Andrea Sorichetti

Speciale Le connessioni tra QAnon e il Gamergate

Gennaio 2021: un gruppo di manifestanti tenta un golpe negli USA. Durante l’assalto a Capitol Hill muoiono 5 persone mentre un gruppo armato tenta di prendere il controllo del Congresso, cavalcando la retorica secondo cui le elezioni di Novembre 2020 sono state manipolate ai danni di Donald Trump. Le foto fanno il giro del globo e in pochi istanti sugli schermi di tutto il mondo appare l’immagine di Jake Angeli vestito da sciamano. In questa occasione i media mainstream scoprono finalmente QAnon, la setta complottista più in voga del momento.

La verità però è che QAnon esiste da tempo, e ha una relazione piuttosto stretta con i videogiochi e, in particolare, col Gamergate.

Superficialmente, potrebbe sembrare che QAnon e il Gamergate siano entità differenti. È lecito, però ad un analisi più approfondita emerge una lunga serie di analogie strutturali tra i due movimenti.

Ci tengo a sottolineare una cosa: l’ignoranza delle classi povere non è mai una colpa. Per quanto a certi sia bastato liquidare Angeli e compagni come bestie ignoranti, la verità è che si tratta di persone tendenzialmente deboli che si sono affidate ad una teoria del complotto che gli offriva una spiegazione a ciò che non riuscivano a capire.

Cos’è QAnon?

In breve, QAnon è a tutti gli effetti uno strano ibrido tra una teoria del complotto e un culto vero e proprio. La teoria principale sostenuta dal movimento è che gli USA siano segretamente controllati da una cupola di pedofili satanisti – il cosiddetto Deep State – a cui appartengono personaggi famosi, politici e star di Hollywood. Secondo i seguaci di QAnon, inoltre, Donald Trump starebbe combattendo una guerra contro il Deep State per salvare il mondo dalla cabala satanista. Nel frattempo sta preparando il terreno per l’ascesa al potere di John Kennedy Jr, che avrebbe inscenato la propria morte per nascondersi e preparare l’offensiva ai danni di chi uccise suo padre quando era presidente degli Stati Uniti.

Il movimento si origina su 4Chan, dopo che Q, un utente anonimo che si spaccia per un alto funzionario del governo, pubblica una serie di post che raccontano il presunto complotto in seno agli USA. I post di Q ottengono un grandissimo seguito. Probabilmente il merito è del suo stile comunicativo accattivante. Attorno alla sua figura nasce un movimento pulsante di persone convinte della veridicità delle sue parole. In particolare, la retorica di Q secondo cui Trump fosse il salvatore dell’umanità pronto a purgare la presunta loggia satanista ha attecchito facilmente tra i supporter dell’ormai ex-presidente. Non è una novità: i supporter di Trump hanno sempre disprezzato i media tradizionali, prediligendo forme di controinformazione alternative e non verificate. È il grande dramma delle Fake News manipolate ad arte per influenzare la popolazione meno istruita.

Un grande aggregatore di complotti e paure

Ci sarebbe da fare un approfondimento specifico sulla faccenda, ma mi mancano lo spazio e, soprattutto, le qualifiche per offrirne un’analisi completa. Ciò che mi interessa sottolineare è come QAnon abbia una struttura tale da aver reso immediato il confluire delle più grandi teorie del complotto sotto la sua bandiera. Non solo: la sua struttura assolutamente non gerarchica permette a chiunque di esprimere un parere accettato da tutti. Questo a prescindere dal fatto che quel parere possa andare o meno in contraddizione con gli altri. Q parla poco e lascia ai suoi adepti il compito di connettere i puntini che dissemina nei suoi post, questo ha creato un’atmosfera da gioco di massa. Reed Berkowitz, un game designer che si occupa di Alternate Reality Games, ha scritto un articolo meraviglioso sulla questione.

Il fatto che Trump non abbia negato la veridicità di tali voci e che, soprattutto, abbia condiviso di frequente letteratura QAnonista e ne abbia fatto circolare liberamente le teorie ha aggravato la situazione. QAnon è stata ufficialmente riconosciuta dal leader che idolatrava. Un gruppo di persone in cerca di risposte e di un colpevole per eventi difficilmente spiegabili come la pandemia mondiale si è affidato a chi ne ha manipolato la percezione del mondo per ottenere supporto e voti. Da lì all’attacco a Capitol Hill il passo è stato estremamente breve.

QAnon e Gamergate – due teorie del complotto estremamente simili

Esattamente come gli attivisti di QAnon, anche il Gamergate è stato animato da persone convinte che fosse in atto una cospirazione ai loro danni. QAnon crede che gli USA nascondano una cupola di pedofili assetati di sangue, il Gamergate raccontava di un’ élite liberale e femminista che stava introducendo a forza la teoria gender e la propaganda LGBT nei videogiochi per influenzare la società con il benestare e la complicità della stampa videoludica. È curioso come in entrambi i casi, su tali convinzioni venga apposta una maschera socialmente accettabile per far presa sul pubblico. I supporter di Q amano raccontarsi come patrioti in difesa dei valori americani. Allo stesso modo, i gamergater si dipingono da sempre come onesti videogiocatori in difesa dell’etica del giornalismo videoludico.

Queste maschere li aiutano a sentirsi paladini della giustizia. Inoltre nascondono atteggiamenti ed ideali bollati come socialmente inaccettabili. QAnon ha accolto a braccia aperte un gran numero di suprematisti, neofascisti e razzisti tra le sue fila, il Gamergate ha offerto la possibilità ad omofobi, misogini ed antifemministi di mascherarsi da paladini dell’etica. Le idee di entrambi questi gruppi hanno ottenuto la circolazione che cercavano. Il funzionamento è esattamente lo stesso. Questo significa semplicemente che QAnon e il Gamergate hanno legittimato l’espressione di ideologie preesistenti, che sono poi state trasmesse ai nuovi “adepti”.

QAnon e Gamergate hanno sempre avuto lo stesso modus operandi

Attaccando la credibilità dei media, sia QAnon che il Gamergate hanno preparato il terreno per far attecchire le proprie idee. La lettura del mondo proposta da entrambi è sempre stata parziale e schierata. Hanno sempre puntato ad una narrazione della realtà che rendesse convincenti ed inattaccabili le loro teorie. In entrambi i casi il modus operandi si assomiglia. L’obiettivo è quello di zittire i pareri contrari accusando gli oppositori di star mentendo per nascondere ciò che loro hanno portato alla luce. Ironico come sia QAnon che i Gamergater si lamentino della censura che ha tentato di silenziarli e di come, poi, cerchino in ogni modo di censurare il pensiero e le opinioni di chi non è allineato con la loro retorica.

I due movimenti si assomigliano, ma cosa c’entra QAnon con i videogiochi?

Ad uno sguardo superficiale può sembrare che QAnon e la cultura del videogioco non abbiano punti in comune. La realtà dei fatti è che sia QAnon che il Gamergate si originano dallo stesso substrato socioculturale. Nelle foto dell’assalto a Capitol Hill, accanto a Jake Angeli, è ben visibile un manifestante che sfoggia un tatuaggio sul dorso della mano. Quel tatuaggio è il marchio dell’Esterno di Dishonored. Se è vero che questo da solo non basta per tracciare un collegamento tra i due fenomeni, è anche vero che 4Chan e i gamer hanno un rapporto piuttosto stretto. E non è un caso che sia il Gamergate che QAnon hanno cominciato a macinare consensi proprio su 4Chan.

Il punto è che entrambi i movimenti nascono e si muovono negli stessi spazi. Proprio in virtù di quanto detto a proposito dell’inclusività di QAnon, è quantomeno lecito aspettarsi che i due gruppi si siano incontrati e mescolati su quelle stesse piattaforme da cui hanno iniziato a propagarsi. E siccome sempre più analisti concordano sul fatto che il Gamergate è stato una sorta di banco di prova per le tattiche comunicative dell’ alt-right americana, è facile collegare i due fenomeni. Condividono lo stesso modus operandi, le stesse tattiche per attirare nuovi membri tra i propri ranghi e spesso anche le stesse ideologie. Come se non bastasse, gli stessi agitatori del Gamergate tra cui Arch Warhammer, Sargon of Akkad e Milo Yannopoulos, sono sempre più vicini alla retorica di QAnon e sono diventati delle icone tra i suoi membri.

QAnon è una conseguenza indiretta del Gamergate

Ne rispecchia forma, (non) gerarchizzazione e stile di comunicazione. E il problema è proprio che quel modo di approcciarsi ad internet è stato coniato a partire dal Gamergate, che è poi stato preso ad esempio dalla campagna elettorale di Trump e dai suoi sostenitori. Il Gamergate ha innescato una miccia che non si è mai spenta e ha normalizzato un approccio squadrista che ha come obbiettivo quello di impaurire l’interlocutore e di silenziarlo. Sono le stesse tattiche utilizzate dall alt-right prima e da QAnon ora. Il Gamergate ha mostrato la via a tutto ciò che è venuto dopo, dal Pizzagate all’Alt-Right fino ad arrivare a QAnon e al suo tentato golpe. È bene ribadire che sia il Gamergate che QAnon sono facciate dietro cui si celano ideali e sentimenti preesistenti. L’odio per le donne nel mondo dei videogiochi esisteva già da prima, così come le grandi teorie del complotto.

È sicuramente scorretto pensare che tutti gli adepti di QAnon siano appassionati di videogiochi, ma è lecito presumere che tra di loro ci sia una percentuale anche abbastanza consistente di persone appartenenti alla cultura videoludica. È anche lecito pensare che, visti gli ideali messi in campo sia online che durante le apparizioni pubbliche, molti di loro abbiano avuto contatti con il Gamergate dal 2014 in poi. L’escalation di violenza degli ultimi anni è figlia di quella retorica violenta che ha portato editor, critici ed influencer a sparire dai social in seguito alle minacce di morte o di stupro ricevute dopo essere finiti nel mirino delle squadriglie dell’odio online. Lo abbiamo visto nel 2020 con le fake news volte a boicottare The Last Of Us Part 2, con le minacce ad Isadora Basile e ad Alanah Pierce.

Cosa possiamo fare adesso?

Purtroppo per chi in questi anni si è radicalizzato c’è poco da fare. Far tornare quelle persone sui loro passi è complicato se non impossibile (come testimonia il subreddit R/QAnonCasualties). Dovremmo invece chiederci come evitare che possa succedere in futuro, che si parli di Gamergate, di Pizzagate o di culti folli come QAnon. Chi ci è cascato lo ha fatto perché è stato lasciato solo, marginalizzato da una società che lo ha abbandonato in balia di cose che non comprendeva. Il discorso vale per tutti quei gamer radicalizzati contro la ricerca di inclusività da parte dei videogiochi così come chi ha abbracciato i complotti di QAnon perché il mondo l’ha considerato uno scarto sociale su cui non investire.

Chi è cresciuto col pad in mano negli anni ’90 ha trovato rifugio in videogiochi creati da e per persone come lui. Chi è cresciuto in un sobborgo povero non ha avuto accesso ad un istruzione adeguata e si è trasformato in quella white trash ai margini del dibattito politico e culturale che ha visto un ancora di salvezza nei proseliti di Donald Trump, arrivando così ad allinearsi con una teoria del complotto che lo ha indicato come il savatore del mondo. Per loro è lampante che il mondo sia in balia della dittatura del politicamente corretto, che l’élite liberale stia cercando di indottrinarci al gender tramite i videogiochi e che negli USA si nasconda una cabala di satanisti pedofili. Ci credono perché chi glielo ha raccontato li ha presi in considerazione per la prima volta in tutta la vita.

Abbiamo una lezione da imparare

Qualcuno ha tentato un colpo di stato perché un anonimo su 4chan gli ha detto di farlo. Altri hanno minacciato di morte dei giornalisti perché qualcuno li ha convinti di una cospirazione liberal che mirava ad estrometterli dal mondo dei videogiochi. È la prova che quello che succede online non rimane online. Diventa realtà, e in certi contesti la realtà prevede che procurarsi un arma e marciare sul Congresso sia fin troppo semplice.

Quelli su internet non sono solo meme, il Gamergate non è mai stata solo una scaramuccia tra nerd brufolosi e QAnon non è solo un gruppo di squinternati che credono alle scie chimiche. Abbiamo sottovalutato i segnali. E continuerà ad essere così se la politica non deciderà di cercare un punto di contatto con quelle comunità che ha marginalizzato in questo modo per anni. L’alternativa è sotto gli occhi di tutti, ed è difficilmente riparabile. Anziché abbandonare le persone a loro stesse, di fatto spingendole verso ambienti chiusi ed autoriferiti come era quello dei videogiochi ai tempi del Gamergate, bisognerebbe cercare un contatto. E, soprattutto, sarebbe ora di prendere in seria considerazione ciò che succede su internet anziché bollarlo come irrilevante.

Perché dagli insulti a Gone Home e Depression Quest all’assalto a Capitol Hill il passo è stato dannatamente breve.

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