C’è chi scappa dall’etichetta e chi, come Far Cry 6, reclama il suo essere politico.

Davvero un peccato, me ne rendo conto. I giochi tornano a parlare di politica, non solo, adesso ce lo spiattellano pure in faccia. Perlomeno fino a qualche anno fa avevano la decenza di nasconderlo, forse non troppo bene, è vero, ma si poteva apprezzarne l’intento.
Invece Ubisoft ce lo dice così, con un post come un altro:

Far Cry 6 è un gioco politico

“Ok, stiamo calmi, posa quel pamphlet e nessuno si farà male.”

Se ne è parlato spesso, anche su queste pagine, del fatto che i giochi possano parlare di politica. Assimilare questo concetto però è solamente la punta dell’iceberg ovviamente, ed è naturale che altri dubbi e problematiche si annidino nell’abisso del medium. Motivo per il quale spesso gli sviluppatori cercano di esporsi solo fino a un certo punto. Perché insomma, è tutto bello e divertente finché Taiwan non diventa uno stato (John Cena ne sa qualcosa), certi temi è proprio meglio non toccarli, ci si può limitare a seguire un certo trend sul “la guerra è brutta” su cui tendenzialmente possiamo essere tutti d’accordo, e perché non tirare in ballo tematiche LGBTQIA+? Sono la hit del momento!

Eppure, c’è modo e modo di trattare questi argomenti ed è vero che spesso diventano semplici spillette da appuntarsi al bavero per riscuotere un po’ di consenso ma abbiamo anche molteplici esempi di come ogni tematica, anche la più cruda, si possa declinare efficacemente nel contesto videoludico.

Quando McGregor pensò di farsi di eroina per interpretare meglio Renton
“Ho scelto di non scegliere la vita.”
Anche al netto di situazioni abbastanza grottesche come la recentissima sfida di Injustice 2 Mobile: Picchia il personaggio queer per celebrare il mese del Pride, ampliare la discussione è sempre positivo. Anzi, proprio grazie a questo scivolone si è potuto affrontare un discorso in più sull’argomento, che è sempre meglio che una in meno. Al tempo stesso è pero importante non trivializzare troppo questi temi ed è per questo che il “cerchiobottismo” di alcuni sviluppatori risulta così fuori luogo e fastidioso. Lo abbiamo visto con Call of Duty e Six Days in Falluja, giochi che affrontano la politica senza affrontarla. Quasi sempre il concetto è “sì, ci sono temi politici ma il gioco non parla di politica” oppure “all’interno non troverete nessuna dichiarazione esplicita”. E come ci ha ricordato Dontnod recentemente, anche quella è una scelta, una presa di posizione.

How politicians use video games for their own gains | Culture| Arts, music  and lifestyle reporting from Germany | DW | 19.10.2020
Un modo decisamente diverso di unire politica e videogiochi

“OMG! They use the F* word!”

È chiaro che utilizzare il videogioco come mezzo di comunicazione non sia semplice, soprattutto in produzioni Tripla A, assoggettate alle evidenti – e quasi mai magnanime – leggi di mercato. Eppure, quando vuoi parlare di qualcosa, se davvero credi nel tuo messaggio, dovresti fare il possibile per esprimerlo nel modo più limpido possibile. Un altro modo di vederla è “se devi parlarne approssimativamente, non parlarne“. E qui arriviamo – finalmente – al titolo: Far Cry 6 è un gioco politico. Ma perché è un gioco politico? E quanto vuole esserlo?

Tanto, sembra essere la risposta più sbrigativa. Tanto da fare un post in cui lo si specifica senza mezze misure, tanto da non parlare semplicemente di “autoritarismo” ma definendolo esplicitamente “fascismo” e ok, forse ormai questo termine è diventato un sinonimo, un termine ombrello per definire tutti gli autoritarismi, eppure credo sia comunque degno di nota questa scelta lessicale.

Insomma, da una parte abbiamo una major dei videogiochi che vuole parlare di diritti delle persone e dei lavoratori in un periodo in cui l’utilizzo indiscriminato del crunch sembra essere la norma – ma infastidire solo quando tocca i giochi che a noi non piacciono – dall’altro l’allettante prospettiva di un blockbuster in grado di toccare temi molto delicati. Non è il primo caso, è vero, CD Projekt Red per esempio ha voluto trattare l’argomento in modo avveniristico e meta-ludico. Ha deciso infatti di privare direttamente i suoi dipendenti dei diritti per cui ci si può battere in Cyberpunk 2077. A ogni modo, Far Cry non è certamente una serie nuova ai concetti politici eppure, per la prima volta si espone così apertamente agli stessi e dichiarando di prendere estremamente sul serio la questione.

Far Cry 6: presentato il primo gameplay, il gioco uscirà il 7 ottobre |  Nerdevil

“A grande richiesta torna la Dissonanza Ludonarrativa!”
(e in sottofondo applausi scroscianti)

Eccoci a un altro punto cardine della questione. Far Cry 6 è un gioco politico, ok mi sta bene, ma sta bene anche a Far Cry? La serie Ubisoft si è sempre basata su una struttura ludica abbastanza chiassosa e rocambolesca, e questo capitolo non sembra fare eccezione. L’ottimo trailer gameplay mostrato negli scorsi giorni ha mostrato situazioni fortemente sopra le righe e sembra proporre situazioni effettivamente divertenti, spesso in un contesto dannatamente “caciarone” però.

Ed ecco che entra in gioco la dissonanza.

Se insomma la natura libera ed estesa del titolo può già portare a una dispersione dell’impatto narrativo e dei temi a esso legati, ad aumentare il carico arriva una giocabilità dal taglio molto dirompente e dissacrante, che potrebbe far naufragare molto facilmente i tanti buoni propositi di Khavari e il suo team. Il primo ostacolo può essere facilmente scavalcato dalla sospensione dell’incredulità e dall’abitudine a poter eseguire incarichi secondari nei momenti più sbagliati. Lo stesso non si può dire dell’ossatura di gioco però che darà sicuramente filo da torcere a testi e sotto-testi narrativi. È anche vero che questi paletti possono diventare agilmente trampolini di lancio con la giusta narrativa. Magari sospinta da un taglio più salace.

“E quindi, insomma.”

Sostanzialmente, la sfida che Far Cry 6 si impone è abbastanza ardua e verrà messa in discussione da e su più fronti ma questo a oggi mi porta solo ad avere una curiosità più alta sulla produzione. I dubbi non mancano e certo, le dichiarazioni potrebbero rimanere immobili e stagnanti in quel post senza mai cristallizzarsi. Ma perché non provare ad avere fiducia, una volta ogni tanto? Lo dico a me stesso eh, non certo a voi. È una questione difficile da sviscerare e analizzare. Forse, il punto è trovare l’equilibrio giusto non tra nutrimento e gusto (grazie pubblicità per avermi distrutto il cervello) ma fra ciò che vuoi dire e ciò che puoi effettivamente dire. E non intendo ciò che ti permettono di dire ma ciò che il tuo mezzo, il tuo gioco, ti permette di raccontare.

Un gioco che ci mette nella condizione di creare pile di cadaveri – sfruttando jetpack e armi che uccidono a ritmo di Macarenapuò parlare del valore della vita umana? Assolutamente sì, ma deve trovare la giusta chiave di lettura da affidare a chi sta dall’altro dello schermo.

Perché come al solito il punto non è mai cosa si racconta ma come lo si racconta.

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