Si può fare marketing tramite la lore di un videogioco come Fortnite? Una domanda che sembra portare insieme pasta e cioccolata. L’accoppiata a qualcuno piace, e infatti a confermare la regola ci pensano due case videoludiche tra le più chiacchierate degli ultimi tempi. Ironico, poi, che a farsi battaglia siano un gioco che spinge i giocatori ad uscire di casa e uno che involontariamente li tiene chiusi al buio.
La scapolottina numero due ne ha una dispensa intera, di strategie.
Il Pokémon GO di Niantic lo conosciamo tutti e sappiamo bene quanto abbia fatto parlare di sé già dal lancio per poi finire un po’ in sordina. Non “scomparire”, attenzione: l’arrivo delle lotte raid per il primo anniversario dell’uscita pompò nuova vita nel gioco in realtà aumentata. Così pure l’arrivo delle versioni cromatiche, e poi delle funzioni social con gli scambi e le lotte allenatore. Soltanto che ormai non si parlava più troppo del gioco. Proprio per questo ora i social sono ormai la passerella con cui Niantic si interfaccia all’utente, tappezzando l’internet di immagini e didascalie con il tono un po’ bonario che caratterizza la serie Game Freak. La lore (di marketing, sì) è apparsa solo mesi fa, quando il Team (GO) Rocket ha preso il controllo dei profili social dell’applicativo mobile.
Uno la tocca piano, l'altro pianta gli strilloni in strada.
Se della lore della serie Pokémon si è sempre parlato, Pokémon GO si riconferma a sé stante anche in questo. Solo le missioni speciali del professor Willow hanno una tematizzata minitrama autoconclusiva che introduce Pokémon speciali. Poi arriva il celeberrimo Team (GO) Rocket, guidato da una presenza dietro le quinte ben nota ai fan (quella del leader Giovanni); la loro presenza inizia da qualche semplice fotobombing virtuale durante l’anniversario del gioco, passa per l’attacco ai social, e in contemporanea ai dipendenti Niantic che invadono New York in cosplay (con relativa chiamata alle armi dal professore). A pochi mesi dall’introduzione della funzionalità inizia a svilupparsi intorno ad essa una lore, tramite il recente “Rapporto del professor Willow”.
Ai produttori serve farsi conoscere. Mano a quelle mappe e diamo la caccia al Team Rocket.
Lo scopo è lo stesso, ed è stato raggiunto in entrambi i casi. Siamo ancora tutti lì, con le mani nei capelli a trovare un senso a quei numeri che escono dal buco nero e a sorridere davanti all’imminente ritorno del Giovanni che ben conosciamo. Non ci sono cutscene, gli annunci sono ridotti all’osso: dobbiamo vivere l’esperienza, che sia raccontata tramite gli occhi di personaggi virtuali o tramite piccole, mute aggiunte a una enorme mappa, che già notare è avere buon occhio.
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