Era il 1983. Denyu Co. Ltd., azienda giapponese impiegata nella costruzione di linee elettriche, decide che è arrivato il momento di saltare sul carrozzone dei videogiochi. I soldi in ballo, dopotutto, sono sempre di più, e il settore fa gola a tutti. Viene quindi creata una divisione apposita con sede a Tokyo: nasce Square Soft, che esordisce nel 1984 con The Death Trap. Solo un anno dopo Square si stacca dalla casa madre e diventa totalmente indipendente, una scelta sensata che però la pone in una situazione di ristrettezze economiche che fanno sudare freddo tutti i dipendenti. Hanno i soldi per un solo tentativo, così Hironobu Sakaguchi si mette all’opera per creare un gioco maestoso con grafica e meccaniche mai viste prima. Nasce così Final Fantasy, che proietta l’azienda nell’olimpo del settore. Time skip di 34 anni: sul palco virtuale dell’E3, Square Enix rivela al mondo Final Fantasy Origin.
Ne è passata d’acqua sotto i ponti da quando Sakaguchi si è trovato spalle al muro a dover sviluppare il gioco che avrebbe potuto salvare Square o condannarla al fallimento. Assieme agli amici Nobuo Uematsu e Yoshitaka Amano si trovò a dover dare il tutto per tutto in una situazione di estrema precarietà, tanto che ammise chiaramente che se Final Fantasy avesse fallito nel suo intento avrebbe abbandonato per sempre i videogiochi e sarebbe tornato mestamente in università a finire i propri studi. Sakaguchi in università non ci è tornato, per fortuna, perché quella che rischiava di diventare la sua fantasia finale si trasformò in un successo spaventoso che rese Square una delle aziende più grandi e riconosciute della storia del medium.
Nel lasso di tempo che va dalla prima potenziale bancarotta a Stranger than Paradise: Final fantasy Origin, è successo di tutto. Final Fantasy è diventato il portabandiera dei JRPG nel mondo, Square ha assunto un’identità fortissima che l’ha portata a sviluppare buona parte dei titoli più iconici dell’epoca PlayStation. Da Parasite Eve a Vagrant Story, passando per Xenogears, Final Fantasy VII ed esperimenti come Einhander e Racing Lagoon, Square è stata il faro del gaming degli anni ’90 assieme a Capcom e Konami. Nel 2003, per evitare di andare gambe all’aria dopo il flop del film di Final Fantasy, si fonde ad Enix, azienda rivale da sempre.
Kingdom Hearts fu un successo strepitoso. Era lecito aspettarselo, dal momento che si trattava della collaborazione tra Disney e Final Fantasy che erano e sono tutt’ora due dei brand più riconoscibili di sempre. Questo permette a Tetsuya Nomura di guadagnare sempre più influenza all’interno dell’azienda fino a diventare la figura di riferimento per tutte le serie più importanti della neonata Square Enix. Ad un certo punto i fan di tutto il mondo si accorgono che Final Fantasy è in declino e sembra non riuscire ad uscire dal pantano. L’esperimento naufragato della Fabula Nova Crystallis, i malumori legati alla trilogia del XIII capitolo e quelli relativi al XV lo hanno reso noto a tutti. Se l’annuncio di Final Fantasy XVI ha riacceso le speranze di molti, la presentazione di Final Fantasy Origin sembra aver messo una lapide sulle speranze dei fan.
Sia chiaro: non sono qui ad accusare Nomura di avermi portato via l’adolescenza. A quello ci hanno pensato la disoccupazione e la mancanza di prospettive future. Quello che però trovo lampante e per certi versi è che da quando Tetsuya Nomura è diventato l’epicentro della creatività di Square Final Fantasy ha perso la propria strada. In realtà lo stesso discorso si può tranquillamente espandere all’identità di Square Enix stessa. Sì, Nomura vende e vende pure forte, ma a quale prezzo?
Criticare aspramente qualcosa che, di fatto, ancora non esiste (neanche in forma di Demo, dal momento che quella distribuita al momento è corrotta e non si avvia) potrebbe risultare sbagliato. In questa sede, però, non voglio portare avanti un discorso basato sul gameplay, né tantomeno sulla grafica scadente del trailer. Quelle cose hanno tutto il tempo di cambiare e perfezionarsi. Forse. Vorrei più che altro riflettere su cosa rappresenti Final Fantasy Origin per me e, soprattutto, per Final Fantasy.
Per dirla in due parole, credo che Final Fantasy Origin sia una totale mancanza di rispetto, sia nei confronti dei fan che, soprattutto, della serie che ha salvato Square quando navigava in acque torbide. L’idea di ripensare le origini della serie non mi dispiace nemmeno troppo, anzi, ho esultato di fronte ai rumor che parlavano di uno spin-off soulslike, ad infastidirmi però è il fatto che tra Final Fantasy 7 Remake e Origins si stia andando verso un progressivo ed indisturbato Nomurawashing del canone istituito da Sakaguchi. C’è davvero bisogno di riscrivere il primo Final Fantasy? C’è davvero bisogno di eliminare il design sognante di Amano per far spazio a…questo?
I design dei personaggi rilasciati da Square sono un monumento alla banalità. Uomini muscolosi in magliettina pronti a prendere a pugni Garland nella loro avventura per uccidere Chaos. E a dirla tutta il vero problema non è nemmno il design in sé (circa), quanto più ciò che rappresenta il fatto di averlo imposto al capitolo che ha originato l’intera serie. Final Fantasy non è più la celebrazione assoluta della fantasia, non è più alimentatore dei sogni di milioni di persone; è un soulslike in cui degli uomini vestiti casual (ma il casual orrendo dei peggiori anni ’90) menano mostri in mezzo ad ambientazioni dark fantasy.
Quei due energumeni emmezzo sono la dimostrazione che la fantasia è finita
La colpa non è di Tetsuya Nomura, la colpa è di chi a Nomura continua a commissionare remake, spin-off e capitoli principali della serie. Nomura è solo la punta dell’iceberg di una Square che ha perso sé stessa, e il fatto che Final Fantasy XVI sembri effettivamente molto promettente non cambia le carte in tavola. Square ha venduto l’anima al diavolo e si è trasformata da fabbrica di sogni a corporation spietatamente avida. Lo dimostra il fatto che Final Fantasy è percepita come un’IP da mungere senza scrupoli e lo dimostra l’atteggiamento di assoluta sudditanza nei confronti di Disney e Marvel messo in mostra negli ultimi anni.
Volete le prove? Final Fantasy Pixel Remaster I-VI è il tentativo di vendere ancora una volta i capitoli classici della saga sulle stesse piattaforme su cui erano venduti (a prezzi folli) pochi anni fa, Episode INTERmission è un DLC esclusivo per la versione PS5 di FF7 Remake che obbliga chi l’ha comprato su PS4 a dover spendere 500€ per la next-gen per recuperarlo e, ultima ma non per importanza, Compilation of Final Fantasy VII che introduce meccaniche gacha all’interno dell’originale PS1 e un Battle Royale ciucciasoldi a tema. Che magari sarà bellissimo, ma è comunque il becero tentativo di monetizzare ancora di più Final Fantasy VII. La fantasia sarà pure finita, ma le strade della monetizzazione sono infinite.
È questo il futuro di Square Enix?
Il presente è così grigio che più grigio non si può, e Final Fantasy Origin anticipa un futuro che se possibile rischia di essere ancora peggio. Non ne voglio fare un discorso in difesa del Final Fantasy tradizionale, per carità del cielo, però trovo veramente triste vedere che dopo aver prosciugato il capitolo più redditizio della serie Square si sia lanciata nella riscrittura delle sue stesse origini, aprendo di fatto la porta ad una stagione di grandi riscritture in cui prevedo piovere dal cielo viaggi nel tempo e realtà alternative sfruttate come scusa per praticare del sano accanimento terapeutico su una serie che, purtroppo, non ha quasi più nulla da dire.
Forse è per questo che Nomura è così ben visto in azienda. Forse è proprio la sua propensione a voler incasinare tutto ciò che tocca con stratagemmi narrativi di bassissimo livello a rendere, di fatto, ogni sua opera eternamente sfruttabile. A ben vedere, forse è proprio per questo che non mi è mai piaciuto.
Square, se è questo che prevede il futuro allora trova il coraggio di staccare la spina a Final Fantasy. Venditi a Disney, a Marvel o a chiunque offra di più ma lascia abbi un po’ di rispetto per il tuo passato. Final Fantasy Origin è la dimostrazione che la fantasia finale di Sakaguchi è una fantasia finita, ma se davvero hai intenzione di provare a portarla avanti lascia perdere riscritture imbarazzanti e affida i progetti a qualcuno che possa raccogliere il testimone in maniera dignitosa. Perché, al netto di tutto, è triste vedere che i disegni arabeggianti di Yoshitaka Amano hanno lasciato il posto a quattro omaccioni in magliettina e pullover.
E nessuno ha mai sognato di essere un omaccione in magliettina
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