“Ditto si è trasformato in un Pokémon sconosciuto!”

Qualcuno di voi ricorderà queste parole – o simili, ormai è passato circa un anno. Era il 22 settembre 2018: una data come un’altra per molti al mondo, ma per altrettanti l’appuntamento mensile prenotato da Pokémon GO con una giornata insieme alla community locale. Questo perché, per chi di voi non lo sapesse, una volta al mese per 3 ore un Pokémon appare in grandi quantità e in un colore diverso, e può imparare una mossa esclusiva che non potrà mai più imparare. Tutto sommato, in fin dei conti poteva essere un giorno come molti altri prima e dopo di allora anche per i giocatori di Pokémon GO, ma qualcosa avrebbe cambiato le carte in tavola. Allo scadere delle tre ore, infatti, gli occhi dei giocatori di un po’ tutto il globo terracqueo guardavano con stupore il radar, ora inondato da una sagoma scura: Niantic (il produttore del gioco) stava rilasciando un nuovo Pokémon, inedito fino ad allora.

Ci sarebbe stato così male se quel simpatico Meltan fosse stato niente più d'un Ditto buggato?

Proprio qui va messo un grosso punto interrogativo. I social, impazziti, restarono divisi in due fazioni (come quasi sempre accade): da un lato gli entusiasti, quelli che inneggiavano alla genialità – sottoscritto compreso; dall’altro i delusi cronici, che in quella che era una buona mossa di marketing vedevano solo un modo di recuperare l’ennesimo bug avvenuto ore prima, quando l’Asia stava giocando il suo Community Day. Per preferenza personale passo a illustrarvi innanzitutto le ragioni del gruppo dei delusi cronici, che si possono riassumere in una semplice GIF:

gym fail
Sarà già chiaro che per molti, quindi, ciò che seguì restò una tattica ben pensata per mettere le toppe ad un errore, in altri termini il rilascio “per forza di cose” di un Pokémon che non doveva esserci – o quantomeno non così presto. Tutto sommato è anche credibile, perché chi gioca a Pokémon GO sa bene quanto una giornata qualunque sia all’insegna dei bug, specie durante eventi di portata mondiale come il Community Day. Ovviamente la medaglia ha sempre un’altra faccia, in questo caso leggasi “giocatori in visibilio”: presentare un Pokémon mai visto prima subito dopo un evento, mentre gli occhi di tutti erano ancora puntati colmi di stupore sulla mappa. Nelle poche settimane che separarono quel momento dal rilascio di Pokémon Let’s Go: Pikachu ed Eevee, Meltan (il nuovo Pokémon) fece molto parlare di sé, con post Twitter della pagina ufficiale al riguardo e anche missioni esclusive per Pokémon GO, diventando infine un’esclusiva per i soli possessori di Nintendo Switch e delle due cartucce. Certo, per fortuna non abbiamo tutti lo stesso punto di vista, o il mondo sarebbe un posto terribilmente noioso.

Una tattica talmente ruffiana da dare inizio ad una serie di tre video di presentazione.

Il mondo del gaming, però, non è sempre stato così. Ve lo ricordate?

Io mi ricordo di tempi diversi, in cui non bastava che una semplice voce di corridoio perché per lo stupore ognuno di noi spendesse ore ed ore con gli occhi sul gioco a tentare di raggiungere quel maledetto furgoncino sul molo di Aranciopoli. Mi ricordo di tempi in cui le siepi a sud di Violapoli nascondevano l’ennesimo interessante glitch (ma d’altronde per un bambino cos’è un glitch?): e allora via a saltarle tutte, tornare all’inizio del percorso e saltarle di nuovo e di nuovo ancora, finché lo schermo non impazziva e il personaggio veniva teletrasportato in una schermata dove ogni oggetto, decorazione o abitazione era un ammasso di numeri – e benvenuti nella Città dei Numeri, come veniva chiamato il glitch. Voi vi ricordate di quando nella scatola dei giochi c’erano anche i manuali di istruzioni? Vi ricordate di come quella pagina di alfabeto Braille nel manuale di Pokémon Rubino e Zaffiro sembrasse così casuale, pur rivelandosi cruciale solo molto in là nel gioco?

Tra noi e lo stupore, oggi, il marketing - e qualche anno in più.

Abituati ad un’idea di trasparenza completamente diversa, dove il game designer è ormai obbligato a presentarti la sceneggiatura ed il codice del gioco per intero sei mesi prima del rilascio, non c’è Meltan che riesca a scalfire la dura scorza e a stuzzicare un minimo quel lato un po’ bambino di noi. Sarà l’età e sarà che ormai un gioco non si compra più a prezzi modici come una volta, ma vogliamo sempre sapere prima di comprare (e anche chi non vuole sapere si ritrova i piani guastati dal vizio di scorrere maniacalmente i feed dei social in cerca dell’ennesima zozzeria di Tasty: can relate). Ci abbiamo quasi creduto tutti che Kojima potesse resistere alla tentazione di raccontare troppo il suo ultimo pargolo, e per carità non si può dire che non ci sia riuscito meglio di molti altri: soltanto che dopo mesi di silenzio rotto da intricati giochi psicologici proprio non ne volevamo più sapere di aspettare.

E così finiamo a cercare ogni difetto.

Il Team GO Rocket, appena approdato su Pokémon GO, sta creando il caos sull’internet, impadronendosi di tutti i profili Niantic per presentare al mondo i propri loschi piani – ma è una sapiente tattica di marketing, quindi non si può perdere tempo a guardare il lato meme della situazione. Sviati da questo mondo del marketing e dagli anni di esperienza sul groppone, non riusciamo (quasi) mai a dirci completamente soddisfatti di quello che abbiamo davanti. Bug da una parte, cali di framerate dall’altra, Blastoise che nel 2019 spara ancora Idropompa dalla pancia invece che dai cannoni: insomma, proprio non ne vogliamo più sapere di meravigliarci guardando l’insieme che c’è intorno, che spesso e volentieri – pur non essendo un capolavoro perfetto – è un gioco che come minimo si fa più che guardare. Abbiamo ormai svestito gli occhi dello stupore, che ci hanno accompagnato quando eravamo davvero piccoli; non riusciamo più a fermarci, nemmeno per un attimo, dal farming di risorse, per guardare verso l’alto e ammirare lo spazio profondo di No Man’s Sky o la sconfinatezza di un mondo come quello di Final Fantasy XV.

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