Recensione Deponia Trilogy

Dopo più di un decennio passato a rimpiangere le vecchie glorie del genere avventura punta-e-clicca, gli ultimi anni hanno riportato in auge il genere, con i titoli episodici di TellTale, le saghe di Daedalic o i gli ambiziosi progetti di Double Fine. E bisogna ammetterlo: per certi versi, il ritorno delle improbabili combinazioni di strumenti in inventari dallo spazio infinito, la necessità di pensare fuori dagli schemi e la bellezza di vedere una storia letteralmente scorrere ad ogni nostra azione, sono stati un tuffo al cuore per chi, come il sottoscritto, è cresciuto con titoli del genere.

Ovviamente, l’altra faccia della medaglia di avere una fanbase così pronta ad accogliere nuvoamente a braccia aperte il genere, è che l’effetto nostalgia si scontra ben presto con le vecchie glorie, e indubbiamente uno dei colossi del settore è la saga di Monkey Island, che con le sue assurdità, la sua ironia e i suoi personaggi tuttavia memorabili, ha accompagnato una generazione di giocatori alla scoperta del fascino del point&click.

Chiunque avrebbe problemi a sfidare un “Golia” del genere sul suo stesso territorio, e il “Davide” della situazione altri non è che l’irriverente trilogia di Deponia.

Welcome to Deponia

Dalla sua, il mondo creato dai tedeschi di Daedalic Entertainment, ha però qualche asso da giocarsi, primo fra tutti, la superba qualità del tratto d’animazione.

In linea con la già citata serie di Monkey Island, anche Fuga da Deponia, Chaos su Deponia e Goodbye Deponia optano per uno stile meno realistico e più “cartoonoso”, che contribuisce a smorzare i toni sulle tematiche pesanti di devastazione ambientale e l’umorismo nero che permea l’intera trilogia. Deponia è un mondo ormai al collasso, composto da vaste pianure arrugginite e disseminato perlopiù di tecnologia abbandonata da tempo e risorse in esaurimento, circondato da cieli crepuscolari nei quali le uniche cose visibili sono la gigantesca stazione orbitale Elysium (inarrivabile simbolo di una vita perfetta contrapposta all’onnipresente inquinamento), e le torri dell’Organon…

Tanti piccoli dettagli che compongono il quadro di un universo a tratti volutamente sgradevole, ma che al contempo forniscono una base fondante immediatamente riconoscibile per i personaggi che vi si muovono e le loro motivazioni. Personaggi come l’inqualificabile Rufus, protagonista probabilmente tra i più meschini ed egocentrici mai creati, ma capace anche di catturare l’attenzione (e perchè no, anche la simpatia) dei giocatori con la sua folle creatività e il suo tenacissimo ego. O come la bella Goal, introdotta come un ideale di innocenza e idealismo nel primo titolo, sino ad evolversi, scoprendo lati più tenaci, altezzosi o infantili nel secondo, verso un personaggio complesso e maturo nel terzo, capace di abbandonarsi anche a momenti di ironia o vero e proprio dramma personale.

Ovviamente a spiccare su tutti sono i protagonisti, ma nel corso della trilogia sono molti i comprimari che emergono dall’anonimato, a livelli di complessità più o meno profonda a seconda della loro importanza. Persino lo svogliatissimo narratore, o addirittura il coro vocale che canta assieme a lui le varie strofe d’intermezzo tra un capitolo e l’altro dei tre giochi, riescono ad ottenere spazio, grazie anche all’aiuto di altri due fattori su cui Daedalic calca la mano: la narrativa e il comparto audio.

 

Huzzah, the Chorus Guys rules!

Come l’occhio vuole la sua parte, infatti, anche l’udito del giocatore necessita di essere appagato in un gioco che fa dell’atmosfera una buona metà della sua forza. E anche sotto questo aspetto, Daedalic convince abbastanza da invogliare il giocatore a proseguire nello scoprire le vicende di Rufus & Co. A onor del vero, va detto che i brani presenti nella trilogia non sono molti, e che spesso e volentieri si ripetono per più occasioni, ma se da una parte può sembrare il prodotto di una mancanza creativa, dall’altra ha i suoi vantaggi.

In primis, dopo le prime ore di gioco, saremo in grado di distinguere immediatamente i cambi d’atmosfera, dalla serietà alla pressione per un rischioso piano da portare a termine, all’esplorazione più scanzonata, che ci consentirà di dare libero sfogo alla nostra fantasia nel risolvere gli enigmi.

Punto secondo, specie per quanto riguarda le canzoni d’intermezzo del Narratore, queste aiuteranno a mettere quanto visto e quanto ci aspetta in una “giusta” prospettiva, che nel caso specifico è quella più adatta allo stato d’animo del protagonista. E non sempre questa corrisponderà a quanto il buon senso suggerirebbe… Abbiamo appena distrutto il nostro unico mezzo di trasporto lasciando tutti a piedi per svariati km? Perchè non cantare in allegria, inondando nel frattempo la camera del coro con del gas esilarante, godendosi l’ultima strofa del brano cantata con delle voci alzate innaturalmente di almeno due ottave, mentre un soddisfatto Rufus avanza fiero alla guida dei compagni esasperati?

Punto terzo, le stesse tracce, spesso riutilizzate, subiranno una “evoluzione” nei tre titoli, passando da un semplice giro di note familiari, ad una melodia via via più complessa, che specie nel terzo gioco, accompagnerà le varie rivelazioni, sottolineandole di volta in volta in maniera sottile ma brillante.

 

Plasma exchange whoop-dee-doo mammoth fur relay

Se finora abbiamo parlato tuttavia di elementi di “contorno”, è tempo di addentare i bocconi più grandi e succulenti di ciò che rende un’avventura punta e clicca competitiva, ed è proprio sul “gusto” di questi ultimi che si basa la decisione tra l’elevare la saga tra i grandi del genere o relegarla nella mediocrità.

Parlando degli enigmi, i tre capitoli che compongono la storia di Rufus vanno di pari passo con la maturità e lo sviluppo del protagonista. Se nei primi rompicapo dovremo confrontarci con una realtà stufa marcia delle disastrose bravate di Rufus (tanto per lui come per la maggior parte dei presenti), trovandoci tuttavia impantanati nella completa riluttanza del protagonista di utilizzare il comune buonsenso, saremo costretti a fare un uso decisamente creativo di ciò che ci circonda, oggetti, situazioni o persone che siano. Per contro, nei momenti più seri e nei quali vi sono in ballo cose ben più importanti dell’ego di Rufus (e dopo qualche ora nei suoi panni, impareremo che ne esistono davvero poche per la nostra catastrofe ambulante!), compiere le scelte più appropriate verrà estremamente naturale, una reazione spontanea all’eccesso di lateral thinking che il gioco forza ai suoi giocatori. Il che, visto nell’ottica di una storia da raccontare con ritmi differenti per situazioni differenti, non può che essere un vantaggio.

Tuttavia, se da una parte avremo enigmi abbastanza abbordabili con un po’ di esplorazione e tentativi, dall’altra abbondano anche situazioni in cui la risoluzione è affidata al caso. Ora, anche ammettendo che molti dei piani di Rufus, effettivamente, tendono a non risolversi neanche lontanamente nella maniera sperata, in un universo che sembra goderci a funzionare diversamente da come la mente umana suggerirebbe, ci sono alcuni casi in cui dovremo riuscire a mettere in moto delle catene di eventi di cui non sono chiari né gli obiettivi finali né le dotazioni iniziali.

Su quest’ultimo punto, purtroppo, la tendenza della serie è a peggiorare con ogni istanza, con enigmi ancora per la maggior parte vagamente sensati nel primo episodio, sino ad arrivare, nel terzo, a risolvere (o creare) ostacoli non tanto perchè ne avremo reale necessità, quanto più per la loro semplice presenza, indipendentemente dalla apparente rilevanza degli stessi con i nostri obiettivi.

…let go.

A livello narrativo tale tendenza sembra essere meno evidente, ma solo perchè la serie non ha una vera e propria progressione discendente nella qualità della storia,  bensì picchi di alta qualità, intermezzati da sfondoni che lasciano molto a desiderare. La storia, fortunatamente, riesce a reggersi in piedi più che dignitosamente nei primi due capitoli, ponendo le basi narrative per il terzo.

Come già accennato, in Fuga da Deponia, ci troveremo a familiarizzare con i vari personaggi nei loro caratteri base, con le loro motivazioni superficiali e le loro idiosincrasie. Rufus è un egomaniaco incapace di vedere le dannose conseguenze delle sue azioni sugli altri, ma animato da un profondo e comprensibilissimo desiderio di cambiare la propria vita, fuggendo da un mondo che lo considera feccia. L’apparente egocentrismo, tuttavia, verrà meno quando, sul finire del gioco, dovrà fare i conti con la propria coscienza e l’occasione di provare a sé stesso il suo vero valore. Allo stesso modo, in Chaos su Deponia, la linea principale è quella di dimostrare la forza d’animo di Rufus a Goal (in tutte le tre versioni) svelando di volta in volta aspetti più complessi e profondi della personalità di entrambi.

Mano a mano che emergeranno i lati più reconditi dei personaggi, tuttavia, la trama generale subirà di volta in volta un incupimento, perdendo inoltre contatto con quella che è la logica delle situazioni. Il tutto, sino ad arrivare al punto in cui molti personaggi avranno qualcosa da dire, ma le occasioni per dimostrare la propria umanità e il proprio spessore prenderanno il via da elementi decisamente inappropriati e casuali.

Alcuni enigmi, perlopiù concentrati in Goodbye Deponia, infatti, avranno un che di grottesco, laddove non pesantemente offensivo senza un motivo apparente. Ad esempio, dopo una sequenza particolarmente drammatica ed “evolutiva” per la personalità di Rufus, a metà del gioco, ci troveremo come se nulla fosse a ripiombare in battute sessiste, azioni che sfociano nello schiavismo su un personaggio di colore e a maltrattamenti verbali gratuiti verso minori (chiaramente presentati come dei fastidi).

Fortunatamente, a ricompensarci del disagiante senso di colpa di azioni simili, più o meno volontarie, ci verranno offerte delle sequenze fortemente ironiche (come un cameo di Super Mario), o dall’alto potenziale drammatico ed emotivo (il “piano” di Rufus per risolvere la situazione più critica dell’intera storia), o addirittura entrambe (un clamoroso discorso motivazionale in grado di scatenare gli applausi e un coro d’approvazione tra una folla di 11.000 soldati insultati pesantemente da un oratore folle).

Putroppo, dopo aver trovato una giusta dimensione narrativa con due finali, questo piacevole ma esile equilibrio tra follia, dramma e irriverenza, si infrange proprio nella chiusura definitiva della storia.

Con una catena di eventi estremamente forzosa, la sceneggiatura che porta il giocatore a dare l’addio definitivo al mondo di Deponia non solo lascia con un pesantissimo senso di insoddisfazione e amaro in bocca, ma aggiunge anche la beffa di togliere completamente il diritto di replica al giocatore, con due espedienti in-game (un png che si erge a “voce del giocatore” e il narratore stesso) che azzerano quel senso di partecipazione dell’utente alla storia, e lo relegano ad un mero spettatore, staccandolo brutalmente da quel legame formato nelle trenta e passa ore di conoscenza dei personaggi.

Verdetto
7.5 / 10
Dalle stalle alle stelle e ritorno, ma tante risate nel mezzo
Commento
Per molte recensioni, scritte in passato, ho preferito aspettare qualche ora, il tempo necessario per digerire quanto sperimentato sullo schermo e dare tempo al mio cervello di elaborare gli eventi. Questo, tuttavia, non è stato il caso di Deponia, per il quale è consigliabile tirare immediatamente le somme piuttosto che perdersi in ragionamenti sterili che rischiano di snaturare l'impatto dell'esperienza di gioco. Esperienza che purtroppo, proprio sul finale (inteso sia come intero capitolo nella trilogia sia come chiusura del terzo titolo), si traduce in un tonfo per una serie che resta tuttavia profondamente sbagliato considerare mediocre. Non una serie perfetta, intendiamoci: Deponia non è affatto esente da piccoli difetti, quali saltuari glitch ed enigmi dalla dubbia sequenzialità logica e una discreta tendenza (da quest'ultimo punto di vista) a calare progressivamente nella qualità. Ma se i primi due capitoli risultano in un'esperienza comunque molto piacevole, sia dal punto di vista narrativo, che audiovisivo, Goodbye Deponia, invece, pur avendo dalla sua i momenti narrativi e di evoluzione personale più alti di tutta la storia, è un gioco che si compone, appunto, di momenti. Molti dei quali inappropriati, fatti di rivelazioni improvvise e inspiegabilmente incapaci di tener conto di due episodi di maturazione caratteriale dei suoi personaggi. Anche nel caso di voler considerare questa come una scelta narrativa conscia, purtroppo, il senso generale che traspare è che la trilogia sia stata conclusa con un capitolo "tirato via" e una serie di forzature, che non solo mal si sposano con la storia generale, ma così pesanti da ignorare persino l'evidenza pur di ottenere un determinato risultato. Ciliegina sulla torta, è il voler a tutti i costi togliere al giocatore il diritto di replica sulla scelta finale con la spiegazione di un png, che se sino a quel momento è stato la voce del giocatore, improvvisamente diventa quella degli sviluppatori, quasi fossero certi che la loro chiusura sarebbe stata fortemente criticata...
Pro e Contro
Atmosfera ironica degna delle migliori avventure grafiche vecchia scuola
Personaggi memorabili
Animazione d'alta qualità
Comparto audio ripetitivo ma piacevole

x Parte della comicità persa nella localizzazione
x Qualità degli enigmi in leggero ma costante calo
x Terzo capitolo altalenante
x Finale estremamente forzato

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