Pietro Iacullo

Tech Apple passa ad ARM per i nuovi MacBook: perché?

I nuovi MacBook abbandonano Intel dopo 15 anni.
È la prima tappa verso una piattaforma unificata?

Ormai è ufficiale, Apple ha deciso di cambiare piattaforma hardware per la seconda volta nella sua storia. I nuovi MacBook parleranno la lingua di ARM. La stessa parlata dalle loro controparti mobile su iOS, e non è un caso. Quello che si prospetta per il futuro della lineup quindi è un periodo di transizione, dove da una parte andrà garantito il supporto ai MacBook del mondo Intel in vendita fino ad oggi, mentre dall’altra si guarda avanti con la nuova piattaforma.

I nuovi MacBook di Apple passano ad ARM: cosa vuol dire?

Perchè i nuovi MacBook passano ad ARM?

Essenzialmente, ci sono due motivi per cui Apple ha deciso di passare ad ARM per i suoi nuovi MacBook. La prima è squisitamente economica: facendo così la casa di Cupertino non dipende più da Intel per il suo hardware. Apple infatti produce già in maniera indipendente dei System on a Chip ARM, quelli che vengono utilizzati poi su iPhone e iPad. Questo è un bene – chiaro, dal punto di vista di Apple, Intel difficilmente sarebbe d’accordo – perché vuol dire che Apple è padrona del suo hardware al 100%. Può deciderne le roadmap, modellarlo sulla base delle esigenze del suo software e in definitiva produrre dei MacBook migliori.

Non solo: come detto, ARM è la stessa architettura che viene utilizzata su iOS. iPhone e iPad parlano già questa lingua. Più nel dettaglio, chi sviluppa app per iPhone e iPad la parla. Il secondo, grosso vantaggio è proprio questo: è un deciso passo avanti verso un ecosistema unico. Verso applicazioni per desktop che facciano il verso a quelle mobile, imitandone gli stilemi e soprattutto mettendone in pratica i vantaggi. Più leggere, più intuitive, migliori dal punto di vista dell’Esperienza Utente (che è il cavallo di batttaglia storico di macOS). Far convergere questi due mondi non può fare altro che rendere macOS un prodotto più appetibile per l’utenza, che si trova nella situazione di poter accedere alla mole di app già presenti sotto iOS. Ed è un assist anche per gli sviluppatori, che vedono il loro bacino di utenza potenziale espandersi.

Vantaggi e svantaggi

Non c’è nessuna ragione pratica, al momento, per cui un’app pensata per iPad Pro non possa essere fruibile anche su MacBook, se non la piattaforma hardware che verrà meno col passaggio ai nuovi terminali ARM. Il vantaggio più grosso è senza dubbio questo. Per entrambi gli ecosistemi, perché l’idea di poter vedere applicazioni che fino ad oggi sono rimaste confinare su macOS arrivare anche su iOS – specie su iPad – va ad arricchire anche l’offerta su mobile. Non in modo massiccio, non con feature di cartellone, ma è l’ennesimo passo verso un’esperienza fluida nell’ecosistema Apple. Qualcosa che si insegue fin dai tempi di iPod, nato per essere un “modulo” multimediale da utilizzare lontani dal proprio Mac.

L’altro vantaggio è che a questo punto non è nemmeno da escludersi una soluzione davvero entry level per l’ecosistema. Qualcosa che per capirci vada in competizione con i Chromebook, linea che – dati di marzo 2018 – corrisponde al 60% dei computer acquistati dalle scuole negli Stati Uniti. Apple al momento non ha un entry-level sulla stessa fascia, se non la versione base di iPad. Un prodotto che implica diversi compromessi, specie dal punto di vista della connettività – banalmente, non sono presenti nativamente porte USB. Dei nuovi MacBook ARM, da affiancare ad Air e Pro, a questo punto non sarebbero così insensati. Non c’è più la necessità di “pagare” Intel e i costi possono essere contenuti.

Non è chiaramente una scelta priva di svantaggi. In primo luogo, la compatibilità tra i due ecosistemi. Le attuali applicazioni, scritte per l’architettura Intel, semplicemente non girano su ARM. Sarà necessario compilarne delle versioni ad-hoc, oppure ricorrere a qualche emulatore – sulla falsariga di quanto visto nella transizione da PowerPC ad Intel. È difficile immaginare che il mercato non segua Apple e che l’azienda stessa non si preoccupi in prima persona della compatibilità con le maggiori applicazioni, per esempio la suite Adobe. Ma il mercato è pieno di piccole applicazioni minori che vivono nelle loro nicchie, e l’incubo di dover rivivere quello che è successo quando Apple ha eliminato tutte le applicazioni 32 bit non si può escludere.

Il più grosso svantaggio, ad ogni modo, riguarda il gaming. Questa manovra taglia definitivamente i ponti con la popolazione videogiocante. Vero, macOS non è mai stata una piattaforma da gioco, ma qualcosa, in qualche modo, è comunque arrivato. Immaginare uno Steam per ARM, con addirittura dei giochi convertiti ad-hoc per la nuova piattaforma, è fantascienza. Anche perché è fortementente probabile che la manovra di Apple sia stata studiata proprio (come detto) per avvicinare i due ecosistemi e far passare il grosso delle applicazioni da App Store, intercettandone le revenue. E considerato quanto successo con Epic questa estate

Cosa cambia per chi fa Machine Learning?

Per chi svolge compiti un poco più “esigenti” a livello computazionale (Machine Learning ma anche IA generale), questi nuovi MacBook ARM promettono grandi cose. In primis, la RAM sia condivisa tra CPU e GPU elimina la latenza che esisteva in precedenza tra i due diversi tipi di RAM. QUesto va combinato poi al “neural engine“, già presente nei chip A-series di iPad e iPhone, che promette di raggiungere 11 TOPS (Tera Operations Per Second), metrica che somiglia abbastanza ai FLOPS usati nel gaming..

Purtroppo i risultati multi-core sono molto poco interessanti per chi si occupa di queste cose, o vorrebbe iniziare. Molte librerie che pre-processano i dati non sfruttano più di un core, rendendo inutile la presenza di più unità di calcolo e non permettendo operazioni in parallelo propriamente dette. Nel caso del Deep Learning, la presenza del neural engine velocizzerà la fase di inferenza, cioè quando dovrete fare previsioni partendo da un modello che è già stato allenato.

La vera fregatura dei nuovi modelli di MacBook ARM è che si fermano ai 16GB di RAM. Molti professionisti posseggono già modelli che hanno 32GB di RAM, e questo downgrade si fa sentire. Per chi ha questa esigenza il consiglio non può che essere quello di aspettare i prossimi modelli, che è molto probabile vadano ad arricchire la linea con dei terminali equipaggiati con 32GB di RAM. O in alternativa, accasarsi per il momento ancora in Intel: la transizione non sarà immediata, come già detto.

Inoltre, il neural engine aiuta solo in fase di inferenza, non di allenamento del vostro modello. Differenza abbastanza importante, trattandosi di due fasi diverse.

Il software sui nuovi MacBook ARM

Abbiamo capito che ARM M1 abbia del potenziale rispetto a Intel. Tuttavia, ai professionisti non interessano i cavilli, ma i risultati. Python dovrebbe girare senza problemi, mentre VSCode avrà una build totalmente compatibile, ha addirittura una build sperimentale al momento. Si sa ancora poco su Jupyter Notebook che potrebbe dover girare con l’ausilio di Docker (si spera di no), mentre il sempreverde Excel avrà il supporto confermato.

Che dire, anche qui il tempo aiuta. C’è da aspettare il feedback dei primi utenti per capire se rispetto ai modelli Intel si nota tutta questa differenza. Non ci dovrebbero essere problemi di compatibilità seri, quantomeno sulla carta, ma l’Informatica è da sempre una scienza molto pratica.

Nella pratica

Nella pratica dovremmo aspettare ancora qualche tempo. Forse addirittura un biennio pieno. I MacBook Intel sul mercato dovranno ancora essere supportati, per quanto sostituiti gradualmente dai nuovi basati su ARM. E bisognerà capire cosa succederà fuori dalla linea MacBook. Facile aspettarsi la stessa transizione per quanto riguarda iMac, ma i Mac Pro invece?

C’è un’altra grossa conseguenza nel rinunciare ad Intel. Si rinuncia anche a Windows. Bootcamp sui nuovi MacBook con ARM è assolutamente fuori discussione, visto che l’OS non è compatibile con l’architettura. Certo, esiste una build ad-hoc di Windows 10 per ARM, ma è un po’ come rivivere i flashback da reduce del Vietnam di Windows RT. È qualcosa che Microsoft ha lanciato da poco e non sappiamo fino a che punto vorrà supportare. Stiamo comunque parlando della casa che non si è fatta grossi scrupoli ad abbandonare Windows Phone 7, e in generale il progetto Windows Phone, pur avendo acquistato Nokia.

Parlando invece di cose che avranno una lunga vita sui nuovi MacBook ARM, beh, non si può non parlare della batteria

Lo ha dichiarato Apple stessa: questa transizione porterà sul mercato i MacBook con la durata della batteria più lunga di sempre. Potremmo ammorbarvi con i dettagli tecnici, parlare di come sia stato possibile coniugare le prestazioni usuali di un laptop con consumi ridotti. Ma la cosa davvero interessante sono i risvolti pratici. 18 ore di riproduzione video con una singola carica, contro le 12 dei modelli attuali. 15 ore di navigazione internet (contro 11). Per di più viene garantito un tempo di “sveglia” praticamente instantaneo dalla modalità riposo. Esattamente come succede su iPad.

Quel che è certo è che macOS si sta preparando a cambiare faccia, forse per sempre. Sovrapponendosi sempre di più a iOS, di cui comunque già con l’update Big Sur sta richiamando l’estetica.

L’idea è quella di riuscire dove Microsoft ha fallito.
Forgiare l’Unico Anello, una sola piattaforma per domarle tutte.

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