Recensione The Dark Eye: Memoria

Nella marea di titoli “major”, presentati sul finire del 2013, alcune piccole perle rischiano di passare inosservate, specie se la loro nicchia ludica non è tra le più utilizzate. Ma mai come nel caso di Dedalic Entertainment, c’è sempre qualcuno pronto a ricordare a tutti che il gaming non è solo azione ed esplosioni, o complessi calcoli strategici. C’è spazio anche per una storia dai contorni più onirici, narrata con il ritmo quieto e serio di una leggenda d’altri tempi. Ed è esattamente questo ciò che The Dark Eye: Memoria mette sul piatto, rivisitando l’ambientazione creata con Chains of Satinav, di cui il titolo è il diretto sequel.

In Media Res

La trama segue gli eventi lasciati in sospeso in Chains, con l’addestratore di uccelli Geron impegnato nella ricerca di un modo per rompere la maledizione che grava sulla propria compagna, la fata Nuri, trasformata in corvo. Un inizio “in media res”, ci porta direttamente al luogo dell’apparente soluzione, la tenda di un vecchio mercante in grado di spezzare l’incantesimo. Tutto ciò che chiede, in cambio, è la soluzione di un enigma. Una singola risposta. Ma è con questo falso senso di semplicità che il gioco spalanca realmente le proprie porte e ci tuffa nel passato, con un volo di circa 450 anni sino ai tempi della principessa Sadja, seconda protagonista di Memoria, preannunciando così un racconto che intreccerà le vicende non solo di due persone, ma anche di due epoche completamente diverse, legate a doppio filo dal fato narrativo. E solo a questo punto che i titoli di testa iniziano a scorrere, su una maestosa panoramica grafica di una tomba sepolta nell’era di Sadja.

Già da queste premesse, possiamo intuire che avremo a che fare con un titolo di qualità…

Sulle tracce del passato…

Come già accennato, il primo punto di forza di Memoria è la propria narrativa, che collega due epoche diverse, due personaggi dal carattere dissimile, in un unico affresco dai toni onirici. Sia vivere le avventure di Sadja in prima persona, sia tracciarne le memorie nei panni di Geron, ha un fascino particolare, che richiama alla mente l’era d’oro delle avventure grafiche (parliamo di titoli come Loom, Amerzone, Beneath a Steel Sky e Broken Sword), con un uso decisamente creativo delle premesse.

Geron è e resta comunque il protagonista principale, mentre Sadja è un riflesso del passato, e tutto ciò che la riguarda è vissuto e narrato come se fosse un’esperienza di “seconda mano”. Sebbene, infatti, avremo sotto il nostro diretto controllo le azioni di Sadja, in alcuni capitoli saremo impossibilitati a sentire le sue parole, o a seguire direttamente le sue azioni, in quanto apprenderemo quegli specifici eventi dal diario di un osservatore, e dovremo cercare di ricostruire le parti mancanti con i documenti e le nozioni apprese da Geron per far procedere la storia nei panni di Sadja. Gli enigmi che si parano davanti, quindi, non sono semplici ostacoli da superare, ma vere e proprie parti integranti dell’intreccio.

Inoltre, a differenza del predecessore, in cui la risoluzione di varie situazioni era affidata prevalentemente all’uso dei poteri di riparazione di Geron, o all’interazione con gli oggetti del proprio inventario, in Memoria tornano preponderanti anche enigmi dialogati, la risoluzione dei quali è affidata ad una serie di risposte in sequenza. Tuttavia, questo comporta talvolta anche la necessità di indovinare una sequenza logica progettata dai tedeschi di Dedalic, non sempre univoca. Basandosi solo sulle informazioni raccolte in giro, capita in alcuni (rari, fortunatamente) casi di imbattersi in più risposte plausibili e apparentemente valide, ma solo una consentirà di proseguire la storia. Se a questo aggiungiamo che gli enigmi non sono mai eccessivamente complessi, ma richiedono in linea di massima una capacità logica e di pensare fuori dagli schemi decisamente elevata, può capitare in più di un occasione di ritrovarsi impantanati a cercare di intuire le soluzioni. Il gioco stesso agisce da deterrente contro il meccanismo trial-and-error, e provare a caso più combinazioni di poteri/oggetti/risposte, finisce spesso e volentieri solo con il produrre uno sbuffo annoiato di Geron o un rimprovero diretto di Sadja. Memoria pretende l’uso del cervello da parte dell’utente senza facili scappatoie, ed è intransigente su questo punto.

Fortunatamente, anche le ricompense messe in tavola da Dedalic sono particolarmente gustose e soddisfacenti da non far pesare i blocchi, trasformando la frustrazione nella spinta necessaria a proseguire. Sebbene questo potrebbe essere un deterrente per chi cerca un’esperienza di gioco più rapida e immediata, per gli appassionati della narrativa, e coloro che cercano una sfida all’altezza per il proprio intelletto, risulta senz’altro gratificante, e rivela un’attenzione ai dettagli che riflette quella dedicata al comparto grafico.

Un maestoso affresco

Visivamente, Memoria è niente di meno che una vera e propria opera d’arte. Punto. Dai sontuosi fondali realizzati a mano, alla caratterizzazione grafica dei personaggi, alla perfetta fusione di punti d’interazione con l’ambiente circostante, tutto ciò che appare a schermo in Memoria è frutto di una meticolosa e precisa realizzazione, con una cura al dettaglio degna di un dipinto classico.

Purtroppo, come tutto ciò che tende alla perfezione, vi sono dei difetti che minano leggermente il complesso: tralasciando lo stacco particolarmente evidente dei personaggi dal resto dell’ambiente (cosa che, di fatto, è più un pregio che un difetto, data l’enorme mole di dettagli e la vastità di certe locazioni), le animazioni degli stessi risultano quasi legnose, in alcuni punti, e mal si sposano con la qualità del mondo circostante. In particolar modo, la cosa si nota nei dialoghi, che, passando ad una schermata ravvicinata e parzialmente animata, mostra più dettagli sui modelli dei singoli personaggi, che spesso non corrispondono completamente alla controparte interattiva al di fuori delle sequenze parlate. Allo stesso modo, anche la sincronia del labiale sembra fuori fase in più occasioni, anche se in questo caso possiamo supporre che si tratti di un problema di localizzazione, con l’animazione basata sul parlato originale tedesco.

Das Schwarze Überspielen

Il doppiaggio in sé, tuttavia, va detto che risulta essere ambivalente: se da una parte esalta la caratterizzazione dei personaggi (Nuri e i suoi conflitti interni legati alla maledizione del corvo, Sadja e la sua ricerca di vendetta contro un ex alleato, la costante spinta di Geron a proseguire nella sua missione), dall’altra risulta a tratti mediocre sotto il puro livello interpretativo. Di base, il doppiaggio inglese non è affatto malvagio, anzi: tuttavia, alcuni dialoghi sembrano piuttosto piatti, alcune sezioni da cui ci si può attendere una risposta emotiva maggiore nelle parole e nei toni delle conversazioni, scivolano via in delle voci a tratti apatiche. Se l’istinto principale era di dare la colpa ad una localizzazione poco efficace, questa sensazione è sminuita dai precedenti in materia di Dedalic: con la trilogia di Deponia (la cui brillante sceneggiatura è vargata dallo stesso autore di Chains of Satinav e Memoria, Kevin Mentz), la localizzazione anglofona risultava addirittura migliore dell’originale, aggiungendo toni volutamente ironici alla caratterizzazione dei personaggi, e dando spessore agli stessi.

Un certo amaro in bocca, quindi, anche se questo è presto stemperato dal resto del comparto audio: con una colonna sonora dai toni forse poco originali, ma decisamente in linea con le ambientazioni a tratti oniriche, a tratti epiche e colossali o claustrofobiche e introspettive, Memoria riesce a sottolineare alla perfezione le atmosfere dei vari archi narrativi, senza mai distogliere il giocatore dal focus principale, la storia narrata e gli ambienti nei quali si dipanano gli eventi.

Verdetto
8.5 / 10
Un titolo azzeccato per un'indimenticabile opera d'arte in formato punta & clicca
Commento
L'esperienza di Dedalic Entertainment nel genere punta-e-clicca si fa sentire in maniera preponderante in Memoria, con enigmi soddisfacenti e mai banali, una storia realizzata in maniera eccellente e meccaniche di gioco e narrativa in grado di soddisfare qualsiasi utente del genere, dal giocatore di avventure grafiche di lunga data come il sottoscritto, a dei neofiti che si accostano per la prima volta ad un inventario. Sebbene si tratti di un sequel, e ci siano richiami in più punti al diretto predecessore, Memoria non taglia mai fuori quella fetta di utenza che entra con questo capitolo nel mondo di Geron. Un mondo che si dipana equamente su due linee temporali perfettamente intrecciate e costruite per influenzarsi l'un l'altra, ma senza mai rompere quella sensazione di credibilità dei personaggi e delle loro motivazioni. Tirando le somme delle dieci e passa ore di gioco dedicate a Memoria, la cui ottima longevità si lascia comunque da parte dei fili non ancora intrecciati per una possibile ulteriore rivisitazione, emerge un prodotto che non è esente da difetti, ma che Dedalic è stata perfettamente in grado di nascondere e di minimizzare, dirottando la concentrazione del giocatore su quei punti focali che rendono l'esperienza di gioco piacevole quanto la lettura di un buon libro, e lasciano una prolungata sensazione di soddisfazione per i risultati ottenuti.
Pro e Contro
Ambientazioni disegnate a mano di qualità elevata
Storia e tecniche narrative accattivanti
Enigmi complessi ma soddisfacenti
8-10+ ore di longevità

x Mediocre localizzazione del doppiaggio
x Alcune situazioni dalla soluzione ambigua

#LiveTheRebellion