Mi piace davvero tanto prendermi questi spazi per raccontarvi delle storie. Soprattutto se poi riguardano dev indipendenti della nostra penisola. La storia di oggi parla di un team italiano nato in pandemia e non è una storia chissà quanto travagliata o incredibile, ma ha, secondo me, spunti di riflessione niente male. Parto col dirvi che questa è, ovviamente, una plus volta anche ad annunciarvi il loro primo titolo: STACK UP! (or dive trying), in uscita su Steam. Gioco che sembra semplice, interessante e colorato. Vi lascio qui sotto il trailer:

L’uno sopra l’altro:

Come avrete visto già dal trailer, il gioco si auto definisce uno stack a way out, cioè un gioco dove dovrete impilare diversi oggetti per poi saltarci sopra ed evitare di cadere in acqua. In sé il gioco è molto semplice e avrà oltre ai livelli normali anche dei livelli sfida e una componente multiplayer. Insomma, come primo progetto sviluppato su Unity non sembra niente male.

Finita la presentazione del gioco che potete trovare anche sul loro sito, parliamo della storia che ha portato alla realizzazione in un solo anno di un intero titolo, per quanto basilare. Questi tre ragazzi di Udine hanno deciso di iniziare a sviluppare il loro gioco nel Marzo 2020, cioè proprio alla scoccare della pandemia, con annesso lockdown, in Italia. Suppongo che, come per tutti noi, la noia abbia preso il sopravvento, e invece di seguire millemila corsi su SkillShare i tre friulani si siano buttati su Unity alla ricerca di un hobby più nelle loro corde.

In un solo anno sono riusciti a tirare fuori una beta completa che ha ricevuto centinaia di accessi da tutto il mondo e feedback più che positivi. Nel 2021 hanno quindi deciso di aprire la loro Software House, PixelConflict, e di dedicarsi completamente a questo mestiere, tanto da avere un videogioco pressoché completo e prossimo al rilascio.

La passione è il più potente dei motori

Passione:

Come vi ho accennato sopra, la storia è interessante ma non fuori dal mondo. Mi serviva, però, per parlarvi delle passioni, della nostra passione. I videogiochi hanno avuto un’impennata durante la pandemia, così come qualsiasi prodotto di intrattenimento fruibile da casa. I videogiochi, però, non solo solo un prodotto da usare e poi gettare, sono prodotti artistici che spingono creativi di tutto il mondo a creare qualcosa per dire alla fine “Io c’ero”.

È facile parlare di passione quando si è già economicamente a posto, ma farlo durante una pandemia che ha sdraiato l’economia mondiale non è così semplice. La storia di questi ragazzi, per quanto mi riguarda, dimostra quanto alla fine l’arte fiorisca anche quando il terreno è brullo e disidratato. Potevano fare tutt’altro, sono due 3D artist e un programmatore, avrebbero trovato lavoro ovunque, e invece no, hanno deciso di seguire ciò che prima per loro era un hobby.

Tanti si cimentano ogni anno in questa impresa, inseguendo un sogno che sembra lontanissimo e irrealizzabile. In aggiunta, le pressioni sociali che subisce chi fa materie non STEM sono soverchianti e deleterie. In un’Italia che si è dimenticata la sua natura di paese dell’arte, fiorisce il seme dell’odio e del disprezzo verso tutto ciò che circonda la creatività e l’emozione. Questo non fa altro che far rimanere aggrappati solo i leoni che non vogliono mollare, rendendoli belve pronte a scannarsi per un pezzo di pane.

Il mondo deve cambiare, e può cambiare solo e solamente se la società stessa cambierà direzione. Io non sono nessuno, e prendete questo pippone motivazionale per quello che è: una semplice riflessione. Ma se davvero tenete al medium e se davvero volete altre storie come questa, rischiate. Rischiate comprando anche a scatola chiusa, informandovi, cercando queste realtà che sono lì, nascoste sotto un coltre di fumo creata sia dai siti d’informazione che dagli store stessi.

Siate il motore del cambiamento. E giocatevi STACK UP! (or dive trying) senza aspettare le recensioni di questo o di altri portali.

#LiveTheRebellion