Il confine tra reale e virtuale è sempre stato molto netto, ma con l’emergenza coronavirus la situazione potrebbe cambiare
I videogiochi non sono la realtà. Idem per i social network. Quante volte ci hanno detto di spegnere la Play Station e tornare nella vita reale? O di smettere di chattare per interagire con le persone vere? Come se esistesse un confine tra reale e virtuale, come se il virtuale non fosse a pieno titolo parte della realtà in cui viviamo. Chiedetelo a chi intraprende relazioni online. Chiedetelo a chi giocando prova forti emozioni, le stesse di chi guarda un film o legge un libro. Chiedetelo alle vittime di cyberbullismo, o alla madre che grazie alla VR ha potuto interagire con la figlia morta.
Chiedetelo un po’ a chiunque, in questi giorni. A chi stando in casa a causa dell’emergenza Coronavirus ha rivalutato in positivo la “non-realtà” del mondo virtuale: mai come in quarantena saranno apprezzate le chat, le video chiamate e i videogiochi online. Strumenti di evasione e connessione, non di isolamento.
Chiedetelo ai bambini giapponesi che si sono diplomati su Minecraft
In Giappone l’anno scolastico si conclude a marzo, e una classe di bambini ha ideato una cerimonia alternativa. Non potendosi radunare per celebrare la conclusione del ciclo delle scuole elementari a causa del coronavirus, hanno svolto la consegna del diploma su Minecraft. I bambini hanno riprodotto la sala della cerimonia e simulato la celebrazione, passando virtualmente insieme la giornata di festeggiamenti. Si sono divertiti, hanno fatto ciò che non avrebbero potuto fare altrimenti. Magari una volta conclusa la pandemia da Covid-19 si terrà anche la cerimonia reale, ma di sicuro questi bambini avranno qualcosa da raccontare una volta cresciuti.
Minecraft, con la sua capacità di creare mondi, è il gioco protagonista dell’emergenza coronavirus. Anche a New York gli studenti hanno riprodotto la loro scuola, la Bronx High School of Science, su uno dei server online. La quarantena forzata ha fatto accadere l’impensabile: ai ragazzi manca andare a scuola. Ma non ci sono solo esempi di iniziative private, in Polonia infatti è il governo stesso ad utilizzare Minecraft per invitare i ragazzi a stare a casa. Il server aperto dal governo fa parte di un’iniziativa più ampia, chiamata “Grarantanna”, che ha anche risvolti educativi. Minecraft, infatti, cammina da tempo a braccetto con l’educazione, dato che in molti casi è utilizzato in prima persona come strumento didattico.
Ma lungi da me affermare che il coronavirus sia una cosa positiva…
Niente fraintendimenti. Anzi, restate a casa e videogiocate seguendo i consigli della nostra guida. Spero solo che, come da ogni altra cosa, potremo imparare. Potremmo capire che il digitale non è il male, che una relazione interpersonale a distanza è una relazione sociale a tutti gli effetti. Che tra giocare a pallone in cortile o a Fifa insieme a un amico non c’è poi tutta questa differenza. Che il virtuale, social media o videogiochi che siano, sono la realtà che noi viviamo, e producono effetti reali.
Potremmo capire che il confine tra reale e virtuale, in realtà, non esiste.
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