L’ennesima storia di vita giocata dove non si gioca. Qualcuno direbbe anche “non si vive”, ma perché è un illetterato – carta o non carta.
Non ho mai fatto mistero – né su queste pagine, né nella vita di tutti i giorni – del mio
rapporto simbiotico con tutto quello che è tecnologia. Che alla fine è un modo
elegante per dire che dovrei rivedere ventisei anni di scelte di vita e che spesso e volentieri è un rapporto che supera
le Colonne d’Ercole della dipendenza, ma non è il motivo per cui sto scrivendo queste righe (
oddio, forse lo è in realtà). Se però pensavate che fosse un problema confinato all’hobby dei videogiochi e alla pseudo-necessità di cambiare più smartphone che mutande, non avete capito nulla:
hasta la informatización è uno stile di vita, un mantra che come la Forza in
Guerre Stellari ci circonda e mantiene unita la (mia) galassia. Anche quando metto da parte il controller e mi dedico alla lettura. Ne ha fatto le spese la
carta stampata.
La scorsa domenica abbiamo pubblicato sulle nostre pagine un
Ludolettori dedicato ad Intermundia Genesis, romanzo scritto da Giorgio Catania che racconta di un MMO (Intermundia, appunto) e di quanto sta succedendo in quel mondo virtuale, ma che grazie alla tecnologia assume connotati sempre più prossimi al mondo davanti allo schermo. Però è inutile star qui a raccontarvi cosa potete trovare tra le pagine di
Intermundia Genesis se c’è già un pezzo dedicato… Se vi interessa cliccate, altrimenti andiamo avanti: ne stiamo (ri)parlando fondamentalmente perché è proprio sfogliando la copia che Giorgio ci ha gentilmente spedito che mi sono reso conto di quanto ormai fossi
disabituato a leggere su carta.
Anzi, di più: quanto trovassi scomodo leggere un libro “vero” e rimpiangessi il mio
Kindle.
Ho perso il conto delle volte che ho affrontato questo discorso, sia riferito direttamente ai libri che più in generale discutendo di
digital delivery e fruizione digitale di prodotti di intrattenimento. Per cui so già perfettamente che è solo l’ennesimo mulino a vento contro cui continuo a combattere ben sapendo che è una battaglia persa: potrei fare un
elenco esaustivo del perché in generale ritenga il digitale
più comodo, dal poter accedere ai contenuti che ho acquistato da dispositivi diversi all’ingombro reale pari a zero (
dai, diciamo limitato a quello dei dispositivi di cui sopra, va) che solo chi ha affrontato o sta affrontando il problema del dover tenere una casa in ordine può comprendere. Però
so già perfettamente quali sarebbero le risposte – anzi,
la risposta…
Eh, ma non è la stessa cosa!
Perché la vera sfida che deve affrontare il digitale è quella contro il
feticismo, il
culto del possesso (e diciamo la verità, anche
dell’ostentazione) che va a braccetto con i collezionisti dagli albori della razza umana. E che in particolare quando si parla di letteratura erompe con prepotenza in una serie di
riti sacri, al punto da convincermi che chi legge (
ancora!) su carta appartenga ad una setta. Una setta di personaggi convinti di essere parte di un élite, e chi si rovina le retine davanti ad un display invece di inalare i fumi della carta stampata e di godersi l’odore dell’inchiostro
non stia davvero leggendo.
Kindle: la c*zzo di svolta
Ora, finché si parla di esperienza e si
rimane nel soggettivo, posso essere anche d’accordo. Se per qualche motivo il dover ricorrere a segnalibri fisici (o – dio ce ne scampi e liberi – fare le “orecchie” alle pagine) e più in generale il bisogno della copia cartacea è così
totalizzante per voi, liberi di leggere dove e come vi pare. Aggiungerei “
purché leggiate“, ma non sono qui per farvi la predica. Ma quando si arriva a voler cercare a tutti i costi dell’oggettività in questa affermazione, a dare – perché è quello che fate ogni volta che dite che leggere in digitale non è leggere, ma vale anche per qualunque altro media –
più importanza al contenitore che al contenuto, allora non ci sto.
In prima battuta perché state sputando in faccia a tutte le comodità che il digitale offre in quanto digitale. Prendiamo il caso di Amazon, che è probabilmente il più grosso player di questo mercato: Amazon non si è limitata a buttare sul mercato degli eReader che coprono tutte le fasce di mercato (dai 69.99€ del modello base ai 249.99 di Oasis), ma ha soprattutto rilasciato – e continua a mantenere in costante aggiornamento – una splendida app per iOS e Android che permette di accedere alla propria libreria in cloud. E con “la propria libreria” non intendo solo i libri acquistati su Kindle Store, ma anche i propri
documenti personali caricati nello spazio che Amazon mette a disposizione.
Caricare i documenti è di una facilità imbarazzante, visto che per ogni dispositivo che viene associato all’account viene creata (ed è poi personalizzabile) una casella di posta a cui inviare il materiale, che viene poi
automaticamente convertito e reso compatibile. Ah, e ovviamente anche per i documenti personali Kindle sincronizza l’ultima pagina letta tra tutti i dispositivi, in modo da poter tranquillamente interrompere la lettura da una parte e riprenderla dall’altra. Già, perché personalmente mi capita abbastanza spesso di avere dei
momenti morti all’interno di una giornata. E non sempre sono stato
così previdente da portarmi appresso qualcosa da fare per ingannare il tempo… E in questi casi l’app di Kindle è
una garanzia, molto più di quanto possano fare i giochi per iPhone – non perché qualitativamente siano esperienze di serie B, ma per un semplice ragionamento legato ai
consumi della batteria.
è una giungla la fuori
L’altro grosso
gamechanger da questo punto di vista è l’avere a disposizione
tantissimo materiale gratuitamente. E non si tratta solo di
porcherie da leggere sulla tazza (dove per inciso comunque Nintendo Switch è meglio di Dante Alighieri… Quasi sempre), ma di romanzi e saghe che negli anni hanno scalato la mia personale classifica di gradimento. Il meccanismo è piuttosto semplice, in realtà: nel mondo delle librerie e delle edicole
uno su mille ce la fa, e quando arriva in vetrina non è c’è comunque garanzia di emergere, perché gli autori più blasonati possono contare su una macchina pubblicitaria più
cazz*ta. È l’annoso problema della
discoverability, che come videogiocatori conosciamo come un compagno di classe troppo invadente ma che colpisce qualunque prodotto di intrattenimento:
se la gente non si accorge che esisti, semplicemente non esisti.
Il digitale è democratico. Nel senso buono e apolitico del termine
Ecco, grazie al self-publishing di Amazon e ai suoi “consigli per gli acquisti” che compaiono ai lati dello schermo mentre si naviga sul portale, ho scoperto delle autentiche perle gratuite. Che poi i rispettivi autori hanno monetizzato perché i rispettivi sequel erano – giustamente – a pagamento. La
saga di Dagger – per chiudere il cerchio, lo stimolo dietro al lancio di
Ludolettori arriva proprio da li – mi ha catturato con questo trucco, ma è successo anche con altri romanzi.
Mordraud di Fabio Scalini mi ha accalappiato con lo stesso sistema, diventando velocemente una di quelle serie iniziate aspettando
The Winds of Winter che probabilmente si concluderanno prima dell’uscita di
The Winds of Winter che consiglio di recuperare a tutti gli appassionati di fantasy ogni volta che ne ho l’occasione. Tutti prodotti che senza il digitale non avrei mai conosciuto, tutte esperienze che mi sarei perso – e se non mi sarei perso, che comunque in una libreria tradizionale avrebbero dovuto lottare contro
barriere di ingresso che in digitale, semplicemente,
non ci sono. Perché al netto di tutte le prese di posizione più o meno fondamentaliste che si possono accampare da una parte o dall’altra, a sostegno del feticcio per le copie fisiche o di quello di poter cercare una parola sul dizionario (o su Wikipedia. O Tradurla)
senza muovere il c*lo dalla poltrona, il vero punto di svolta del digitale è quello
dell’accessibilità.
Il fattore umano? Siate onesti con voi stessi
Perché ci sono – e sono innegabili – delle comodità che semplificano la vita, e ci sono anche dei risvolti economici e legati alla possibilità di scoprire esperienze nuove che altrimenti non ci sarebbero. Si, adesso qualche
nostalgico potrebbe rispondere che ai suoi tempi andava nella
libreria di fiducia, parlava con il proprietario che ormai era
diventato un amico e conosceva i gusti della sua clientela e riusciva ad orientarli in quel mare di carta e caratteri che affollava il suo negozio… Ma la verità è che giusto o sbagliato che sia, posti del genere stanno diventando sempre più rari. Ed è un’evoluzione che non riguarda solo i libri, perché prendendo la frase precedente e cambiando un paio di parole è
facilmente adattabile a quasi tutte le nostre passioni, dai film (
Blockbuster è morto malissimo non tantissimi anni fa, no? Ed era Blockbuster) fino ai videogiochi. E a dirla tutta, sta diventando anche sempre più raro il tempo che possiamo dedicare ad escursioni del genere, per un motivo o per l’altro.
La verità è che forse – posto che l’ho già detto, il 90% del problema deriva dal fatto che vi “fidate” meno del digitale perché non avete il libro fisicamente sotto al naso – è una
questione di abitudini. Pensandoci razionalmente, non ho registrato il mio account Kindle troppi anni fa, probabilmente non sono più di tre. E prima dell’esperienza con Amazon, avevo al massimo letto – in modo molto scomodo – qualche PDF per questioni universitarie su schermo, e per il resto acquistavo tutto su carta.
Se io posso cambiare, e voi potete cambiare… tutto il mondo può cambiare! Non è un’enormità di tempo, e sicuramente il processo di “
disabutuamento” alla lettura tradizionale è
scattato molto prima, altrimenti non avrei continuato a leggere in digitale via via spostando le mie abitudini. La verità è che
forse siamo un po’ pigri, e siccome abbiamo sempre fatto le cose in un certo modo non ci va che qualcuno provi a convincerci che si possa seguire anche un’altra strada, e che magari l’altra strada è – se non più adatta – almeno da prendere in considerazione.
#LiveTheRebellion