1998. Sega lancia Dreamcast, definita da molti “la prima vera console moderna“, ma tristemente destinata a soccombere sotto i colpi della concorrenza, venendo ritirata dal mercato nel 2001, appena tra anni più tardi. Dreamcast ha avuto un privilegio nello specifico: aprire le danze alla sesta generazione di console. Come sappiamo, la battaglia verrà stravinta dalla Playstation 2, ma Nintendo non esiterà a sfoderare le armi pesanti, con una console che cercherà di rendersi unica rispetto alle altre concorrenti.
Lo sviluppo parte tra il 1997 e il 1998, e in contemporanea incomincia a circolare tra gli addetti ai lavori il nome Dolphin.
Sarà l'ultima volta che l'azienda nipponica cercherà di rivaleggiare con i concorrenti in ambito di potenza hardware.
Gamecube, questo è il nome con cui l’arma segreta-Dolphin viene presentata al primo E3 del nuovo millennio, si dimostra fin da subito una macchina davvero diversa, nel bene e nel male. Per capire cosa ha portato Nintendo a fare quelle determinate scelte, dobbiamo fare un passo indietro e tornare al 1996, quando la grande N decide di lanciare il Nintendo 64.
1996: Escape from Cartucce
Il Nintendo 64 doveva essere, almeno nei progetti della casa di Kyoto, una sorta di arma finale contro la concorrenza. L’obiettivo era quello di rendere solida quella fetta di mercato che il Genesis di SEGA le aveva sottratto, e che era stata riguadagnata molto faticosamente con il lancio dello SNES.
Per questo e altri motivi, Nintendo decide di utilizzare ancora le cartucce, e non i dischi, per far girare i software. Queste infatti avevano il pregio, almeno in teoria, di contenere i costi e di rendere più solido il rapporto con gli sviluppatori esterni.
Breve storia triste: le cartucce si riveleranno un enorme cock-block. Non solo queste avevano un costo vertiginoso (si parla di 10 dollari al pezzo), ma queste venivano prodotte esclusivamente da Nintendo, che quindi poteva avere tirannicamente l’ultima parola nei rapporti con gli sviluppatori esterni, che, come vedremo, non la prenderanno bene. Dulcis in fundo, le cartucce avevano una capacità di storage irrisoria rispetto ai nuovi dischi ottici, che guarda caso era diventato il supporto di un’altra console, la Playstation. Questo, e altri mille motivi, sono alla base del flop del N64, che venderà appena 33 milioni di unità, contro le oltre 100 milioni di Sony.
Per la prima volta dal suo lancio nel mondo delle console, Nintendo aveva toppato. E anche forte.
Come se non bastasse, la rigidità dei controlli e le limitazioni hardware faranno rompere senza troppo indugi i rapporti con molti sviluppatori esterni, alcuni dei quali partner da lunga data, che si erano guadagnati molti plausi dalla critica e dal pubblico. Esatto, stiamo parlando di Square Enix, all’epoca Square Soft. Lo studio giapponese infatti dopo aver abbandonato Nintendo, deciderà di pubblicare in esclusiva con Sony il suo titolo più rappresentativo, Final Fantasy VII. E qui Nintendo non potè altro che mangiarsi le mani. Ironie della sorte a parte, il Nintendo 64 verrà ricordato per i suoi ottimi titoli, come Super Mario 64, The Legend of Zelda: Ocarina of Time, Starfox 64.
Un Cubetto per il riscatto
Per Nintendo quindi il Gamecube non significava solo l’ingresso nell’era dei 128 bit, era un riscatto, la possibilità di ritornare agli sfarzi degli anni ’80, quando la grande N regnava incontrastata, dopo il doloroso scivolone del N64.
Già da punto di vista estetico, il Gamecube andava a differenziarsi molto dai design molto più “videoregistratorosi” di Sony e Microsoft, con un gradevole color indaco come cavallo di battaglia, e con un joystick di tutto rispetto, anche se a primo impatto la disposizione dei tasti poteva, come dire, confondere. Bonus: ora anche la console Nintendo ha il suo jingle memorabile. Ma il Gamecube si dimostra all’avanguardia, specie nella storia delle console Nintendo, anche per altri aspetti.
Nuovo disco, nuova confezione.
Imparata la lezione con il N64, infatti la prima cosa da ultimare fu il passaggio ai dischi ottici, ma anche qui si volle mantenere un tocco, possiamo dire, personale. Per adattare i giochi al design compatto della console e combattere la pirateria, si preferì optare per dischi ottici di dimensione ridotta, anche se questo voleva dire limitare lo spazio di archiviazione ad un massimo di 1,5 GB.
I dischi poi erano contenuti, per la prima volta, in confezioni di plastica, diverse da quelle ancora di carta del N64, che si andavano ad adattare alle scelte estetiche dei concorrenti Sony e Microsoft.
Fino a 480 pixel
La console stessa si presentava poi davvero in prima posizione per quanto riguardava la resa grafica, a dimostrazione che Nintendo voleva sconfiggere la Playstation 2 riconquistare gli utenti ad ogni costo. I primi modelli di Gamecube (DOL-001) infatti non avevano solo la classica uscita AVI analogica (quella classica con i tre jack rosso, giallo e bianco), ma anche un’uscita digitale. Questa, posizionata di fianco a quella analogica, permetteva una risoluzione di 480p, grazie al component cable che Nintendo avrebbe messo in commercio dopo il lancio della console. La resa grafica, già di per sé molto avanzata, veniva ulteriormente migliorata.
Sarà l’ultima volta che Nintendo cercherà di competere in questo campo.
Ma anche qui purtroppo il Fato sarà avverso alla casa di Osaka: il component cable venderà pochissimo, e questo spingerà al ritiro dei cavi dal mercato (che infatti diventeranno costosissimi, quasi 300 dollari al pezzo) e alla rimozione dell’uscita digitale dai modelli successivi. Per terminare, informo tutti i reduci del Gamecube che sono disponibili soluzioni molto più economiche (anche se non economicissime) per ridare nuova vita al vostro amato Cubetto: molti utenti si sono prodigati per creare apparecchi in grado di convertire il segnale AVI-analogico in digitale, e permettervi così di rigiocare i vostri titoli preferiti in super HD. Uno dei più affidabili è il GCHD, di cui esiste anche una versione II, che tuttavia è compatibile solo con il DOL-001.
Un sacco di add-on
Il nostro piccolo Cubo verrà poi impreziosito da tutta una serie di accessori alcuni dei quali destinati a fare scuola.
Senza fili!
Senza dubbio non si può non citare il Wavebird, ossia il controller classico del Gamecube a cui sono stati tolti i cavi, di fatto il primo controller wireless moderno. Grazie ad un sistema di canali (16 in tutto, quindi potenzialmente 16 controller nella stessa stanza) ed un’apposito vano per pile, potrete godervi Mario dalla lontananza del vostro divano. Da notare l’assenza di lag e il peso delle pile tutto sommato ininfluente sull’esperienza di gioco.
Qui Nintendo senza dubbio ci ha visto lungo, dato che nella generazione successiva il controller wireless diventerà uno standard.
Gameboy!
Per aiutare le vendite, Nintendo decide di creare due accessori che mettano in sinergia il Gamecube e il nuovo Gameboy Advance. Per primo nominiamo il Gameboy Player, una componente da attaccare alla base della console che permette di giocare su televisore i giochi di Gameboy, Gameboy color e Gameboy Advance.
Per secondo invece il Gameboy Advance Cable, un cavo che permette di sfruttare il Gameboy Advance per arricchire l’esperienza in alcuni giochi. Per esempio possessori di Metroid Fusion potranno connettere il gioco a Metroid Prime per sboccare una nuova tuta di Samus o in alternativa giocare al primo Metroid.
Sia chiaro, l’esperienza di gioco non verrà totalmente capovolta, tuttavia l’idea di fare lavorare in tandem le due console non può che essere lodata.
Con il senno di poi, possiamo dire che questa tendenza a fondere fisso e portatile troverà la sua quintessenza, quasi 20 anni dopo, in Wii U e Nintendo Switch.
Internet? No, grazie.
Per capire l’atteggiamento che Nintendo voleva assumere nei confronti della concorrenza, è opportuno analizzare un ultimo add-on, ossia l’adattatore modem. Questo simpatico spinotto permetteva essenzialmente di giocare on-line. Nintendo, tuttavia, lasciò la gestione dei server tutta nelle mani degli sviluppatori, non creando nessun servizio che potesse garantire un supporto a chi voleva dare al proprio titolo una feature on-line.
L’unico studio che riuscì a creare un servizio decente fuori dal Giappone – gli altri rinunciarono quasi subito – fu SEGA, che mantenne per qualche anno i server di Phantasy Star Online e decretò il successo commerciale del titolo RPG.
Insomma se Microsoft ci era riuscita (il servizio Xbox Live nasce nel 2002 e in breve con Halo 2 sancisce il successo dell’Xbox), se Sony almeno ci aveva provato, Nintendo con l’Internet non ci vuole avere nulla a che fare, lasciando ad altri tutti gli oneri di turno. La grande N punta al single player, a al massimo al locale, poco importa il resto.
Questo atteggiamento estremamente conservatore verrà mantenuto praticamente fino al 2015. Sì, stiamo parlando di quasi 15 anni!
Solo dopo il fallimento del dimenticabile Nintendo Wi-fi Connection nel 2014, Nintendo capisce che, come direbbe mia madre, “è il caso di darsi una svegliata” e crea Nintendo On-line, un servizio decisamente più pensato, anche se tutt’ora fatica ad ingranare.
Cambi di rotta
Partiamo da una premessa. Mai in altre console di potè assistere ad una presenza di così tanti IP Nintendo: si hanno i classici (Mario, Pokemon), i recenti dal N64 (Starfox, F-Zero), quelli che nessuno si aspettava (Metroid, Zelda, Luigi) e quelli tutti nuovi (Pikmin, Chibi-robo). Per capire verso quali nuovi mari Nintendo voleva salpare con il Gamecube, si deve parlare proprio di quei titoli che nessuno si aspettava: Luigi’s Mansion,Wind Waker e Metroid: Prime
...Luigi?
Day one. State andando a comprare la nuova console Nintendo. Avete la console nelle vostre mani, cercate un gioco da abbinarci. Non trovate nessuno gioco di Mario, né tantomeno Zelda e neanche Pokémon. Al loro posto trovate un titolo di Luigi. Nello specifico di Luigi con i fantasmi.
La prima cosa che vi passerebbe per la testa sarebbe tipo: “Cazzo, quelli di Nintendo si sono bevuti il cervello“. Esattamente.
Nintendo era fuori di testa, non in senso neurologico, ma rispetto alla sua tradizione di giocarsela safe .
La grande N voleva dimostrare ai suoi fan di stare puntando in una direzione totalmente nuova. Era ora di sperimentare.Luigi’s Mansion, oltre che un ottimo gioco, era uno statement :”Signori, che vi piaccia o no, ora si cambia“. Nintendo con il Gamecube stava salpando verso territori inesplorati, e nello specifico questo si può osservare in 2 titoli:
Zelda!
L’ultimo Zelda che aveva ricevuto un plauso universale era stato Ocarina of Time, già con Majora’s Mask si riscontravano i primi pareri discordanti. Poco tempo prima dell’uscita del Cubo, Nintendo, volendo puntare sempre verso le atmosfere cupe di Majora’s, mostra una techdemo che lascia tutti di sasso.
Non solo grafica iperrealistca, non solo Ganondof e Link che si prendono a mazzate, mala promessa che un nuovo capitolo. Fan in visibilio, critica che sbava per qualche informazione in più. Ma dopo un pò non si sente più nulla. Skip di un paio d’anni, i primi trailer mostrano l’esatto opposto.
Grafica cartoonesca, Link – questa volta cartone – che fugge manco fosse Paperino e un setting marino. Anche se Wind Waker si classificherà come uno dei migliori capitoli della saga, Nintendo qui aveva preso tutti alla sprovvista, tant’è che le vendite inizialmente lasciarono molto desiderare. Ancora una volta l’azienda di Osaka ribadiva di stare andando verso nuove acque.
Metroid!
L’ultimo titolo della saga di Metroid era stato Super Metroid, uscito nel 1995 su SNES. Senza girarci troppo intorno, il gioco è un capolavoro di game-design, ma la sua uscita passò in sordina, dato che il N64 era alle porte. Molti si ingegnarono per riuscire a creare un Metroid in tre dimensioni sul nuovo sistema, ma il 2d sembrava insormontabile. Poi ad inizio 2000 Nintendo viene in contatto con uno studio americano, Retro Studio, e questi in due anni partoriscono l’impossibile: un Metroid in tre dimensioni che ammalia sia la critica che i giocatori, e che sembra quasi metter in discussione il primato di Halo.
Questo gioco rappresenta una pietra miliare nella storia di Nintendo: non solo si affidò un IP ad uno sviluppatore esterno (e straniero), ma gli si diede anche la fiducia (fatto abbastanza raro in casa Nintendo) reinventarlo come FPS, riproponendolo in una veste grafica che ancora oggi stupisce.
Tolte queste 3 punte di diamante, la scelta di titoli per Gamecube rimane tra le migliori in assoluto. Infatti lo sperimentalismo permetterà la pubblicazione di altri titoli destinati ad a splendere, per quanto inusuali: Super Mario Sunshine (il successore di forma ma non di spirito di Mario 64), Mario Kart: Double Dash!!(classico Mario kart, questa volta con due piloti), F-Zero GX (apice della tecnicissima saga di racing starring Captain Falcon), Pikmin 1 e 2 (RTS davvero fuori di testa) e altre decine di grandi giochi, come i Mario Party e i Mario Sport. Nintendo ci darà ancora dentro con gli accessori, proponendo, tra le altre cose, un reebot di Donkey Kong da giocare tutto con due tamburi.
A contribuire a questa ventata di aria fresca, fu il cambio alla direzione di Nintendo: dopo ben 53 anni nelle vesti di megadirettore, Hiroshi Yamauchi nel 2002 decide di ritirarsi, alla veneranda età di 75 anni, per lasciare il passo a Satoru Iwata, fino a quel momento presidente di HAL Laboratory. Il cambio di guardia darà a Nintendo una nuova vita, ma ne parleremo solo alla fine. Infatti, manca qualcosa.
Molti amanti del Cubo arrivati a questo punto si saranno accorti dell’elefante nella stanza, il gioco più venduto in assoluto, di cui volutamente non ho ancora fatto menzione, perché, in fin dei conti, che retrospettiva sarebbe senza di lui?.
Lo volevate all’inizio, eh? E io ve lo metto alla fine.
Di Melee sono già state dette un mucchio di cose: il gioco che ha salvato il Gamecube, quello che ha dato l’inizio ai tornei professionistici di gaming, e altri migliaia di primati. Insomma, un giocone. Su questo non mi dilungherò, se volete però posso consigliarvi “un agile documentario della durata di quattro ore intitolato The Smash Brothers (2013), in cui l’autore ripercorre in ordine cronologico la nascita della scena competitiva attorno a Smash.” Se avete tempo, questo vi tesserà tutti le lodi del titolone del maestro Sakurai, noi invece abbiamo altro di cui occuparci. Vi lascio con una statistica per capire la rilevanza di Melee in termini meramente numerici: sono stati vendute nel mondo circa 33 milioni di Gamecube, e circa 8 milioni di copie di Melee. Tra quelle 33 milioni, 1 persona su 4 possiede una copia di Melee.
Come ho già messo in risalto, gli sviluppatori esterni non hanno preso bene le politiche – quasi protezionistiche – che Nintendo ha imposto sul Gamecube: pochi kit di sviluppo (e distribuiti anche male), atteggiamenti dispotici, dischi poco capienti (1,5GB contro i 12 di un disco ottico tradizionale), Miyamoto che dice: “Se il vostro gioco è troppo grande, allora il problema è vostro“. Risultato: Eidos, THQ, Namco e molti altri disertano. Rare, che sul N64 portò capolavori come Conker’s Bad Fur Day e Goldeneye venne comprata da Microsoft. In questa desolazione post-atomica, fedeli a Nintendo rimasero sono SEGA e CAPCOM. Se la prima riuscì a portare numerosi titolo di Sonic e il nuovo IP Super Monkey Ball sul piccolo Cubo, la seconda fece molto di più.
Capocom 5
In accordo con Nintedo, CAPCOM promise di pubblicare 5 titoli, originariamente in esclusiva su Gamecube, per risollevarne le vendite. Successivamente questi verranno portati su PS2, con non poche remore da parte di Nintendo.
Tra i così detti Capcom 5 si possono ricordare Viewtiful Joe, Killer7 e sopratutto Resident Evil 4. CAPCOM aveva già portato sul Cubo altri titoli – come Resident Evil Remake e Resident Evil 0 – tuttavia con RE4 la saga prenderà una piega decisiva, per non dire fatale, non solo nei propri confronti dei predecessori, ma anche nel mondo degli action in generale: RE4 introdurrà la telecamera a spalla, la mira assista, i quick-time event e altre particolarità.
Il Gamecube avrà l'onore di ospitare per primo uno dei giochi più influenti e determinanti per il modo di videogiocare contemporaneo.
Dilungarmi oltre risulterebbe fuorviante, ma lo ricordiamo così: l’ennesimo giocone, che originariamente era tutto per il Cubo, ma che CAPCOM porterà su PS2 per dargli diffusione più ampia. E come biasimarli..
Terrore e raccapriccio!!
Un ultima considerazione sui giochi. La sesta generazione insegnò una lezione ai parrucconi di Nintendo, quella che a malincuore avevano sempre cercato di non vedere dai tempi del N64: i giochi violenti vendono.
Stiamo parlando dei giochi tosti, con sangue e horror, riservati ad un pubblico, appunto, maturo. Il Gamecube cercò di dare una risposta anche in questa direzione: i Resident Evil infatti vennero pubblicati per dimostrare che Nintendo era pronta ad imbracciare temi sanguinolenti, e in più si cercò di aggiungere un tocco di sperimentalismo anche in questa direzione.
Nintendo aveva sempre cercato di mantenere un appeal per bambini e famiglie, ma i fan erano cresciuti e volevano meno Mario e Luigi e più Silent Hill e San Andreas.
Venne pubblicato Geist, un FPS a tema soprannaturale, in cui manovriamo un fantasma che prendere il controllo di corpi e oggetti, che pur non essendo eccellente si rivelò un buon passo verso l’universo M-Rated.
Tuttavia, lo sforzo più grande per competere con altri giganti dell’ansia (leggi: Silent Hill 2) risiede in Eternal Darkness, un titolo survival horror vecchio stile pubblicato dai ragazzi di Silicon Knights (responsabili del tanto discusso Metal Gear Solid: the Twin Snakes), che si dipana nell’arco di due millenni e coinvolge un cast di personaggi enorme. Il gioco presenta una personalità enorme: momenti – voluti – in cui il PG penetra nel pavimento, oppure prendere all’ improvviso il controllo di un nemico appena si entra in un nuovo stage. E questa è solo la punta dell’iceberg!
Il Fallimento
Anche se il panorama che ho dipinto fin ora sembra quello dei più rosei e promettenti e Nintendo ci mise tutta la buona volontà, il Cubetto non decollò.
Anzi, il Gamecube venne letteralmente asfaltato dai concorrenti.
Sony vendette circa 160 milioni di Playstation 2, circa 5 volte i 33 milioni di Gamecube.Microsoft ebbe su carta un risultato più deludente – solo 24 milioni di unità vendute – ma in fin dei conti si rivelò una grossa vittoria: il gigante di Windows riuscì a piazzare dal nulla una nuova console, guadagnandosi così una fetta di mercato che poi si ingrandirà sempre di più, sdoganando il gioco on-line. E la domanda fatidica: perché? Perché il Gamecube fallì?
Le risposte sono davvero tante, forse troppe. Tanto per cominciare l’azienda di Osaka investì pochissimo nella campagna pubblicitaria – 5 milioni di dollari contro i 500 di Microsoft – nella miope convinzione che qualsiasi cosa avesse stampato sopra NINTENDO vendesse in automatico. Gli spot del Gamecube poi erano completamente pazzi, forse troppo per un pubblico che aveva bisogno di messaggi più immediati e decifrabili. Il Cubo poi venne lanciato per ultimo rispetto a PS2 e Xbox, permettendo alle prime di conquistarsi un’utenza solida e di cacciare titoli competitivi. Una cosa da non ignorare poi è la capacità di leggere i DVD, che diede forse fin troppo appeal alle console di Sony e Microsoft e da cui Nintendo volle distanziarsi per una politica di soli giochi. Ricordo tuttavia che Nintendo provò ad entrare nel mercato dei DVD, pubblicando in Giappone con Panasonic il Panasonic Q, un obbrobrio multifunzione che in grado di leggere anche i DVD.
Per quanto la grande N si prodigasse per produrre giochi, i 570 titoli del Gamecube non riuscirono a competere con la sconfinata libreria Sony – quasi 3800 titoli – ne tanto meno con l’on-line di Microsoft. Questo avvenne anche per le defezioni degli sviluppatori esterni, di cui abbiamo già parlato. Dulcis in fundo, il Cubo, a differenza di Ps2, non era – e non poteva essere – retrocompatibile con i titoli N64….
Il Gamecube è morto. Viva il Gamecube!
Di fatto, solo con il fallimento del Gamecube Nintendo riuscì a capitalizzare i propri errori, sopratutto grazie alla nuova direzione di Iwata. Sarà proprio il nuovo direttore a proporre la strategia dell’Oceano Blu, che permetterà alla grande N di risorgere, cambiando le carte in tavola. Da grafica e potenza hardware, l’azienda di Osaka punterà tutto sull’accessibilità, ossia coinvolgere un pubblico più ampio, i casual-gamers, grazie a tecnologie immediatamente comprensibili.
Se a questa nuova prospettiva più totalizzante uniamo un nuovo add-on che Nintendo stava sperimentando, ossia un controller con sensori di movimento…
TAA DAAN, ecco Nintendo Wii aka la console che venderà di più nella storia dell’azienda. Curiosamente, la Wii nella sua prime incarnazione si presenterà con un Gamecube incorporato, quasi come se la grande N, cosciente del cambio di rotta che il Gamecube ha apportato, gli volesse rendere un ultimo, sentito omaggio (rilasciando anche quel famoso Zelda super realistico che era stato promesso con la techdemo, con il nome di Twilight Princess).
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