Da un primo sguardo in retrospettiva, The World Ends with You, gode ancora di un discreto successo, anche se la prima volta che il gioco ha occupato gli scaffali dei negozi giapponesi è stato quasi quindici anni fa. La data di rilascio del sequel, NEO: The World Ends with You, a luglio, si avvicina. Perché non pensare a cosa significa The World Ends with You, oggi?
Prima di tutto è bene fare caso al momento storico di cui si parla. I giocatori giapponesi hanno visto il gioco per la prima volta nel 2007, mentre i fan occidentali hanno dovuto aspettare un anno. Il periodo era abbastanza ricco di eventi. Se tralasciamo l’uscita di Nintendo Wii nel 2006, in quegli anni il grande pubblico vedeva per la prima volta la regione di Sinnoh in Pokémon. Altair faceva la propria apparizione nel primo Assassin’s Creed. I giocatori esploravano la Liberty City di Grand Theft Auto IV. Super Mario Galaxy era appena uscito. Qui era tutta campagna, signora mia.
Cosa c’è di speciale in un gioco stand-alone per Nintendo DS? Molte recensioni di quel periodo hanno elementi in comune: design accattivante e gameplay innovativo, nel bene o nel male. Da una parte, il team grafico diretto da Tetsuya Nomura ha presentato al pubblico un cast e un’ambientazione familiari e aliene allo stesso tempo. Shibuya è un nome noto per gli appassionati di Giappone, e lo stile anime ancor di più. I colori acidi, insieme alle le forme spigolose di personaggi che sono sovrapposti allo sfondo, invece, creano un impatto visivo memorabile. Dall’altra parte, le meccaniche di gioco sono diverse da quelle di altri prodotti, e perfette per la piattaforma dove si trovano.
Strano, frustrante, fresco
Le produzioni indipendenti sono da sempre i laboratori creativi per l’industria. Funziona così in molti settori. Tuttavia, questo è un mondo che ancora non conosce storie di successo come Minecraft. Guardando in retrospettiva The World Ends with You il panorama è molto differente. L’esperienza ruota intorno al touch screen. Ora suona banale, ma il Nintendo DS è ancora giovane in questo periodo. Gli stimoli proposti al giocatore non hanno fine. Arrivano attacchi da ogni direzione. I comandi sono pochi, ma le mosse sono numerose e ognuna con una chiara identità. In questo modo il giocatore non ha tempo di abituarsi, e nemmeno di annoiarsi. Il genere bullet hell è una delle chiare influenze sul prodotto. Sopravvivere non basta. Servono danni graficamente appaganti.
Quindi parliamo di un gioco appariscente ma superficiale. Di una di quelle cartucce che tiri fuori quando hai voglia di staccare il cervello. Non proprio.
Farsi capire con i giochi
Quando giochiamo, cosa ci emoziona? La storia, i personaggi? Sì, ma anche no.
Quando leggiamo un libro o guardiamo un film, passiamo tutto il tempo a goderci storia e personaggi. È il modo con cui entriamo in contatto con l’opera. Qualcuno sullo schermo o sulla pagina fa cose, e noi ci emozioniamo. Va benissimo così, naturalmente. O meglio, va benissimo per un libro o per un film. Quando abbiamo un controller in mano, però, facciamo qualcosa di più. Non guardiamo da fuori il personaggio che si muove o che fa cose: noi facciamo cose attraverso quel personaggio. C’è un racconto di mezzo, quello sì. Ma c’è molto di più. Ci sono sforzi e ci sono azioni. Ci sono volontà e intenzione dietro ai nostri progressi. Non si tratta solo di sfogliare pagine o guardare uno schermo.
Questo discorso, in pratica, si traduce nel fatto che non basta avere dei bei personaggi o una bella storia. Se il paladino racconta negli intermezzi di essere senza macchia e senza paura, ma durante la partita fugge da ogni scontro e ruba dalle case altrui, il giocatore può farsi domande. il nome di questa cosa risale allo stesso periodo su cui ci stiamo concentrando, anche se il contesto è quello di Bioshock. Il termine più diffuso per questo fenomeno è dissonanza ludonarrativa. La sensazione che storia e azioni non vadano d’accordo.
Cosa c’entra con The World Ends with You?
Se c’è dissonanza, ci può anche essere sintonia. Ecco dove torniamo a parlare di The World Ends with You.
Il protagonista, Neku, è introverso come tanti di noi durante l’adolescenza. Fin dall’inizio, sappiamo cosa pensa: ‘I don’t get people‘, e ‘I got my values, so you can keep yours‘. Sono frasi pensate da un ragazzino. Ci siamo passati tutti, a un certo punto. Se questo fosse un racconto, non sarebbe noioso, ma non sarebbe nulla di eccezionale. Neku deve imparare a capire gli altri, crescendo come persona mentre lo fa. Naturalmente ci sono altre premesse, come il fatto che Neku sia morto e si trovi in una specie di Shibuya alternativa. Anche cose come queste non sono particolarmente sorprendenti ora, né lo erano allora.
Tuttavia, scopriamo fin da subito che, dopo la morte, Neku può leggere il pensiero altrui. Questo è interessante. Neku non deve solo crescere narrativamente. Per farlo, deve ascoltare quel che pensano gli altri. Il giocatore deve ascoltare gli altri attraverso Neku. Non sono molti i rompicapi che richiedono di leggere nel pensiero, ma ci sono. Questo è un esempio di buona sintonia fra azioni del giocatore e narrazione. Per risolvere i problemi e proseguire, bisogna fare attenzione ai sentimenti delle altre persone. Così si trasmettono messaggi sia con la storia, che con gli atti.
Sempre parlando di crescita, nell’arco della storia Neku deve imparare a fidarsi dei suoi amici. Di fatto, Neku è sempre affiancato ad un compagno diverso: Shiki, Joshua, o Beat. Durante gli scontri, gli alleati possono aiutare. Farsi aiutare da qualcuno, però vuol dire smettere di attaccare per un attimo. Tuttavia, sincronizzare i propri attacchi con gli aiuti alleati porta a mosse più potenti. Il messaggio è chiaro. Il giocatore può fare tutto da solo, ma i risultati raggiunti insieme sono migliori.
I risultati raggiunti insieme sono migliori
Una parola per gli amici di Neku…
Il discorso della sintonia vale anche nel caso di Shiki, Joshua, e Beat! Ogni alleato ha una mossa speciale diversa, che riflette in qualche misura il suo carattere e il suo rapporto con Neku. Per effettuare ogni mossa il giocatore deve risolvere un rompicapo. Beat, ad esempio, ha una mossa speciale imprevedibile come lui. Il giocatore può sforzarsi per ottenere un buon risultato, ma è più facile che sia il caso a decidere.. Joshua ha un attacco che richiede attenzione alle truffe: alcune opzioni del rompicapo sono ingannevoli! Shiki, invece, ci propone un puzzle simile al memory. Una ragazza insicura ci offre solo un attimo per cogliere indizi sul suo stato d’animo.
… e una per la loro Shibuya
Shibuya è forse il quartiere più famoso di Tokyo. Perché? Cosa significa per noi Shibuya? Pochi di noi l’hanno visitata, eppure tutti la conoscono. È anche grazie a prodotti come The World Ends with You o Persona, se oggi Shibuya gode di tanta fama. Per questo è importante chiedersi cosa sappiamo del posto per via dei media che consumiamo. Shibuya è varietà. Shibuya è moda e colore. Si possono dire tante cose, tutte che portano alla stessa immagine. Per mostrare la forza dei media di costruire la nostra immaginazione, pensiamo a come vediamo Shibuya nel gioco.
Ci sono imprenditori e fashionisti (che diamine, anche fra i protagonisti!) oltre a tanto colore e divertimento. Però non ci limitiamo a vedere moda e colore. Nella storia in molti casi si parla di trend che arricchiscono, fanno fallire, o rendono felici persone diverse. Però si tratta di un gioco: non stiamo solo leggendo una storia. La moda influenza il giocatore, in The World Ends with You. Ogni attacco è legato ad una spilletta di marca. Ogni spilletta ha dei bonus e dei malus a seconda del successo del brand. Il giocatore influenza la moda, in The World Ends with You. Ogni volta che il giocatore usa una spilletta, il suo marchio guadagna successo e può diventare di moda.
The World Ends with You in retrospettiva. Ma il sequel?
I discorsi fatti fino ad ora sono divertenti, ma perché farli ora? Con un sequel all’orizzonte, viene da chiedersi se The World Ends with You abbia bisogno di una rivisitazione, o se ci possa parlare ancora come faceva quasi quindici anni fa. NEO: The World Ends with You si avvicina. Rispetto ad allora abbiamo una crisi economica e una pandemia sulle spalle. La fluidità delle ultime tendenze e il valore dei legami affettivi sembrano argomenti di un’altra epoca, in effetti. È difficile andare in giro a mostrare un bel vestito, e non possiamo vedere amici e affetti. Le persone con cui viviamo, invece, sono odiose ora più che mai. Maledetti. Magari certi messaggi sono importanti proprio perché sembrano fuori dal mondo. Fuori dal nostro mondo, almeno.
Il gioco ha riscosso un gran successo come stand-alone. Non ci sono stati spin-off degni di nota, anche se ci sono stati diversi porting su altre console. Da una parte, il gioco è un esempio dei traguardi raggiunti da un IP innovativo. Dall’altra, proprio questo fatto è preoccupante, visto che un seguito rischia di spezzare l’incantesimo di una piccola perlaisolata. Magari non sarà così. Magari il sequel sarà ancora meglio. In ogni caso, sarà interessante scoprire cosa ci aspetta il 27 luglio con NEO: The World Ends with You, dopo una retrospettiva sul suo predecessore.
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