La buona notizia è Travis Strikes Again: No More Heroes riporta Goichi Suda in cabina di regia. La cattiva? Non avevamo tenuto in conto quanto fosse pazzo Suda51

Togliamoci subito il dente. Travis Strikes Again: No More Heroes non è No More Heroes 3. E non vuole esserlo. O meglio, non ci prova nemmeno. A esperienza finita ci si rende conto che tutto quello che ha reso No More Heroes… Beh, No More Heroes è ancora li su cartuccia, alcuni aspetti – vedi alle voci “critiche all’industria videoludica”, “meta-referenzialismo” e “rottura della quarta parete” – ne escono addirittura rafforzati. Eppure bisogna fare i conti con la costante, insistente e fastidiosa sensazione che Suda51 stia scherzando, che non può davvero essere tutto qui, che è una trollata prima di una sezione più vicina alle logiche della serie che però non arriva mai. E va bene così – o quantomeno, può andare bene così.

Su Gameromancer.com, Travis Touchdown in persona ha recensito Travis Strikes Again. Imperdibile!

Goichi Suda è una wildcard, e Travis Strikes Again: No More Heroes lo urla ai quattro venti

Ma iniziamo da dove si dovrebbe iniziare una recensione – cioè, dall’inizio – e lasciamo le considerazioni finali a quella roba che riempie lo spazio vicino al voto e non legge nessuno al commento.

L’antefatto?
Diversi anni dopo No More Heroes 2 Travis è fuori dai giochi. Ritirato a vita privata, direbbe qualcuno. A smaltire il backlog di videogiochi accumulati, fa intuire la sequenza iniziale, che spara subito nelle casse di Switch il tema principale di Hotline Miami – quasi ad esorcizzare le similitudini che passano tra i due titoli – e mostra il non più eroe di Suda51 alle prese con Dennaton Games. Il passato torna a bussare alla porta (se non a distruggerla a colpi di bazza da baseball) quando Bad Man, il padre di Bad Girlla fantasia non è propriamente il mestiere di famiglia – si mette in testa di vendicare la fu-assassina numero due nella classifica della UAA.

Non sapete chi è Bad Girl? Forse è il caso di giocare No More Heroes allora…

Una console fantasma in tutto e per tutto
Tutto questo funge, fondamentalmente, da pretesto per far giocare Travis Strikes Again a chi sta davanti a Nintendo Switch. I due vengono risucchiati nella console di Travis, la famigerata Death Drive Mk II. Una console che nel mondo del gioco non è mai ufficialmente uscita rimanendo alle soglie del vaporware – anzi, diventando oggetto di culto e di leggende metropolitane in perfetto stile Polybius. No, non quel Polybius. Da qui in poi le vicende si fanno bizzarre: in pratica collezionando le sei Death Ball (i supporti di memoria su cui sono stati distribuiti i sei giochi realizzati per la macchina) e completando i sei titoli, si ottiene la possibilità di esprimere un desiderio. In perfetto stile Akira Toriyama.

Ma che altro c’è su cartuccia, a parte una trama sospesa tra l’assurdo, Dragon Ball e Greed Island (HunterXHunter) e questa console dotata – senza apparente motivo – di un diffusore di aromi?

Travis si diverte a giocare col giocatore
C’è, come si diceva in apertura, molto di quello che caratterizzava il primo No More Heroes. La narrazione si sviluppa alternando fasi di grinding (invero, meno fine a sé stesse e più divertenti da giocare) e boss fight all’interno dei sei videogiochi, intervallando il tutto con una sorta di visual novel – Travis Strikes Back, appunto – che con la sua grafica retrò raccorda una Death Ball all’altra, raccontando come Travis entra in possesso delle cartucce. Raccontandolo – ovviamente- prendendo ripetutamente a picconate la quarta parete, in uno scomodo parallelo con Deadpool che all’autore (e a Travis stesso) non sfugge e viene anzi stigmatizzato. Come spesso e volentieri vengono stigmatizzate le trovate più pigre del titolo, che – ed ecco il perché della sensazione di essere presi in giro di cui sopra – sembra costantemente non fare sul serio, ma sbandierandolo e tanto basta per giustificare il fatto che molte delle scene più adrenaliniche del titolo in realtà non esistono, sono solo testo verde su sfondo nero.

Ma d’altra parte non si può non apprezzare alcune altre scelte, specie se in questi anni si è passati da un prodotto Grasshopper all’altro. Per capire davvero Travis Strikes Again infatti bisogna passare dai titoli firmati dalla sua casa madre, anche da quelli non propriamente firmati dal pezzo grosso in persona.

Come? Sei ancora convinto che No More Heroes 2 e Killer is Dead siano roba di Suda51? Leggi qua, per favore…

È davvero difficile non ammirare il coraggio con cui Goichi Suda ha inserito un certo tipo di contenuti in-game. E anche se è un approccio che ai nerd più nerd (quanto e più dello stesso Travis) non giungerà del tutto inedito bisogna comunque riconoscere una certa faccia tosta all’autore giapponese. Nel bene e nel male.

Dal punto di vista del gameplay?

In due parole – potrebbe essere tranquillamente il verdetto della recensione, e magari lo sarà anche – Travis Strikes Again è la versione da sala giochi di No More Heroes. Rispetto agli originali vengono a mancare alcune componenti, le prese da wrestler ed il senso di progressione che il gioco instillava attraverso gli upgrade della Blood Berry e delle tecniche da acquistare, ma il tutto si vota anima e corpo al Dio Punteggio e – grazie al Death Glove, il controller della console demoniaca – fanno capolino degli Skill Chip che aggiungono nuove abilità al protagonista. Si giochi nei panni di Travis o in quelli di Bad Man, anche lui a disposizione del giocatore (scusa molto conveniente per inserire una modalità coop di straforo). Pur ridotto all’osso il moveset di base è ancora quello, attacco leggero e attacco pesante – e relative varianti in salto – con la necessità di ricaricare la Blood Berry scuotendo il controller quando la batteria si scarica. Rispetto ad un No More Heroes classico forse peccano un po’ le boss fight, che pur facendo sfoggio di alcuni personaggi davvero over-the-top appaiono strutturalmente tutte abbastanza simili, senza i guizzi improvvisi della serie principale. Si, ogni boss ha il suo pattern e i suoi attacchi, ma molto spesso la strategia di base è sempre quella e la struttura a fasi – anche questa, messa bene in evidenza già dal primo mondo – ricade ampiamente nel già visto in un videogioco.

Volutamente, senza dubbio.

Ma basta davvero urlare “fase 2” per mascherare una trovata così poco originale?

La domanda cruciale, alla fine, è questa. Travis Strikes Again è un gioco che fa ossessivamente perno su stratagemmi del genere, usandoli come scusa per buttare sullo schermo elementi al grezzo, livelli ancora in sviluppo in Unreal Engine e cose del genere. A sprazzi, è un gioco anche decisamente autocelebrativo, e in un paio di punti capace di sedurre e abbandonare il giocatore, giocando con i suoi sentimenti da vecchio appassionato Grasshopper. Vi basta? O se non vi basta, volete avere la speranza che Travis ri-colpisca ancora una volta con No More Heroes 3? Allora è una tappa obbligata. Una tappa che almeno questa volta non è tecnicamente arretrata (e ci mancherebbe) e che nasconde molto meglio le fasi di monotonia tra una battaglia e l’altra.

Verdetto
7.5 / 10
La versione da cabinato di No More Heroes
Commento
Difficile, veramente difficile dare un voto a Travis Strikes Again. Tante idee sono coraggiose e meriterebbero di essere premiate solo per quello, ma d'altra parte qualche titolo indie aveva già sperimentato la stessa cosa e ci aveva costretto a chiederci le stesse cose. E al netto di quello, diverse di queste idee sembrano essere solo una scusa per fare le cose volutamente al grezzo e ci rivediamo al prossimo titolo (se esce. Se). Quello che leggete qui a sinistra o qui su - a seconda della risoluzione - è una media tra le sensazioni che restano alla fine del gioco e come tale va presa, ben sapendo che se siete fan di No More Heroes e di Suda51 questa è una tappa obbligata
Pro e Contro
Straniante, dissacrante, furbo
Puro Suda51
Must have per i fan

x Straniante, dissacrante, furbo
x Puro Suda51
x Must have per i fan

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