Cyberpunk 2077 è un gioco problematico. Più che per quello che è in quanto gioco o in quanto prodotto, per quello che rappresenta per l’industria e per le persone che ci hanno lavorato. Per le pessime pratiche dell’industria che ci ha mostrato, e per tutti gli altri problemi ad esso legati. Primo fra tutti, forse anche l’insostenibilità dello sviluppo. Eppure, una delle poche cose che, in questo ambito, sono state fatte nel modo corretto è passata completamente sotto i radar delle persone.

Il nuovo gioco di CD Projekt Red presenterà infatti un filtro per la nudità all’interno di un’opera che porta il Cyberpunk nel nome. Potrebbe sembrare una piccolezza, oppure una semplice manovra fine a pochi utilizzi pratici, eppure non è qualcosa da sottovalutare a livello di atteggiamento. Questo è un precedente, e non fa altro che dare manforte a una pratica che è già oggi è diventata comune nella nostra industria.

Finalmente, i videogiochi vogliono aprirsi a chi li vuole godere davvero.

Per chi esiste questo filtro?

A riportare questa notizia è un semplice tweet del QA Lead di CDPR, che afferma con un solenne “Yes.” la presenza di un filtro per la nudità all’interno del gioco. Certo, è probabilmente stata creata per motivi molto semplici: serve per i content creator e gli streamer per non essere bannati dalle rispettive piattaforme. Ma, seppur una scelta del genere sia guidata da ovvi motivi pratici, c’è anche da considerare quanti e che effetti questa scelta può avere sulle persone.

Questa notizia, annunciata da alcune testate nel modo peggiore possibile, non è un appello alla sensibilità delle persone. Non solo, quantomeno. Perché certo, in parte è anche così. C’è chi, per motivi religiosi, ideologici o di stampo personale disprezza la nudità nei videogiochi. C’è chi è minorenne e vorrebbe solo godersi il resto del gioco. C’è chi, ancora, ha la TV in salotto e vuole evitare di far partire scene di sesso davanti ai suoi. Ma il Cyberpunk è fatto anche di sesso. È parte della trama, ed è, fino a prova contraria, anche una forte scelta artistica.

Chi aiuta davvero questa scelta è una categoria quasi irrisoria di persone, che però, come noi, amano il medium. Parliamo di individui “sex repulsed“, repulsi dal sesso o dai genitali, e che, in generale, non vogliono vedere scene di nudità. Queste sono solitamente persone asessuali o comunque nello spettro grigio (quello che comprende anche le persone demisessuali, aegosessuali e tantissimi altri), che desiderano essere lontani dal sesso. Non è una questione di sensibilità: è come una persona è. Un orientamento sessuale, che in nessun modo è una semplice scelta, ma è anzi qualcosa che sentono di essere. Persone che, fino ad oggi, hanno dovuto skippare quelle cutscene che altri aspettavano con ansia. Persone che dovevano comunque limitare la propria esperienza per salvaguardarsi.

Persone che si perdevano pezzi di trama, dialoghi, per il semplice fatto di non voler assistere a quello che per loro poteva essere addirittura un supplizio.

Cyberpunk senza nudità – Mancanza di rispetto artistico

Ma è considerabile censura, questa? Possiamo parlare di limitazioni alle possibilità creative degli sviluppatori? Secondo me, non è questo il caso. Non perché questo non rappresenti un certo paletto per l’esperienza di chi lo gioco con questo filtro, quello è palese a chiunque. Il Cyberpunk parla di corpi modificati, dell’uomo che non è più uomo: il sesso è parte integrante del suo messaggio. Ma perché, in fin dei conti, non limita l’esperienza vera e propria di chi se lo vuole godere appieno.

Se nei film o nelle serie TV non è ancora possibile influenzare quello che stiamo guardando, nei videogiochi questo è la norma. Proprio per la natura completamente malleabile della loro esperienza, siamo capaci di permettere anche a persone che non possono godere di una certa opera di apprezzarla almeno in parte. Quello che Cyberpunk 2077 dà in mano alle persone è la libertà di scegliere come godersi la loro avventura. Certo, non sarà come quella di chi la gioca senza il filtro. Ma chi non poteva, fino ad allora, finalmente può godere di un’opera che vuole giocare. Questa è vera accessibilità.

Non è una easy mode a Demon’s Souls, che non ne ha bisogno, perché è già fatto su misura per ogni giocatore, ma un vero aiuto ai giocatori. E pensare che fino a ieri, con The Witcher 3, le persone che soffrono di Motion Sickness non potevano aggiustare il FOV. I videogiochi stanno, almeno, cercando di cambiare. Non grazie a CDPR, ma grazie alla consapevolezza acquisita da noi giocatori e dalla voglia di rendere la nostra passione più accessibili. Il mio sogno è che, un giorno, anche una persona senza degli arti possa divertirsi con la PlayStation…

Il prossimo passo è installare delle protesi (come quella di Venom Snake) per giocarli al meglio.

#LiveTheRebellion