Sei un robot? Molto spesso, navigando su Internet, lo schermo che stiamo guardando ci pone questa domanda in apparenza banale. E, quando l’interlocutore è umano, la domanda è davvero banale, dato che l’interlocutore è consapevole di non essere un robot per nascita, di essere in grado di pensare ed esercitare il suo libero arbitrio. E se invece l’interlocutore fosse davvero un robot? Sarebbe possibile capirlo oppure una macchina è in grado di farsi passare per un uomo? Il primo a formalizzare il problema è stato
Alan Turing, che nel 1950 (ben prima che ci chiedessimo se gli automi sognano pecore elettriche) pubblicò sulla rivista Mind la prima versione di quello che ancora oggi ricordiamo come
Test di Turing, pensato per cercare di stabilire (in ultima analisi) se uno dei timori classici della fantascienza avesse in effetti fondamenta: può una macchina pensare?
Dopo aver giocato con interrogativi di questo tipo
su PC e Xbox One,
Bulkhead Interactive porta
The Turing Test anche su PlayStation 4, lanciando la sfida a tutti quei giocatori che, sulla scia di Portal e di
The Talos Principle, sono alla ricerca di un puzzle game in prima persona che oltre stimoli la loro capacità di ragionamento.
Versione testata: PlayStation 4
Tra logica ed etica
Le comunicazioni con l’equipe di scienziati inviati su Europa, una delle lune di Giove, si sono misteriosamente interrotte. A distanze così siderali dalla Terra, l’utilizzo di droni per operare in modo remoto è impossibile: il segnale impiegherebbe tempi attorno alla mezz’ora prima di arrivare a destinazione, rendendo i tempi di ritardo tra il comando inviato e l’effettiva esecuzione di quest’ultimo troppo elevati. Per questo motivo l’ISA (International Space Agency) è costretta ad inviare sul posto Ava Turing, ingegnere che si troverà suo malgrado a fare i conti con T.O.M., l’IA direttamente responsabile della missione.
The Turing Test tocca temi molto interessanti
Questo canovaccio narrativo è, alla fin fine, solo lo sfondo su cui poi Bulkhead ha inserito gli altri aspetti di The Turing Test, sia che si parli di quelli ludici (che approfondiremo a breve) che quelli “filosofici”,
figli degli interrogativi sollevati da Alan Turing, ma non limitati al dilemma a proposito di macchine e pensiero. I dialoghi tra Ava e T.O.M. All’inizio di ogni stanza approfondiranno non solo queste tematiche, citando oltre al Test di Turing anche altri classici correlati (come l’esperimento della Stanza Cinese), ma andranno oltre entrando di prepotenza nel campo della filosofia, mettendo in dubbio aspetti che tendenzialmente una persona da per assodati (come la sua capacità di esercitare il libero arbitrio) e giocando continuamente con il tarlo del dubbio. Dubbio che viene esacerbato, tipicamente, arrivati alla fine di ogni capitolo, dove si accede ad aree (attraversabili saltando questa parte di approfondimento) dove l’equipaggio della base ha disseminato messaggi, indizi ed effetti personali, che permetteranno ai giocatori più attenti di costruirsi un quadro mentale più preciso di quanto è successo su Europa.
Il tutto ad ogni modo riesce, ed ha spalle abbastanza larghe per caricarsi sulla schiena il peso di un’esperienza che, senza queste considerazioni, risulterebbe un semplice emulo di Portal nemmeno troppo longevo, vista la presenza di una decina di camere di test per ognuno dei sette capitoli (con qualche stanza extra opzionale).
La Stanza Cinese
Un’equazione dove TOM è la costante logica e Ava la variabile organica
E, se Turing Test (come detto) riesce nel suo intento, è anche in virtù di un gameplay che per quanto tutt’altro che inedito è funzionale al carattere della produzione. Per avanzare all’interno della base Ava deve risolvere dei test di logica basati sull’ambiente (come, appunto, in Portal), interagendo con alcuni oggetti e con delle sfere di energia che possono essere assorbite e “sparate” dallo strumento che impugna (EMT, Energy Manipulation Tool), per andare ad alimentare (o spegnere) alcuni elementi di scena e risolvere finalmente il puzzle. Il tutto, molto spesso, si basa sulle capacità di pensiero laterale del giocatore: in una delle sue linee di dialogo T.O.M. mette l’accento sulla questione, spiegando ad Ava e a chi ne sta indossando i panni che anche una macchina sarebbe in grado di applicare una tecnica simile, ma come in Natura si tratterebbe essenzialmente di provare tutte le combinazioni a disposizione finché non si azzecca quella che riesce davvero a risolvere il problema; in altri scenari
viene messo in evidenza come l’IA pensi in modo logico (termine da leggere nella sua accezione più letterale),
ignorando questioni etiche che invece vanno a limitare le possibilità di azione di un umano. Per esempio, durante il corso dell’esperienza ci si ritrova ad aver a che fare con interruttori che necessitano che un ostacolo (il giocatore o un altro elemento dello scenario) vi rimanga sopra per alimentare il circuito cui sono collegati. La soluzione che T.O.M. applicherebbe in questo caso sarebbe quella di recidersi un braccio, lasciarlo sull’interruttore e procedere, operazione che chiaramente al giocatore non sarebbe mai venuta in mente.
È proprio per questo che i due hanno bisogno uno dell’altro per procedere (almeno, nella finzione di gioco), utilizzando il pensiero analitico della macchina (che ammette che non avrebbe mai potuto pensare di gettare un ostacolo oltre una finestra, se non appunto provando tutte le azioni possibili) e quello più astratto dell’umana, v
era e propria variabile “biologica” (e per tanto imprevedibile) all’interno dell’equazione di The Turing Test.
Non troppo impegnativo, ma ne beneficia il ritmo
Gli enigmi, ad ogni modo, tranne in una manciata di eccezioni (e per quanto riguarda le sfide opzionali) sono fondamentalmente alla portata del giocatore:
difficilmente capiterà di rimanere bloccati per più di qualche minuto in un punto e solo un paio di puzzle daranno la sensazione di essere davvero impegnativi, richiedendo quello sforzo cognitivo in più tipico dell’applicare soluzioni creative ad un problema (che comunque nel corso dell’esperienza, in qualche occasione, è comunque richiesto). Questo da una parte potrebbe scoraggiare qualche giocatore alla ricerca di una “sfida logica” che sembra ormai d’altri tempi, relegata alle avventure grafiche della prima era, ma d’altra parte
la scelta ha il pregio di rendere l’esperienza scorrevole e mai frustrante, mettendo gli enigmi al servizio della narrazione e dando quindi maggiore enfasi alla storia che Bulkhead voleva raccontare, agli interrogativi che The Turing Test voleva sollevare. Per chi cerca una maggiore difficoltà ad ogni modo, come detto, ci sono a disposizione delle aree ad-hoc dove lo sforzo è più significativo.
Tecnica e tecnologia
Buona performance, ma un po’ in ombra rispetto al PC
Dal punto di vista tecnico The Turing Test, in questa incarnazione per PS4
, paga qualche istante di caricamento prima di entrare nella stanza di test che si deve affrontare. Nulla di tragico o che possa traumatizzare il ritmo del giocato, ma comunque qualcosa da tenere in conto se si ha a disposizione sia la console Sony che un PC che rientra nei requisiti consigliati. Per il resto nulla da segnalare, grazie ad un utilizzo intelligente di Unreal Engine 4, capace di disegnare degli ambienti magari non ricchissimi o spaccamascella, ma funzionali a quello che The Turing Test vuole essere (con l’unica eccezione di alcune texure che soffrono di un leggero ritardo di caricamento nelle fasi a fine capitolo, laddove invece la fase giocata era esente dalla problematica).
Verdetto
8 / 10
Succhiamelo, Alan Turing!
Commento
Pro e Contro
✓ Tocca (alla grande) tematiche interessanti
✓ Ritmo indovinato
✓ Qualche puzzle richiede "pensiero laterale"...
x ... Ma complessivamente sono affrontabili
x Qualche caricamento che su PC non c'era
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