dei poteri psichici di Anna, pronunciati costantemente in maniera comicamente sbagliata. Se da un lato questi sono intrinsecamente legati alla storia del gioco, dall’altro aggiungono una nuova dimensione anche all’aspetto gameplay, mettendo un ulteriore strato di combinazioni possibili oltre al classico uso dell’inventario. Potremo quindi dover semplicemente interagire con l’ambiente circostante per raggiungere oggetti troppo elevati o fuori portata, oppure cercare un uso creativo degli oggetti in nostro possesso, caricati dei poteri telecinetici di Anna. Il tutto costringe il giocatore a ragionare in maniera trasversale e fuori dagli schemi, cosa che si sposa alla perfezione con la direzione sui generis che Daedalic e Krams hanno voluto dare alle molte storie classiche legate dalle vicende di Anna.

La favola della Volpe e l’uva, viene così reinterpretata con una bambina che piega i rami della pianta con la sola forza della mente, guadagnandosi i favori dell’allibitissima volpe Reinhardt. O ancora, i tre orsi della storia di Riccioli d’oro, finiti in prigione all’Inferno, e usati come bersaglio per le cartacce, la cui salvezza passa per i poteri di Anna, una lettera sindacale e una capra.

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Molte situazioni, purtroppo, non sono immediatamente comprensibili, complice il fatto che spesso e volentieri saremo obbligati a passare per indizi specifici. Non potremo, ad esempio, aprirci un passaggio per fuggire attraverso un soffitto (nonostante i poteri di Anna lo consentano), sino a che non avremo parlato con uno specchio magico che ce ne confermerà la necessità. Fortunatamente, nella maggior parte delle situazioni, il gioco giustifica questi obblighi, e spesso si tratta di scelte così assurde, o di elementi così tipici della cultura folkloristica dell’europa centrale, che il giocatore difficilmente avrebbe potuto pensarvi senza raccogliere informazioni, e anche in questo caso si tratta comunque di semplici indizi nella giusta direzione, che richiedono comunque uno sforzo mentale per essere compresi.

Nel caso dei minigiochi presenti, poi, Daedalic mantiene la tradizione iniziata con Deponia di consentire al giocatore la possibilità di saltarli, una volta raccolti tutti gli indizi necessari, venendo incontro a coloro che preferiscono seguire la storia e gli enigmi principali.

Occhietti Bottone

Graficamente, il titolo non è sicuramente dettagliato ai livelli di altre produzioni Daedalic (immediato è il paragone con le atmosfere oniriche e artistiche della serie The Dark Eye), ma in questo caso si tratta di una scelta funzionale all’ambientazione, e a quell’illusione di trovarsi davanti ad una storia per bambini. Fortunatamente è un tratto a cui si abitua l’occhio in brevissimo tempo, e che da il meglio di sé nelle atmosfere più cupe.

Così come il comparto musicale, che salta con facilità da sonorità più allegre o emozionanti a melodie di pianoforte e archi per accompagnare la carica drammatica delle rivelazioni principali, allo stesso modo anche gli occhi privi di iride di Anna, le espressioni esagerate dei personaggi animali, e i tagli delle inquadrature contribuiscono ad una narrazione a tutto tondo, che risulta in un’esperienza molto più piacevole che guardare le singole parti separatamente.

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In questo c’è anche spazio per riferimenti ad altri titoli Daedalic, come un certo costume in un negozio di antichità, o dei poster sul muro di un castello.

Molti di questi, tuttavia, sono disseminati su un passaggio obbligato: l’intera vicenda, infatti, è un enorme “strada da seguire”, che da sicuramente la possibilità di esplorare i vari tocchi di classe inseriti dagli sviluppatori (molti dei quali si sovrappongono agli obiettivi Steam), ma che pur nel suo pensare fuori dagli schemi, non permette di sgarrare. Per quanto folli, o poco pratiche, le soluzioni alle situazioni sono uniche, e una volta risolto il gioco, la spinta ad una seconda passata è veramente scarsa.

Verdetto
7.5 / 10
I fratelli Grimm e l'incantevole telecimmimosi
Commento
Ad un primo impatto, Anna's Quest è uno di quei titoli che farebbero storcere il naso: grafica stilizzata, tematiche fiabesche forse più adatte ad un gioco educativo che non ad un indie di alto livello, meccaniche piuttosto banali. Tutto questo però viene spazzato via già dal tutorial, che mette subito in chiaro una cosa: il titolo di Krams e Daedalic è tutto meno che infantile. Anche la sola scelta di inserire tematiche più legate alla scienza che alla superstizione, come i poteri psichici di Anna e le macchine di Windfriede, crea un marcato stacco con le prime impressioni, e definisce istantaneamente che quella che ci apprestiamo a intraprendere è un'avventura atipica, carica di ironia, ma che resta comunque con il cuore fedele a quelle storie di streghe e inquietudine, innocenza e morali distorte con cui i fratelli Grimm hanno scritto un capitolo nella storia della narrativa mondiale. In Anna's Quest, queste due anime apparentemente contrastanti vengono fuse alla perfezione in una trama che tocca di volta in volta tutte le corde di una buona narrativa: abbiamo quindi da una parte streghe cannibali ridotte a macchiette comiche; un Diavolo infernale che ricorda più un pomposo dirigente d'azienda, salvo poi ricordare che dietro quegli occhiali e il volto affabile c'è una creatura malefica e mostruosa; c'è spazio per la compassione e per il rancore, la violenza e il sopruso, ma anche per il più classico eroismo e amore familiare, legati con quel filo di sottile ironia da frecciatina che solo Daedalic riesce a imbastire.
Pro e Contro
Enigmi fuori dagli schemi
Ottima fusione di ambientazione e ironia
Trama avvincente

x Rigiocabilità inesistente
x Alcuni passaggi frustranti
x Sottotitoli italiani assenti

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